Autonomia, gli errori di Giovanardi

5 Dicembre 2022
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Massimo Villone


Il professor Andrea Giovanardi, docente di Diritto tributario nell’Università di Trento, attacca sulle pagine nazionali di “Repubblica” Michele Ainis, costituzionalista di vaglia, che il 26 novembre aveva duramente criticato la bozza  del ministro Calderoli in tema di Autonomia differenziata, con un articolo emblematicamente titolato “Il suicidio dello Stato”. È il caso di sottolineare alcuni profili più significativi del ragionamento di Giovanardi.
Non intendo riprendere in dettaglio gli argomenti di Ainis, che io stesso ho da tempo e più volte esposto su queste pagine. Così è per le critiche all’eccessiva ampiezza dell’Autonomia richiesta da alcune regioni, e alla necessità di chiarire i limiti alla  regionalizzazione in alcune materie, come la scuola e le infrastrutture strategiche. Sarà lo Stato a decidere, obietta Giovanardi. Ma c’è il rischio di scelte male orientate, perdi più  potenzialmente irreversibili, per il momento politico contingente. Ad esempio, perché la Lega ha la golden share nell’esecutivo, e il ministro delle Autonomie è leghista. Impressiona, poi, che Giovanardi ritenga possibile giungere all’Autonomia senza stabilire previamentei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), argine già debole di per sé. E tuttavia troppo per Giovanardi, che rifiuta una condizionalità dei Lep perche’ rimetterebbe l’attuazione della norma costituzionale al legislatore statale. E non è forse fisiologico che ciò accada, come lo stesso   Giovanardi sembra assumere in premessa? Infine, quanto al ruolo del parlamento Giovanardi definisce “un passo avanti” la limitazione al solo parere della commissione bicamerale per le questioni regionali, e al voto di mera ratifica in aula. Passo avanti rispetto a cosa? Al nulla assoluto?
Ma è la parte conclusiva del ragionamento di Giovanardi che va colta in tutta la sua portata. Dice:”Il Paese è da sempre diviso e il divario Nord-Sud aumenta”. Questo dovrebbe indurrea dubitare che sono “accentramento e  uniformità a meglio garantire la non discriminazione tra i cittadini. Perché dunque, preso atto che dl’Italia è uno dei Paesi più diseguali d’Europa, si esclude sempre categoricamente che l’intero Paese potrebbe crescere di più se si adottassero strategie volte a consentire alle Regioni di migliorare illivello quali-quantitativo dei servizi resi dalla Pubblica amministrazione?”.
Ela tesi della “locomotiva del Nord”. La  riduzione del divario Nord-Sudscompare, sia come fine desumibile dalla Costituzione, sia come obiettivo di azione politica. Anzi, il divario deve rimanere, perché è funzionale alla crescita dell’intero paese. La premessa non esplicitata ma chiarissimaè che solo una parte del paese - il Nord -può accelerare. Suquesta bisogna puntare. L’altra parte - il Sud-non è in grado di correredi più, e rimane un peso morto. Al più, va garantito un livello di mera sopravvivenza. La solidarietà tra territori non deve andare oltre. Il divario, se non come un bene, deve vedersi al più come un male necessario. Edi un Sud alla pari del Nord come secondo motore del paese nemmeno a parlarne.Questa, dal nostro punto di vista, è una ricostruzione politicamente inaccettabile e del tutto incompatibile con la Costituzione. Non si vede quale riduttiva lettura del principio di eguaglianza possa negareche l’uniformità garantisca contro la discriminazione; che l’accentramento, piuttosto che la parcellizzazione localistica, renda l’uniformità possibile; che siano a tal fine necessarie politiche nazionali. Dobbiamo però essere consapevoli che il Giovanardi-pensiero si inserisce in un quadro sostenuto da forze potenti, che potrebbero assumere a proprio fondamento una lettura strumentalmente e  onsapevolmente sbagliata della Costituzione. Questo giustifica e impone una iniziativa forte e compattadella politica e delle istituzioni del Sud, volta a contrastare l’offensiva in atto sul piano dell’Autonomia differenziata.
Per contribuire ad alzare un argine ho elaborato conun gruppo di colleghi costituzionalisti e il supporto di molti docenti ed esponenti di società civile una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare percui è in atto la raccolta delle 50000 firme necessarie per la presentazione in parlamento. Reca una riscrittura degli artt. 116.3 e 117della Costituzione che conferma l’impianto autonomistico, ma meglio tutela l’eguaglianza nei diritti e nelle speranze degli oltre venti milioni di donne e uomini che vivono nel Mezzogiorno. Chi condivide questo obiettivo la firmi, anche online con lo Spid:
www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it

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