Carbonia. Nei 72 giorni c’è anche un importante movimento dei giovani, la testimonianza dell’operaio comunista Antonio Saba. Enrico Berlinguer dirigente nazionale del Movimento giovanile comunista. I giovani sardisti e socialisti in Sardegna

20 Novembre 2022
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Gianna Lai

Oggi, domenica, nuova puntata della storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.

E se la prima formazione avviene in miniera e nei cantieri esterni, continuo il turnover delle maestranze, l’orientamento preciso di tanti giovani verso il sindacato e verso i partiti deriva dall’impegno certosino degli operai, quelli comunisti, in particolare. Così racconta Antonio Saba, giovanissimo portuale a Sant’Antioco, formatosi nelle agitazioni popolari che, dalla città, si allargano rapidamente al territorio e poi, negli anni successivi, primo assessore alla Gioventù del Comune di Carbonia, e vicesindaco e poi sindaco del Pci, consigliere regionale, dirigente, infine, del sindacato Cgil. Tutti provenienti dal mondo del lavoro i sindaci, dalla miniera spesso, così gli altri amministratori componenti la Giunta e il Consiglio comunale.
“Ero un ragazzo, in quella difficile costruzione del nuovo tessuto democratico, la rinascita cioè dei partiti e del sindacato, per me il comunismo era una presa di coscienza, il bisogno di lottare contro le ingiustizie, un modo diverso di guardare la realtà, la speranza di essere persone libere. C’era l’Unione Sovietica, l’utopia, la certezza del cambiamento e del riscatto collettivo, della giustizia sociale, così per vedere come si viveva e come si lavorava in Russia, il Paese dei Soviet, organizzammo in seguito viaggi e soggiorni, mentre qualche giovane vi si trasferiva a studiare. E poi tutta la storia del nostro partito, un patrimonio di lotte e di ideali e speranze nuove per proletari ed emarginati”.
E dice Antonio Saba, il Pci era il partito degli operai e dei contadini, le lotte del lavoro in città davano una nuova identità agli uomini e alle donne, nuove speranze sulle quali ci siamo formati noi giovani, lo sviluppo delle miniere il riconoscimento di quella lotta, dopo gli anni dell’oppressione fascista. Ed era il partito anche degli intellettuali, il Pci, impegnati in ogni organismo a formare i giovani e i giovani comunisti. “Nella ricostruzione della sua storia si partiva dalla nascita del PCd’I, il quadro del primo dopoguerra e delle lotte popolari e dell’occupazione delle fabbriche, fino all’avvento del fascismo e alla guerra di Mussolini a fianco dei nazisti. E Stalingrado e la Resistenza nel Nord dell’Italia occupata e le bande partigiane, prima scuola di cultura politica per i giovani di Carbonia. E la forza dell’URSS che sconfigge il nazismo e dei comunisti che organizzano nella clandestinità le masse popolari fino agli scioperi del 1943, fino alla Liberazione”.
In sezione e nel Circolo dell’Anpi cittadino, a parlare di Resistenza i partigiani Montagnani, Selliti, Renato Mistroni, Russo e Bordiga e gli antifascisti, quelli del confino, come Pietro Cocco, ora dirigenti sindacali e di partito a Carbonia. La memoria e la democrazia, le testimonianze di chi ha vissuto il fascismo e la Resistenza, a formare giovani lavoratori che, in Sardegna, solo dalla narrazione dei protagonisti possono apprendere la storia del tempo. Ci illuminano in tal senso le parole di Paolo Spriano, nella sua Storia del Partito Comunista Italiano, così forte il vincolo che unisce i comunisti in Italia alla Rivoluzione sovietica: “La Terza Internazionale è stata sciolta ma aspetti e momenti del precedente legame di ferro si ripropongono sia per le condizioni obiettive sia per la tradizione e la natura del partito. Li ritroviamo nella sua struttura interna, nella sua organizzazione, nel peso straordinario di mobilitazione e di aggregazione che hanno le vittorie dell’Armata Rossa, il prestigio di Stalin e dell’Urss, il richiamo dell’esperienza socialista e la fiducia nella sua espansione. Così vediamo riverberarsi un patrimonio ideale e una carica finalistica nel concreto operare dei comunisti, tanto nei giovani delle nuove leve che affluiscono nelle file del partito, quanto nell’opera di direzione del quadro fondamentale”.
Pur tra le difficoltà di una crescita politica di massa che già così bene si definisce nel contrasto, tutto interno al partito, tra i dirigenti formatisi nella clandestinità e quelli più giovani del Partito nuovo di Togliatti.
Per passare poi, onde comprendere la collocazione di Carbonia, all’arretratezza del quadro politico isolano, come la descrive Piero Sanna nella sua Storia del Partito Comunista in Sardegna, solo in alcuni territori la speranza di una già visibile rinascita: “la debolezza del tessuto democratico su cui si era svolta la ripresa della vita politica… aveva rappresentato un elemento di relativa stagnazione anche nei confronti dei processi sociali”, in conseguenza della quale il Pci stesso accusa,”una deficienza organizzativa che pone il partito in Sardegna a un livello inferiore della media nazionale”. Tuttavia, contemporaneamente, “una forte spinta al rinnovamento si era espressa nella crescita delle lotte sociali nella strordinaria fioritura delle cooperative agricole, nella incisiva ripresa della iniziativa operaia nel bacino minerario, nell’impetuoso sviluppo delle organizzazioni sindacali unitarie, nella stessa affluenza delle iscrizioni ai partiti di massa”.
Sicché sarà il Partito nuovo di Togliatti a costruire le prime Commissioni giovanili anche a Carbonia: ne mantiene la memoria Antonio Saba delle discussione fino alle soglie degli anni cinquanta su “il partito delle avanguardie e il partito di massa per la costruzione di una democrazia progressiva”. Pur ferma l’adesione dei giovani in Sardegna alla linea togliattiana. “Noi vogliamo - affermava Enrico Berlinguer, illustrando gli obiettivi del programma comunista in una relazione al Circolo giovanile-: 1) Rovesciamento del potere e dello sfruttamento dei grandi capitalisti fondiari e industriali, conquista del potere da parte del proletariato; 2) socializzazione di tutti i mezzi di produzione, vale a dire, proprietà collettiva, di tutti, della ricchezza; 3) Abolizione dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo”: così cita Piero Sanna nella sua Storia del PCI in Sardegna. Nel contesto di un impegno nazionale di carattere politico e organizzativo, “si deve tendere a creare circoli, associazioni giovanili di massa, in cui entrino i giovani comunisti, ad avere uno schieramento democratico giovanile. -L’obiettivo che noi dobbiamo proporci non è che i giovani comunisti trovino tutto nel circolo comunista ma che i giovani comunisti siano presenti dapertutto dove i giovani fanno la loro esperienza di vita e siano gli elementi più attivi, i suscitatori e gli organizzatori di quella rinnovata vita democratica che sola permetterà ai giovani di imparare a orientarsi- Enrico Berlinguer, dirigente nazionale del Movimento giovanile comunista, indica, prendendo la parola al Consiglio [nazionale] la necessità che, dinnanzi alle elezioni amministrative si proponga un programma comune per i giovani, per combatte la disoccupazione, per organizzare l’opera di ricostruzione più immediata”: così Paolo Spriano in Storia del partito comunista italiano. E’ il contesto regionale e nazionale in cui si svolgono le esperienze dei giovani comunisti di Carbonia, i quadri locali a mantenere forti i legami e intensi i rapporti col movimento nell’isola e con la dirigenza di Roma .
E poi la questione giovanile nel Psd’az, formazione di nuovi quadri e conquista della gioventù lavoratrice, ma il primo impegno in suo favore, dice Lussu, deve essere contro il grave analfabetismo che colpisce l’intera popolazione di ragazze e ragazzi, battendosi per l’apertura di nuove scuole nei paesi e nelle centri cittadini. Col suo discorso agli studenti del luglio 1944, il dirigente fa appello alla loro coscienza politica, descrivendo la sua esperienza personale, per sollecitarli all’impegno politico. “Ciascuno penetri nel mondo in cui vive e questa è la più grande esperienza,… prima questo, poi i libri, poi le altre esperienze necessarie. Ciascuno deve inizialmente incominciare in se stesso il processo critico”. Ma non sembra tanto facile organizzare le nuove generazioni tra i sardisti anche se, fin dal Congresso regionale di Oristano, marzo 1945, “il Partito Sardo si sforzava di favorire l’associazionismo giovanile, creando all’interno del partito appositi organismi”, in particolare sezioni giovanili destinate ai ragazzi dai 14 ai 21 anni. E, se al primo Congresso giovanile sardo, Macomer aprile 1946, 10.042 risultano gli iscritti in Sardegna e si presenta lo Statuto del Movimento giovanile Giovane Sardegna, Alma Sanna Delogu, rivolgendosi ai congressisti a Cagliari nel 1948, rileva come ancora manchi “al nostro partito la voce dei giovani: … Mostrate ai giovani più comprensione più generosità e anche più rispetto di quanto abbiate fatto finora”, difficile in quella condizione, ribadiva la relatrice, creare nuovi dirigenti, garantire un ricambio per il partito stesso. Così tra i socialisti: c’è anche una Federazione Giovanile Socialista a Cagliari, nel novembre 1946 il suo terzo Congresso Provinciale, Maurandi presidente: anche qui gli interventi mettono in luce le difficoltà dell’organizzazione a svolgere attività continuativa e, sottolineando l’adesione alla linea del Partito, rifiutano invece ogni interpretazione restrittiva del patto di unità d’azione”, riproponendo semmai, “anche se in una prospettiva di lungo periodo, l’obiettivo del partito unico”.
Circoli giovanili e commissioni giovanili del Pci gli organismi più vitali e senz’altro di maggiore tenuta politica, nel quadro dei partiti isolani.

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