Andrea Pubusa
Oggi alle 18,30 presso la Scuola di cultura politica F. Cocco - via Piceno 5, Cagliari - un incontro per la libertà di Assange, con Roberto Paracchini, giornalista, ed Elisabetta Secchi di Amnesty international. Vedi in calce invito e link per collegamento Zoom.
Ecco una nota sulle controverse decisioni della giustizia inglese in ordine alla richiesta di estradizione degli USA.
Il caso contro il giornalista e attivista 49enne Assange - com’è noto e come ha ricordato Roberto Paracchini in questo blog - si riferisce alla pubblicazione da parte di Wikileaks di centinaia di migliaia di documenti trapelati sulle guerre in Afghanistan e Iraq, oltre a dispacci diplomatici, nel 2010 e nel 2011. Gli USA vogliono processare il giornalista per aver rivelato segreti di Stato ed hanno chiesto l’estradizione di Assange all’Inghiterra, dove si trova. Negli Stati Uniti, Julian Assange dovrebbe affrontare un processo con l’accusa ai sensi dell’Espionage Act, e c’è il rischio reale di condizioni di detenzione equivalenti a tortura o altri maltrattamenti.
La sentenza di primo grado della giustizia britannica lo scorso gennaio aveva negato l’estradizione. La decisione dell’Alta Corte di Londra ha capovolto la sentenza e si è trasformata, almeno a livello di opinione pubblica, in un boomerang per la giustizia e per il tandem angloamericano. La prima sentenza ha negato l’estradizione per il rischio di suicidio per Assange, connesso al trattamento nelle carceri USA non proprio rassicurante.
L’Alta Corte di Londra ha accolto il ricorso presentato dal governo degli Stati Uniti, prestando credito alle garanzie offerte dagli States, ritenute adeguate per proteggere la salute mentale dell’imputato eccellente e alle sue future condizioni di detenzione nel Paese.
“Tale rischio è a nostro giudizio escluso dalle assicurazioni che ci vengono offerte. Ne consegue che siamo convinti che, se fossero state presentate dinanzi al giudice, avrebbe risposto diversamente alla relativa domanda” ha detto Lord Burnett di Maldon, nel motivare la sentenza dell’Alta Corte, ricollegandola a quella precedente di primo grado, che andava in una direzione opposta.
Per Lord Burnett e i suoi colleghi, “non c’è motivo per cui questa corte non dovrebbe accettare che le assicurazioni abbiano il significato di ciò che dicono. Non vi è alcuna base per presumere che gli Stati Uniti non abbiano fornito le assicurazioni in buona fede”.
La sentenza rappresenta un duro colpo per il co-fondatore di Wikileaks e tutti i suoi sostenitori, un vulnus alla libertà di manifestazione del pensiero e di stampa, un attacco al giornalismo indipendente.
Amnesty International ha bollato la decisione come “parodia di giustizia”. Il movimento pro Assange ha definito la sentenza “pericolosa e sbagliata” e “una grande ingiustizia”. “Come può essere giusto, come può essere corretto, come può essere possibile estradare Julian nel Paese che ha cercato di assassinarlo”, ha detto la compagna di Assange, alludendo alla rivelazione lo scorso settembre di un complotto della Cia per rapire e liquidare Assange quando si stava rifugiando nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.
La decisione è così controproducente da prestarsi addirittura ad una dura critica dalla Russia, che ha definito “vergognoso” il verdetto dell’Alta corte di Londra. Per il ministero degli Esteri di Mosca, “l’Occidente ha così celebrato in modo degno la Giornata mondiale dei diritti umani”: “Questo vergognoso verdetto nell’ambito di questo caso politico contro il giornalista e personaggio pubblico è un’altra manifestazione della visione del mondo da cannibale che ha il tandem anglosassone”, ha scritto sul suo canale Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, la appuntita Maria Zakharova, riferendosi a Usa e Regno Unito.
“Consentendo questo appello, l’Alta corte ha scelto di accettare le assicurazioni diplomatiche profondamente viziate fornite dagli Stati Uniti, che Assange non sarebbe stato tenuto in isolamento in un carcere di massima sicurezza” ha commentato Nils Muiznieks, direttore per l’Europa di Amnesty International. “Se estradato negli Stati Uniti, Julian Assange potrebbe non solo affrontare un processo con l’accusa ai sensi dell’Espionage Act, ma anche un rischio reale di gravi violazioni dei diritti umani a causa di condizioni di detenzione che potrebbero equivalere a tortura o altri maltrattamenti” ha sottolineato Muiznieks.
Secondo il responsabile di Amnesty, “l’incriminazione del governo degli Stati Uniti rappresenta una grave minaccia per la libertà di stampa sia negli Stati Uniti che all’estero”. Per Rebecca Vincent, direttrice delle campagne internazionali di Reporter senza frontiere (Rsf), “questo è uno sviluppo assolutamente vergognoso che ha implicazioni allarmanti non solo per la salute mentale di Assange, ma anche per il giornalismo e la libertà di stampa in tutto il mondo”.
Le assicurazioni fornite dagli Stati Uniti, in una nota diplomatica risalente allo scorso febbraio, includevano quella secondo cui Assange non sarebbe stato soggetto a “misure amministrative speciali” o trattenuto in una struttura “ADX” di massima sicurezza, come quella di Florence, in Colorado, né durante un periodo di prova o dopo ogni condanna.
Gli Stati Uniti avevano anche affermato che acconsentiranno a una richiesta di Assange, in caso di condanna, di essere trasferito nella sua nativa Australia per scontare qualsiasi pena e che riceverà un trattamento clinico e psicologico appropriato durante la custodia negli Stati Uniti.
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Argomento: mercoledì 6 luglio ore 18.30 Caffè politico “Libertà di stampa: il caso Assange” - Scuola di Cultura Politica Francesco Cocco
Ora: 6 lug 2022 06:15 PM Roma
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ID riunione: 859 4212 0776
Passcode: 314850
1 commento
1 Aladinpensiero
6 Luglio 2022 - 08:47
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=134811
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