L’Anpi sarda: riunione regionale per la pace

3 Giugno 2022
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Gianna Lai

La riunione regionale dei quadri dell’Anpi ha discusso della pace e delle iniziative contro la guerra, il riarmo con l’obiettivo della trattativa subito. Ecco una sintesi della relazione introduttiva, cui è seguito un interessante dibattito.

 

La posizione dell’Anpi, manifestata fin dall’inizio del conflitto, è diventata punto di riferimento di tutte le forze che vogliono organizzare un sistema equilibrato in Europa per porre fine alla guerra. Anche gli sviluppi dati dal dialogo Germania, Francia e Russia, dei giorni scorsi, si inquadrano nella prospettiva che noi avevamo delineato e, nuova speranza, la voce dei pacifisti tedeschi ad affiancarsi a quella degli italiani per comprendere che l’Europa non può seguire la linea Usa-Nato.

Ribadiamo il no dell’Anpi a un ordine mondiale fondato sul riarmo, no all’invio di armi e alla a guerra, espressione della politica di potenza che si ciba di propaganda e menzogne; le sanzioni ad aggravare la vita delle masse popolari.

Vi dobbiamo contrapporre il valore del pacifismo, bene inestimabile che unisce i popoli e costruisce opinione pubblica contro la guerra, un nuovo senso comune in difesa dello Stato democratico e nella lotta alla fame e alle diseguaglianze, perché le armi devono servire solo alla difesa e alla sicurezza dei cittadini da attacchi esterni. Lunga sarà la lotta, perché gli effetti devastanti della guerra, anche fuori dai luoghi in cui si combatte, sono già sotto i nostri occhi: un dopoguerra in cui la frantumazione degli equilibri internazionali, delle relazioni commerciali e dei rapporti culturali ed umani metterà a dura prova le coscienze e le scelte politiche di ciascuno di noi.

Vogliamo partire dalle iniziative di questi mesi in tutte le città d’Italia, all’insegna della pace e contro il riarmo. Così in Sardegna il 25 aprile dapertutto, e poi a Cagliari le manifestazioni organizzate dal Coordinamento Prepariamo la pace con Anpi, Tavola sarda, Cgil, Arci, Comitato Riconversione RWM, CSS. E lavoriamo anche dentro il Comitato regionale “NO armi trattativa subito”, particolarmente sensibilizzati i democratici nell’isola perché la Sardegna è gravata di basi militari Usa e Nato numerosissime. Dal Poligono di Capo Frasca a quello di Quirra e di Capo Teulada, compreso l’aereoporto militare Nato di Decimo. E poi a Capo San Lorenzo e Domusnovas, fabbriche di armi, cui si aggiunge la Vitrociset e la Alenia. Per la Nato l’isola resta una importante base di addestramento e sperimentazione, le armi sono quelle usate in Libia, Iraq, Afganistan, Yugoslavia, Somalia, Libano, Palestina, Yemen, le bombe targate RWM di Domusnovas, ammazzano gli yemeniti fin dal 2015. Impegnate su questo fronte, da tempo, Italia Nostra, Riconversione RWM, Anpi, Arci, CSS, così, a seguito di un esposto alla procura di Cagliari, oggi indagati i vertici RWM e funzionari comunali di Iglesias e Domusnovas.

Più recenti in città i sit-in e i flash-mob per protestare contro lo schieramento di navi da guerra nel porto di Cagliari, guerra simulata nelle 17 aree indicate, messaggio di allerta e esibizione di forza così pericolosa, da Cagliari a Capo Teulada. Nei luoghi, cioè, che stanno portando sul banco degli imputati generali e capi di stato maggiore dell’esercito e della difesa, con l’accusa di disastro ambientale. Silente la Regione, una Nota stampa del Coordinamento Anpi Sardegna ha indotto la nostra Segreteria nazionale a denunciare l’intollerabile clima di guerra creato nell’isola. Vogliono abituarci all’idea di un allargamento del conflitto, cosa fare?

Bisogna rispondere con la posizione chiara dell’Anpi contro il riarmo, che prepara alla guerra infinita destinando, per i prossimi anni, il 2% del bilancio dei paesi europei agli armamenti. Dalle Note sulla crisi Ucraina del 25 febbraio, a firma del presidente Gianfranco Pagliarulo, abbiamo condannato l’invasione russa, “guidata da una logica oggettivamente imperiale”; vi si scongiurava una reazione militare Nato, che avrebbe portato Europa e mondo in una condizione di terribile pericolo. Ed è ciò che sta avvenendo infatti, per il rafforzamento del contrasto nei confronti della Russia da parte della UE e dei Paesi dell’Est europeo, la Nato braccio armato dell’Occidente, avendo già da tempo violato, nella ex Iugoslavia, in Afganistan, in Iraq in Libia, la sua missione, quella di intervento solo in caso di attacco ad uno dei paesi membri.

E spiega le origini della guerra, il documento dell’Anpi, ripercorrendo la storia della Ucraina, contro ogni forma di propaganda, così già evidente in Italia fin dai primi giorni dell’attacco, dando vigore alla difesa del multipolarismo e dell’interdipendenza, base della coesistenza pacifica, preconizzata in Europa fin da dopo l’89, e fortemente messa in discussione dall’ attacco russo. Proprio mentre si esauriva la funzione della Nato, oggi di nuovo freno alla coesistenza pacifica, che approfitta della perdita del ruolo da parte dell’ONU, di deterrenza della guerra, cioé, e di contrasto alle diseguaglianze nel mondo.

Riacquisti l’Onu il carattere di struttura sovranazionale a garanzia della coesistenza pacifica, auspica Pagliarulo, secondo la prospettiva sostenuta dall’Anpi di una espansione democratica e dei diritti civili e sociali. Immediato cessate il fuoco, indipendenza e neutralità ucraina al di fuori della Nato, ritiro delle forze armate russe, attuazione dell’autonomia del Donbass, come prevista dagli accordi di Minsk e mai realizzata da Kiev, isolamento e condanna delle formazioni neonaziste e smilitarizzazione dei confini tra paesi dell’Est e Russia. E, per l’Italia, rispetto assoluto e incondizionato dell’art. 11 della Costituzione, già così gravato, il nostro territorio, di basi militari Nato e Usa, per questo la sua sicurezza messa seriamente a repentaglio.

Una visione che si allarga, il 24 Marzo, al Congresso Anpi, ribadendo, il presidente, la solidarietà al popolo ucraino e la condanna di Mosca, a partire da una forte e immediata azione di contrasto alla guerra. E consenso attivo della maggior parte di compagne e compagni, nel momento in cui più forte diviene l’attacco contro di noi e le nostre posizioni, decisamente a favore di un ordine europeo multipolare. Contro di noi e contro le nostre posizioni, perchè abbiamo costruito un larghissimo schieramento pacifico di popolo, dichiarando pericoloso l’invio delle armi e responsabile dell’estensione stessa del conflitto. La maggioranza degli italiani, infatti, resta contraria all’invio di armi e favorevole all’immediata apertura di trattative, convinta che la Ue debba diventare soggetto di un serio intervento diplomatico, che vuol dire tornare finalmente alla politica. L’Anpi propone che la Ue rilanci i principi fondamentali degli accordi di Helsinki 1975, un’ ampia zona smilitarizzata e denuclearizzata di confine, avviando un processo di diminuzione controllata degli armamenti nucleari, l’Ue promotrice della riforma dell’Onu, per restituirle la funzione primaria del mantenimento della pace, definendo interventi sui temi dei migranti e sulla politica della accoglienza dei profughi di tutte le guerre.

Anche il Comitato Nazionale, eletto dal Congresso, si pronuncia contro la campagna bellicista, il bellicismo che prende di mira e attacca i valori costituzionali e l’art. 11, mentre più pressante si fa la preoccupazione dopo l’annuncio della richiesta di ingresso nella Nato della Svezia e della Finlandia. La Nato ormai esercito permanente in Europa Orientale, che comporta il rischio di destabilizzazione dell’intera Asia, il conflitto che comprende ormai in sé la guerra tra America e Russia, col conseguente e più diretto coinvolgimento della Ue, sempre impegnata nell’invio di armi all’Ucraina.

E il dibattito pubblico ancora si militarizza, l’Anpi a denunciare questo clima, mai visto, di attacchi alla nostra associazione, come si volesse metterne in discussione l’autonomia, i 130mila iscritti, la conclusione unitaria del Congresso e la maggior parte degli italiani dalla nostra parte, insieme a CGIL al papa, placa lentamente l’isteria. Forse anche per il moltiplicarsi degli appelli di costituzionalisti e giornalisti e uomini di cultura, dal vescovo Ricchiuti di Pax Christi sul fuoco di guerra a Odessa fin dal 2014, ad Alex Zanotelli, “ci sono già i vincitori di questa guerra, il complesso industriale di produzione delle armi, che non si fermerà qui, produrrà sempre conflitti oltre le 166 guerre che si combattono attualmente nel mondo”.

Perciò una lotta di lunga lena ci aspetta, e da organizzare nel tempo, riprendendo per un attimo, a nostro sostegno, la storia del pacifismo come valore che viene dalla tradizione del movimento operaio. Alternativa alla guerra è la difesa civile non armata e non violenta, partendo dalla tradizione democratica e della sinistra che vota contro l’ingresso dell’Italia nel Patto Atlantico 1949, e così Dossetti e Lussu, il quale, parlando di sicurezza nazionale diceva “Neutralismo e disarmo contro atlantismo e Nato, questo il cardine della nostra politica estera”. Fino ad arrivare ai movimenti contro la guerra in Vietnam, in Iraq, ecc.

E viene, il valore del pacifismo, dalla marcia di Assisi che ancora sa unire appartenenze politiche diverse, persino da quella Nave della Pace che, negli anni Settanta, in acque extraterritoriali, a garanzia della libertà di espressione, promuove il dialogo tra israeliani e palestinesi, in particolare, attraverso la musica. “Give peace a chance” di John Lennon, contro la guerra, la sua colonna sonora, destinata ai giovani israeliani e ai giovani palestinesi, a tutti i giovani del Medio Oriente, per contribuire all’avvio di quei colloqui di pace che si aprirono proprio nel ‘93: esemplare riferimento, in questi giorni bui e oscuri che discriminano i russi, di una cultura aperta a unire i popoli, così come fanno gli onesti commerci e le responsabili e permanenti relazioni diplomatiche di pace. Cui dovrebbero sentirsi obbligati, prima di tutti, i Paesi Ue, per delega dei propri cittadini e sulla base delle Costituzioni che ne regolano la vita politica. Invece, ad attaccare il pacifismo, sopratutto chi ha sempre condiviso ideologie con Putin e fatto affari e trafficato armi, anche in periodo di sanzioni, tra cui, e ripetutamente, la stessa la Europa.

Dobbiamo combattere l’Apologia della guerra, come la definisce Raniero La Valle, l’intero assetto mondiale rimodellato sul conflitto, ti si impone di essere da una parte o dall’altra, cancellando il quadro generale in cui situare gli eventi mondiali, il quadro storico degli eventi passati, come fossimo fuori dal tempo e dallo spazio. E dobbiamo combattere in difesa della nostra Carta, il governo di un banchiere che non ascolta il Parlamento mette in mostra tutta la debolezza della nostra democrazia, così si straccia la Costituzione, divenendo irrilevante la sovranità popolare che si esprime attraverso la rappresentanza parlamentare.

Mentre l’invio di armi, alimenta il mercato nero e ci avvicina alla linea rossa, la nostra sporca impresa di guerra, la chiama Gad Lerner, l’economia di guerra pronta a determinare nuove gerarchie interne anche all’economia italiana: un modello di sviluppo fondato sull’ aumento delle spese militari, che raggiunge complessivamente nel mondo i 2.100 miliardi, già prima della guerra in Ucraina.

E dobbiamo soffermarci, contro il pensiero unico, a capire il perché della guerra, il pensiero critico vero valore dell’Occidente che ci aiuta a distinguere l’Europa dall’ America, la più diseguale del mondo per il razzismo così ben radicato, per il suo essere principale rifornitore delle risorse di guerra al mondo, per la sua politica che è politica di potenza globale, in Serbia, in Iraq, in Siria, a bombardare, sempre senza l’Onu, cercando da tempo di mettere le mani sulle immense ricchezze russe. E distinguere l’Europa dalla Nato, ormai poterem sovrano, i cui interessi e valori sono diversi, perciò la nostra sicurezza da garantire in direzione di un quadro autonomo, nella direzione di una nuova struttura di carattere regionale, legata all’ Onu, e nell’ambito della gestione della sicurezza a livello internazionale. La Ue ha senso se si differenzia dai poli in campo, la politica imperialista dei liberali Usa e della Nato a metterne in difficoltà il già fragile sistema e la sua economia, intere filiere che vengono meno dopo le sanzioni, nel contesto di una grande carestia, prevista per le popolazioni più povere al mondo, producendo Russia e Ucraina ¼ delle risorse alimentari dell’intero pianeta.

Ecco, non si può essere antifascisti senza essere per la pace e per il disarmo, un mondo di pace volevano costruire i partigiani, contro l’ubriacatura bellica e la violenza fascista, così le fabbriche in sciopero nel 1943 che contribuiscono alla caduta del regime e preparano al movimento della Resistenza, verso la Liberazione.

E volevo segnalare su Patria Indipendente del 27 maggio, a conclusione, gli articoli di Ferdinando Pappalardo su il movimento per la pace che incoraggia l’iniziativa diplomatica: qualcosa si sta muovendo nella nostra maggioranza, dubbi e critiche sull’invio di armi, più meditate le analisi dei giornali a riflettere forse le preoccupazioni dell’opinione pubblica. E di Tea Sisto sui Comitati del popolo della pace che fanno sentire la loro voce dal Piemonte alla Sardegna, una mappa di reti e associazioni mobilitate contro l’invio delle armi. E poi la voce del presidente Pagliarulo dalle Fosse Ardeatine, da cui lancia le iniziative Anpi per il 2 Giugno, “donne e uomini della Resistenza che sognarono un’Italia di pace, libertà democrazia”. Vera sollecitazione a organizzare incontri con i nostri iscritti e iniziative in luoghi simbolici con le nostre bandiere, per far conoscere i documenti dell’ANPI, leggere la Costituzione e le storie dei partigiani. Insieme all’associazionismo democratico e coinvolgendo i nostri giovani, perchè nella scuola contribuiscano a far crescere movimenti per la pace e contro il riarmo. A partire dalla 2^ Giornata del Tesseramento Anpi, il 2 Giugno prossimo, in tutta la Sardegna, il 3 a Cagliari.

 

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