Gianna Lai
Alla proposta delle Commissioni interne di riduzione dei costi, attraverso l’aumento della produzione e la riqualificazione delle strutture e del personale, la linea della SMCS resta sempre quella dei licenziamenti e della smobilitazione. Così, fin dalla seconda settimana di ottobre, si fanno tali le pressioni a livello politico, da indurre a un incontro senatori e deputati sardi, organizzato alla presenza dell’Alto Commissario. Pur avendo quest’ultimo già annunciato l’opposizione del CIR al progetto Levi, di cui si sarebbe finanziato solo il cosidetto “risanamento”, abbandono immediato, cioè, delle gallerie e dei cantieri meno redditizi. E l’amministratore delegato Chieffi, nonostante la riduzione negli ultimi mesi da 3450 a 1300 lire del divario fra il ricavo della vendita e il costo di produzione, a ribadire ferma la politica dei licenziamenti e della diminuzione dei salari, come ricorda L’Unità del 15 ottobre 1948. La descrizione di quell’evento nel già citato “Renzo Laconi”, della professoressa Maria Luisa Di Felice: “il 13 ottobre la deputazione sarda decise di presentare alla Camera un ordine del giorno. Sebbene Nadia Spano e Laconi si adoperassero perché nel testo dell’ordine del giorno si insistesse sul riconoscimento dei diritti dei lavoratori e sulla legittimità della loro lotta, nel documento definitivo trovò posto solo un elenco di interventi che, grazie al Piano Levi, avrebbero dovuto risolvere la crisi della SMCS. Ad attenuare la sostanza politica dell’ordine del giorno, e a porre fine all’unità di intenti concordata tra i firmatari del documento, fu l’intervento pronunciato alla Camera da Francesco Chieffi, il 22 ottobre 1948, il quale distanziò la propria posizione da quella dei deputati comunisti e screditò l’azione svolta a Carbonia dal PCI e dalla Camera del lavoro, ora guidata da Velio Spano. Vanificata l’azione unitaria, venne vanificato l’impegno del ministro dell’Industria Lombardo (Unità socialista), che avrebbe accettato l’ordine del giorno, ma solo come raccomandazione. L’iniziativa assunta da Nadia Spano e Laconi determinò la riprovazione di Velio Spano”, secondo il quale, “piuttosto che una mediazione realizzata a Montecitorio, il futuro dei minatori di Carbonia sarebbe stato invece determinato dalla mobilitazione del movimento operaio”. Questa lunga citazione per intendere, anche in termini generali, il dibattito che si stava svolgendo all’interno del PCI, rispetto alla politica sul futuro di Carbonia: come regolare i rapporti con la maggioranza di governo, così contraria alla sopravvivenza delle miniere e quali possibili azioni unitarie per il Sulcis, a partire dall’eventuale nuova costituzione di gruppi parlamentari su base regionale? In particolare la necessità di definire la politica dello stesso Comitato regionale, in quel momento “orientato allo scontro con quanti, parlamentari democristiani e liberali, condividevano la politica di smobilitazione in atto a Carbonia”.
Posto che, facendosi sempre più aspra la lotta, più deciso diveniva il sostegno della democrazia cristiana alla SMCS, e in Sardegna e a livello nazionale.
E ancora il 2 novembre L’Unità annuncia. “Una riunione presso l’Alto Commissario per la Sardegna, senza alcun risultato”. Si prepara lo sciopero nazionale del 15 novembre in tutte le miniere d’Italia, la città in piena mobilitazione, assemblee e manifestazioni presso la Camera del lavoro, organizzate dalle Commissioni interne e dalle donne dell’UDI, tenute sotto controllo dall’occhiuta polizia di Pirrone, “Son giunti a Carbonia due camion carichi di carbinieri e poliziotti in borghese”, annuncia L’Unità il 3 novembre 1948, ancora manifestazioni e attestazioni di solidarietà da parte, questa volta, dei dipendenti comunali, “che sottoscrivono mezza giornata di paga”. Mentre si allarga la richiesta di partecipazione alle altre categorie, quando Velio Spano denuncia, presso la Camera del lavoro provinciale di Cagliari, i licenziamenti e i trasferimenti in atto e le violazioni degli accordi, dichiarando ancora una volta legalissima la non collaborazione e rispettosa del Contratto Collettivo, trattandosi semplicemente del rifiuto del cottimo. Fuori legge piuttosto la SMCS che, per impedirla, attua la serrata staccando la corrente nelle gabbie e bloccando, in tal modo, la discesa in galleria, evidentemente ancor più preoccupata del coinvolgimento nella lotta di sorveglianti e capiservizio. Avendo, questi ultimi, “rifiutato l’invito intimidatorio della direzione a schierarsi contro gli operai”, come si legge ancora su L’Unità del 5 novembre: tra di loro Piero Zonza, caposervizio a Sirai e iscritto al Partito comunista.
E denunciava,Velio Spano, come fosse fuorilegge la SMCS avendo dimezzato a fine mese le paghe, mentre “i minatori hanno diritto alla paga base integrale”, sempre secondo Contratto Collettivo Nazionale, in vigore nell’intero Paese fin dal 1946.
“Lavorare in economia è un diritto dei lavoratori” si intitola la Lettera delle organizzazioni sindacali all’Alto Commissario, pubblicata il 9 novembre su L’Unità. In occasione proprio del rifiuto opposto da quest’ultimo a ricevere il rappresentante della Camera del lavoro di Carbonia, pur avendo già incontrato l’ingegner Spinoglio, l’ingegner Carta e il rappresentante degli industriali, avvocato Sirchia. E avendo dichiarato, anzi, “di concordare col punto di vista di Spinoglio”, come si legge sull’Unità dell’11 novembre, per questo suscitando la protesta della stessa Camera del Lavoro di Cagliari, indignata anche per l’incontro svoltosi, sempre presso l’Alto Commissario, con “il crumiro Manca, dirigente di un sindacato fantasma”, in separata sede, rispetto al colloquio fissato col sindacalita CGIL Martino Giovannetti. Ed è a questo punto, di fronte all’insipienza delle autorità locali, che il ministro dell’Industria e il Segretario della CGIL, Giuseppe Di Vittorio, si incontrano il 15 novembre, così preoccupante la vicenda di Carbonia per la rigidità della direzione e per il crescente numero di licenziamenti inflitti quotidianamente, pur continuando a scendere in miniera, tutti i giorni, gli operai allontanati. “Per composizione vertenza”, annuncia L’Unità del 14 novembre 1948, il Sottosegratario Colia convoca la SMCS, Velio Spano, segretario della Camera del lavoro e Pietro Cocco, segretario provinciale della Federazione minatori. A differenza, cioè, dell’Alto Commissario, il ministro riconosce la rappresentanza sindacale nella sua interezza, aprendo un dialogo che porterà poi, anche se non proprio in un tempo breve, alla chiusura della vertenza Carbosarda.
In questa fase così cruciale per il movimento, rafforza certo la lotta del Sulcis lo sciopero generale di solidarietà indetto dai minatori di tutta Italia: il 15 novembre sciopero di 24 ore, “uniti ai minatori di Carbonia, lo organizzano FILIE e CGIL, a sostegno del lavoro in economia”. Comizi di preparazione, domenica, in tutta la provincia, tra gli oratori anche Anton Francesco Branca, segretario del Psd’az socialista. Mentre L’Unità del 13 novembre denuncia “le volgari manovre di Titino Melis, in combutta col parroco, nello svolgere opera di intimidazione per far desistere dalla lotta i minatori di Bacu Abis”, e che la SMCS, “non sapendo cos’altro dire, accusa nei suoi comunicati i minatori di pensare solo a se stessi, quando scioperano contro l’aumento dei prezzi”. Trattandosi piuttosto di una battaglia, sostiene ancora il quotidiano, che vede l’intero Paese mobilitato, proprio in un tempo di lotte CGIL, particolarmente dure, sulla contingenza. Ferma e decisa la partecipazione a Carbonia, disposti gli operai a intensificare la mobilitazione nelle assemble con Velio Spano, forte il sostegno delle donne in quella generale, e affollatissima, svoltasi la domenica che precede lo sciopero. E poi incontri nei paesi del Sulcis tra operai e contadini, e in tutto l’Iglesiente, contro la smobilitazione, “contro il sabotaggio della produzione da parte della SMCS, che pretende di risanare il bilancio sottraendo, con gli aumenti dei prezzi, 20 milioni di lire ai salari dei lavoratori”. Massiccia l’adesione allo sciopero, “a Iglesias, Guspini, Villacidro, Gonnosfanadiga, San Gavino. Sciopero compatto in tutte le miniere della Sardegna. Monteponi e Montevecchio al completo, a San Giovanni, non potendo scioperare per problemi tecnici inerenti i forni, i minatori hanno devoluto la loro giornata lavorativa al fondo di solidarietà per Carbonia”. Così L’Unità del 16 novembre 1948. Mentre sta già partendo una nuova massiccia sottoscrizione di solidarietà da lanciare sull’intero territorio nazionale: così la prof. Di Felice, “In Sardegna e nella Penisola erano ormai numerosissimi i centri e le organizzazioni che, come le maggiori coopertive del Nord Italia, contribuivano alle sottoscrizioni di solidarietà e facevano giungere il loro aiuto alle famiglie dei minatori di Carbonia, in denaro o sottoforma di alimenti. Altrettanto partecipata l’adesione allo sciopero generale dei minatori di tutta Italia, proclamato per il 15 novembre, né meno rilevante si sarebbe dimostrata la manifestazione per la pace organizzata dall’Udi, …. in corteo per le vie di Carbonia donne, giovani e bambini”.
1 commento
1 Aladinpensiero
29 Maggio 2022 - 08:16
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=133850
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