I cittadini e la guerra in Ucraina attraverso la radio

16 Aprile 2022
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Andrea Pubusa

La mattina di solito ascolto la radio, mentre mi rado la barba o faccio colazione. E’ un modo semplice e veloce per sapere cosa dicono i giornali e che aria tira nei media dominanti e negli ascoltatori. Generalmente tutto fila liscio, secondo copione. In questo tormentato periodo di guerra in Ucraina si verifica un fenomeno strano. I giornalisti Rai più che informazzione fanno propaganda, in modo acritico e talora perfino inquietante come quando, ad esempio, hanno rilanciato messaggi del famigerato squadrone neonazista Ozov sull’uso di armi chimiche a Mariupol, senza alcuna verifica. Il fatto è che gli ascoltatori chiamano o mandano messaggi in cui assumono un atteggiamento critico e correggono il tono e il senso della trasmissione, con grande stupore e fastidio degli imbonitori Rai. L’altro giorno, ad esempio, una giornalista è partita lancia in resta con la solita vulgata e ha dovuto scendere a più miti consigli a seguito delle osservazioni degli ascoltatori. La gente avverte  che Zelensky dà voce ai settori estremisti atlantisti e si accorge sempre più che è una pedina del tentativo occidentale di destabilizzare la Russia, scopre che la sua preoccupazione primaria non è la cessazione della guerra, ossia dei massacri e delle devastazioni del suo popolo, ma la ridefinizioni dei rapporti di forza fra occidente e Russia. E - giustamente - gli ascoltatori si dichiarano poco interessati e critici. Emerge poi una diffusa preoccupazione per le conseguenze economiche della guerra e delle iniziative della UE e del nostro governo.  Le sanzioni economiche, la cessazione delle forniture del gas russo, con le conseguenze catastrofiche sulla nostra economia, inducono i radioascoltatori ad avanzare dubbi, ad invitare alla moderazione. La solidarietà, che è generale, non si spinge fino all’autolesionismo, fra l’altro dai risultati del tutto improbabili e incerti. Moltissimi ascoltatori si chiedono perché l’impegno del governo e del parlamento non viene rivolto a spingere per una conferenza di pace. Insomma, alla linea estremista del governo e della UE, della Nato e degli USA viene opposta una più ragionevole linea della trattativa per salvare vite umane e scongiurare devastazioni. Un po’ come ha detto in un intervista Cecilia Strada. Queste voci diffuse, confermate peraltro dai sondaggi, mettono in luce un ampio fronte critico verso la politica del nostro governo e del fronte atlantista, mentre nessuno - nonostante l’accusa di putinismo - mostra consenso per l’invasione e per Putin. Anzi sono molti gli interventi a difesa della libertà di pensiero e del pluralismo insidiato dagli insulti e dall’accusa di filoputinismo a chi è fuori dal coro.
Come si tradurrà questo dissenso nelle urne? Butterà a destra, secondo i segnali, per ora non travolgenti, che vengono dalle elezioni francesi e ungheresi? Con quali conseguenze? Non si comprende che se l’attuale maggioranza del fronte occidentale non trova una ragionevole e giusta uscita da questa crisi, se le scelte peggioreranno le già precarie condizioni dei ceti popolari, i cittadini- elettori si rivolgeranno ad altri?  Può il responsabile degli esteri UE tornare dall’Ucraina con la lista degli armamenti predisposto da Zelensky, da eseguire come fosse l’uomo delle commissioni? Si avvicina alla cobelligeranza della UE, senza avanzare un’idea sul che fare per uscire da questa orribile e pericolosa impasse? Si può accettare che l’unica soluzione sia quella militare? Si puo’ condividere il dikat di Kiev perfino al Papa di non dare un segnale di pace nella via crucis, invitando al suo fianco una ucraina e una russa? Ora dice di prepararci alla guerra atomica, senza suscitare preoccupate e generali reazioni nei media in contrasto col pensiero popolare. I giornalisti di fronte a questa vasta opinione critica sono rimasti increduli e spiazzati, quelli in buona fede iniziano ad interrogarsi sulla giusta lettura di questi avvenimenti.

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