Se non ora quando?

8 Giugno 2009
4 Commenti


Red

Frena il Pdl (34,1%), il Pd (27%) arretra sulle politiche ma non crolla, crescono la Lega e, soprattutto, l’Idv di Antonio Di Pietro, le sinistre hanno seminato il vento della divisione e raccolgono la tempesta dell’esclusione anche dal Parlamento europeo. Per i loro gruppi dirigenti può dirsi: missione compiuta.
Il voto delle europee è segnato da un forte astensionismo, in Italia hanno votato il 66,47% circa contro il 73% del 2004: 6 italiani su cento in più se ne sono rimasti a casa. In generale più di mezza Europa è rimasta lontana dal seggio. Sotto questo profilo la Sardegna è la regione più erupea d’Italia: neanche il 50% dei sardi si è recato ale urne, segno che l’alternativa Capppellaci-Soru terrorizza o lascia indifferenti la maggior parte degli elettori. Comunque Pd (35%) e PRC (quasi 5%) meglio che su scala nazionale. 
Che dire, a caldo, del risultato? Silvio Berlusconi, nel suo delirio di onnipotenza, “ci ha messo la faccia”, presentandosi candidato in tutte le circoscrizioni, e ce l’ha persa. Voleva il 40% ed oltre, perde consensi rispetto alle politiche. Forte il calo del Pd, che perde poco meno di sette punti rispetto alle politiche e si assesta intorno al 27%, un risultato negativo ma non una disfatta, considerando che questa volta i radicali si sono presentati con proprie liste raccogliendo circa il 3%.
Nel centrosinistra, l’Italia dei Valori ha intercettato la voglia di opposizione dura di un’ampia fetta di elettori e si attesta infatti all’8%, quasi il doppio del 2008 (4,4%). Insomma, basta un Di Pietro qualunque a far meglio di Ferrero-Di Liberto e Vendola-Fava messi insieme. La banda dei quattro è riuscita nella nobile impresa di far fuori la sinistra italiana anche dal Parlamento europeo. Non c’era riuscito neppure il fascismo! E neanche la DC! Chissà se questa volta uniti ce l’avrebbero fatta a superare la fatidica soglia del 4%. Certo è che, sulla carta, se si fossero presentate insieme, le due liste di sinistra avrebbero raggiunto il 6,5%, superando ampiamente la soglia di sbarramento. Ma forse sarebbero andate anche oltre, posto che ciascuno di noi conosce elettori di sinistra, che hanno votato PD per non disperdere voti e far diga contro Berlusconi. Ve l’immaginate quale effetto dirompente e moltiplicatore avrebbe avuto un 10% alle europee per le sinistre italiane unite? Un nuovo inizio. Ci vuole molto a capirlo? Pensate che, mentre noi siamo con la faccia in terra, gioisce perfino l’Udc di Pier Ferdinando Casini! Da solo,fuori dagli schieramenti, ma facendo opposizione al governo Berlusconi ha ottenuto un risultato migliore di quello delle politiche, intorno al 6,6%.
Non ci sollevano l’umore neppure i risultati dall’Europa, dove crollano le sinistre e la disaffezione alle urne è preoccupante, col miserrimo 43% dei votanti.
Tornando alla sinistra italiana, vien da dire, se non ora quando se ne vanno a casa i dirigenti. Quale miglior segnale della loro insipienza, frutto di superegotismo fatto di un simbolismo fermo più o meno al 1921, e comunque ad un passato morto e sepolto. Si è convinto ora Di Liberto (nel PCI non faceva parte neppure della Direzione federale di Cagliari) che non basta la falce e martello a fare il quorum? E Ferrero ha finalmente realizzato che la parola “comunismo” non è di per sé segno di opposizione intrasigente. E’ più credibile come oppositore perfino Di Pietro! E Vendola e Fava, che pure si sono posti nell’ottica di un rinnovamento dell’armamentario della sinistra, hanno capito o no che la semplice abiura del comunismo non sfonda. Ci vuole unità e sopratutto tanto paziente lavoro di ricostruzione dal basso, una immersione nel sociale, partendo da un battaglia democratica coerente in difesa della democrazia formale (la Costituzione) e sostanziale (difesa del lavoro e rilancio della lotta pereuativa ed egualitaria). Se si pensa che in Sardegna i vendoliani e i faviani sono stati i servi sciocchi di Soru anche nella battaglia sulla Statutaria, ci rendiamo conto in quale voragine di subalternità e opportunismo (in cambio di qualche posto di governo e sottogoverno) sono precipitati. Il che spiega il misero risultato raccolto (meno del 3%). Mentre i ferreriani sardi hanno ben meritato sul fronte della difesa degli spazi democratici contro l’uomo solo al comando e il voto li ha premiati (oltre il 4%), anche se rimangono prigionieri di un’ottica fortemente minoritaria e puramente movimentista.
Ora è indifferibile quella rifondazione della sinistra tante volte predicata solo come slogan di facciata. A questo punto, bisogna riporre nell’armadio la toga di Cogodi (che ha portato voti alla concorrenza e li ha fatti perdere alla sua lista) e lasciar libero il bel gatto della Hack. Occorre rimmettersi in discussione tutti, facendo largo a nuovi gruppi dirigenti. Noi “più grandi” possiamo aiutare non pretendendo anacronistici protagonismi, stando, più che dietro le quinte, in platea. Ma c’è poco da sperare. Forse per noi della sinistra fuori dalle sigle (salva qualche valutazione pratica contingente) si è aperta una stagione di perpetuo astensionismo elettorale, paradossalmente accompagnato da un più intenso impegno culturale. Una condizione dura, intollerabile, che nessuna delle più pessimistiche previsioni, fino a qualche anno fà, lasciavano intravedere. Ma forse, visto anche il risultato europeo, il peggio deve ancora arrivare. E dire che oggi ricorre il 25° della morte di Berlinguer, come ci ricorda con passione Carlo Dore  jr. più sotto.  Morto e sepolto anche nelle idee.

4 commenti

  • 1 Sergio Ravaioli
    8 Giugno 2009 - 07:47

    Più che per l’ astensionismo elettorale, propenderei per il pragmatismo elettorale. E cioè, come sostiene Scalfari, imparare a votare per il meno peggio!
    OK circa lo stare in platea (contrapposto al voler stare sul palco) e l’impegno culturale!

  • 2 Massimo Marini
    8 Giugno 2009 - 07:51

    Condivido in pieno l’analisi sullo stato della Sinistra e sulle ragioni della disfatta. Ci si lamenta spesso, io per primo, della dirigenza PD incapace di aprirsi e comprendere la propria base progressista, ma a Sinistra c’è una dirigenza incapace di comprendere la realtà, il Paese. Quanto al voto, io vorrei sottolineare, anche se sarebbe il caso di analizzare poi le preferenze, come la vera sconfitta sia in realtà Forza Italia. Se infatti per AN non c’è ragione di pensare ad una flessione di voto, sia per l’azione di governo portata avanti che per la mancanza di alternative a destra, i punti che mancano alla coalizione/partito PDL dovrebbero essere tutti quelli dei non militanti che in passato hanno votato per Forza Italia. Sarebbe un segnale interessante. Ma questo lo capiremo solo nelle prossime ore. Sarà interessante vedere anche come il PD ha tenuto in Sardegna. Per ora la circoscrizione Isole è la seconda peggiore, dopo il Nord-Ovest, ma ovviamente c’è la Sicilia di mezzo.

  • 3 francesco cocco
    8 Giugno 2009 - 07:54

    Caro Direttore, parlare della “banda dei quattro” è un giudizio sbrigativo ed ingiusto. Credo vada distinto chi cerca di portare avanti il fardello di un antico impegno da chi ha operato l’ennesima scissione. La divisione è uno dei mali storici della sinistra e lo è pure lo smisurato egocentrismo dei suoi leaders. Le forze sparpagliate senza una direzione unitaria testimoniano di un potenziale in campo di grande potenzialità. E’ però necessario ritrovare certa dedizione disinteressata che fece crescere la sinistra nei prrimi decenni del Novecento e subito dopo la seconda guerra mondiale.Naturalmente tutto questo nella consapevolezza che ormai siamo nel terzo millennio e non basta richiamarsi alla simbologia del passato ma occorre evidenziare nuovi contenuti e nuove forme.

  • 4 Gianluca Scroccu
    8 Giugno 2009 - 10:05

    Francesco coglie il punto. Il rpoblema è costruire un alfabeto nuovo della sinistra, discorso che vale anche per l’Europa visto il risultato dei socialisti, giunti alla crisi economica senza autorevolezza. Io continuo a sottolineare che è necessario ripartire dal territorio e dal nesso partecipazione-democrazia interna e guardare a quello che accade nel mondo, ad iniziare dagli Stati Uniti, che con Obama si stanno “europeizzando”, mentre l’Europa riscopre fantasmi visti nel post 1929.

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