Intrecci di vita e di lavoro nel racconto dei protagonisti/e

10 Marzo 2022
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Rosamaria Maggio

Intrecci di vita e di lavoro
del Gruppo biografe volontarie “storie di memorie”
Ed. LiberEta’

Nella giornata internazionale della donna, un lavoro di donne con donne, ma non solo, riallaccia storie di persone e di lavoro: intrecci appunto, come i nostri cestini ad intreccio in Sardegna. E come nell’intreccio delle nostre erbe palustri, il giunco, la palma nana, l’asfodelo, le amiche Rita, Elvira, Luisa, Efisia, Bernarda, Cenzina, Silvia, Vannina e Paola, hanno intrecciato racconti.
L’importanza di questo lavoro voluto dallo Spi-Cgil di Cagliari è insito anche nell’ originalità del partire dal racconto orale de* protagonist*, riuscendo a mantenere il ritmo dell’oralità anche nella trasposizione scritta, nella quale non è stato tradito il ritmo, pur nel rispetto dei codici linguistici.
La lettura è quindi scorrevole e pare di essere presenti durante le singole interviste.
Ogni intervista è ricca di esperienza di lavoro e di vita ma, per non anticipare troppo al lettore, mi soffermerò solo su alcune.
Fra tutte ne scelgo due: l’intervista a Pina B. e quella a Teresa P.
Pina è la cara Pina Brizzi, che è mancata di recente e che al momento dell’intervista aveva 92 anni.
Dei suoi ricordi è palese il clima antifascista in cui è cresciuta: i suoi avevano chiesto alla scuola che Pina non facesse educazione fisica perché di debole costituzione. Pina non capiva il perché di quell’esonero; lei non si sentiva affatto di debole costituzione. Ma poi il padre le spiegò che se voleva essere figlia sua e non del Duce, divise non ne doveva portare.
Racconta di come, dopo l’armistizio, diede rifugio a dei soldati italiani, nascondendoli in casa e vestendoli da civili. Viveva ancora a Carrara. Racconta del periodo in cui fa la staffetta partigiana. Dei pericoli corsi, di quando veniva ricercata dai tedeschi, di come è riuscita a salvarsi. Poi, dopo la liberazione, è iniziata la sua militanza nel partito comunista, il suo impegno come funzionaria di partito dopo il diploma. Fu inviata in Sardegna per lavorare nel partito, dove incontra il marito. Racconta della nascita delle figlie, delle occupazioni delle terre, del sacrificio di stare lontana dalle bambine per continuare l’impegno politico col marito, della partenza per la Germania dove ha lavorato per una radio che trasmetteva in lingua italiana, dell’impegno radiofonico per gli emigrati italiani, del rientro a Roma e poi a Cagliari dove ha creato la Federazione migranti sardi. Negli ultimi anni si è impegnata nel Comitato a difesa della Costituzione, ha costituito l’Anpi locale e si è dedicata fino agli ultimi suoi giorni ad andare nelle scuole a parlare con gli studenti medi e superiori per raccontare che cosa è stato il fascismo.
Diversa è la storia di Teresa P.
Non solo, a differenza di Pina, non è stata mandata a scuola, ma addirittura venne mandata a fare la bambinaia e la donna di servizio a 6 anni. Come lei, anche la sorellina. La madre era rimasta vedova e Teresa dice di essere stata buttata fuori di casa che non conosceva ancora i numeri e non sapeva leggere l’orologio. Storie diverse, Teresa del ’41, Pina del ’25, storie di dolore ma anche di diverse opportunità, la famiglia e la scuola segnano questa profonda differenza.
Teresa ha visto suo padre di 35 anni, morire ma senza averne coscienza.
Ha subito la violenza del padrone di casa dove lavorava, e il ricordo di quei fatti le provoca ancora sofferenza. Si è sposata, ha avuto cinque figlie ma questo trauma non lo ha mai superato.
Sua madre si era risposata con uno che Teresa definisce selvaggio. Viene sempre mandata a lavorare come domestica e viene anche picchiata da una padrona.
Quando si sposa il marito vuole risparmiare per costruire la casa. Lavora anche lei e costruiscono la casa. Lui vuole risparmiare molto, lei vuole accontentare ogni tanto le figlie perché nella sua infanzia è stata privata di tutto. Aiuta la famiglia lavorando in un caseificio. Poi scopre di avere un tumore. Si cura e fa la chemioterapia. È un periodo difficile. Supera la malattia. Le rimane il grande desiderio di imparare a leggere e scrivere. Se fosse possibile andrebbe a scuola.
Non può leggere le fiabe ai nipotini che le chiedono perché non sia andata a scuola.
Lei risponde che non la hanno mandata e loro ribattono: Beata te, nonna!!!
Il libro si sofferma sulla condizione di tanti giovani mandati precocemente a lavorare e sottratti al percorso scolastico.
Offre uno sguardo sullo sviluppo economico della nostra isola, sulla coscienza politica e sindacale della classe lavoratrice.
Si sofferma su attività imprenditoriali che portavano occupazione e ricchezza nell’isola, tutte esperienze naufragate per l’inadeguatezza della classe politica nazionale e regionale, incapace di avere uno sguardo lungo sul mondo globalizzato che si avvicinava e sulla istruzione dei giovani.
Attraverso i racconti personali si comprende la storia dello sviluppo economico mancato di questa terra, molto vandalizzata e sfruttata.

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