Andrea Pubusa
Il presidente della Consulta Giuliano Amato
La Corte costituzionale ha dichiarato l’ammissibilità dei referendum, dando il «via libera» al voto dei cittadini sulla eventuale abrogazione di alcune leggi. Cosa dovranno decidere gli elettori con un sì o u no? Se è meglio cancellare o mantenere la decadenza e l’incandidabilità per i parlamentari e gli amministratori locali condannati, uno dei presupposti per la carcerazione preventiva, i criteri per tenere distinte le funzioni di pubblico ministero da quelle di giudice e la soglia minima di sostenitori per i candidati al Consiglio superiore della magistratura. Invece sulla liberalizzazione delle droghe il referendum non è stato ammesso e neanche sul suicidio di consenziente.
Che dire?
Son sempre stato favorevole al referenduma e alla partecipazione popolare, ma non mi sfugge che la democrazia funziona sopratutto quando ha dei buoni parlamenti, ossia un sistema politico forte e serio. Anche perché non tutte le questioni si prestano alla risposta secca (sì-no) del referendum; molte questioni sono complesse, molto complesse e le discipline giuste non possono che essere articolate e venire da un dibattito pubblico serio e da discussioni parlamentari approfondite e intellettualmente oneste.
Prendete la fine vita, stringe il cuore a pensare che chi soffre in modo indicibile e senza speranza non possa decidere di farla finita con dignità e senza sofferenze. Tuttavia la morte, non mette fine solo a una vita. Dietro il deceduto ci sono spesso delicate situazioni successorie, l’ammalato può essere assistito da familiari amorosi, disinteressati e saggi, ma spesso è circondato da malandrini. Una persona in fin di vita è debole, non ha una volontà libera, può essere vittima di tanti raggiri. La fine vita è una cosa che va decisa senza forzature nell’interessse del malato, ma anche di chi gli sta attorno. Come si fa a decidere con un sì o un no? Si ricordi poi che l’articolo di legge sottoposto a referendum è il suicidio di consenziente, ipotesi più ampia del fine vita assistito. In questa vicenda non è la Consulta l’imputato, ma il Parlamento, che non si assume le proprie responsabilità. Questa è la verità, che rafforza anziché smorzare la rabbia per la disciplina attuaòe.
Per le droghe, idem come sopra. La complessità richiede una delibera legislativa delle Camere. Non è libertà da click, da sì o no.
Scandaloso, sul piano morale, il referendum che vuol candidare perfino i mafiosi. Ma chi ricopre le cariche pubbliche non deve farlo con onore e disciplina? Che c’entrano condannati e mafiosi? Certo esistono anche condannati per i blocchi stradali davanti alla fabbriche in scopero. E questi non recano certo disdoro alle istituzioni, anzi!. Ma anche questa è questione che non può risolversi con l’accetta, ci vuole un voto sulla base di ponderate distinzioni fra ciò che è immorale e illecito e ciò che è illecito, ma non contrastante con l’etica. Messa così, la proposta presenta profili di estrema gravità.
Idem per la carcerazione preventiva. Non è questione da “liberi tutti”. Ci vuole una disciplina articolata, che solo un parlamento rigoroso e giusto può dare. Tendenzialmente la carcerazione va limitata, ma il senso di giustixia non consente un buonismo di principio, anche perché la mancana di pena nei delitti gravi, chiama la vedetta. Avete visto l’altro giorno? Un assassino che ha scontato solo pochi anni e ora era in semilibertà, ai domiciliari, è stato a sua volta assassinato. sottocasa Vendetta privata per mancanza di giustizia pubblica. Questione complessa, in cui si nota spesso un deficit di buon senso dei magistrati. Le leggi non possono dare il raziocinio a chi non ce l’ha o far capire i casi della vita a chi non ha mai vissuto.
Per le separazione delle carriere, la questione non è solo legislativa. L’indipendenza, quando ci sono le garanzie, è questione che attiene al rigore del magistrato. La legge può aiutare, ma non risolve. Chi fa pastette, le fa sempre in frode alla legge, separazione delle carriere o no.
Sulla responsabilità dei magistrati, la possibilità di chiedere il risarcimento direttamente al giudice è volta più a punirli e a intimidirli che a ottenere un giusto risarcimento. Questo del resto è possibile anche oggi, chiamando in giudizio lo Stato. Il giudice paga solo indirettamente secondo le regole della responsabilità per danno erariale, ossia per le somme sborsate dallo Stato a causa della condotta del magistrato. Ci vuole, però, dolo o colpa grave, ossia una grave negligenza o cattiva interpretazione della legge. La colpa non basta. Del resto, se esistono molte interpretazioni accreditate e un magistrato ne seglie una, perché dev’essere incolpato? La responsabilità però non è solo quella penale e civile. C’è anche quella disciplinare, e certo un magistrato che sbaglia molto è meglio mandarlo a casa o adibirlo a funzioni burocratiche, dove non può far male. Ma, se applichiamo con rigore queste regole disciplinari, quanti magistrati dovrebbe essere messi da parte? Meglio lasciar perdere. La risposta è nel vento…
Son questioni importanti. Ne riparliamo.
1 commento
1 Aladinpensiero
17 Febbraio 2022 - 11:39
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=130981
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