Mozart non poteva nascere in Sardegna!

7 Giugno 2009
2 Commenti


Sergio Ravaioli

E Marchionne neppure.
Tesi (non nuova): una regione asservita esprime una dirigenza gregaria, la cui qualità più apprezzata è la fedeltà al capo. In questo contesto la qualità non può essere di casa, in nessun campo.
Lo schema che oggi voglio seguire per dimostrare la tesi è quello presentato da uno psicologo americano, tale Malcom Gladwell in un libro (pervenutomi attraverso il solito canale familiare) non ancora tradotto in italiano: “Outliers” che potrebbe essere tradotto con “Emergenti”.
Gladwell dà per scontato che le persone di successo debbano aver un particolare talento personale, ma si chiede: perché non tutte le persone che hanno talento riscuotono successo? Da buon americano passa in rassegna diverse storie personali, con tanto di nome e cognome (alcuni dei quali a noi sconosciuti) e fa emergere la sua tesi quasi come fosse una verità statistica, così riassumibile: le persone di successo hanno avuto la fortuna di spendere il proprio talento al momento giusto nell’ambiente giusto, il che ha consentito loro, con un leggero anticipo rispetto al resto del mondo, di esercitarsi a lungo in un settore, in una tecnologia, che di lì a breve si è sarebbe rivelata vincente.
Secondo Gladwell per diventare eccellenti in qualche cosa bisogna dedicarvi circa 10.000 ore di praticantato (… con buona pace del “nuovismo”) e questa possibilità viene offerta, in anticipo rispetto ad altri, a chi si trova a vivere in quel particolare momento, avendo l’età giusta, nel contesto ove quel praticantato è possibile. Mozart a Vienna e Venezia, Marchionne a Toronto, Bill Gates a Seattle. Nella storia dell’umanità (… come concepita negli USA, e cioè grosso modo a partire dal 1783 dopo Cristo - ndr) il 20% delle persone più ricche provengono da una singola generazione in un singolo paese. Esempio: Bill Gates, nato nel 1955, è affiancato da Steve Jobs (1955) Paul Allen (1953) Steve Ballmer (1956). Tutti dotati di talento, poterono svolgere le loro 10.000 ore di pratica (3-4 anni) presso università e biblioteche della West Coast USA nel momento della loro vita in cui erano alla ricerca della strada da seguire e nel momento in cui l’informatica abbandonava le schede perforate per diventare la rivoluzione tecnologica di massa che oggi conosciamo.
Al di là dello schematismo, che un po’ ci fa arricciare il naso, l’osservazione sembra valida e facilmente estendibile ad altre storie di successo. Il genio individuale deve combinarsi con un po’ di fortuna, con l’intelligenza pratica ed essere in sintonia con il proprio ambiente. Quest’ultimo aspetto è quello che credo ci interessi di più, e tra i diversi esempi di correlazione tra influenze sociali e azioni individuali, la notazione che più ho apprezzato è la seguente.
Le culture nazionali si differenziano in numerosi aspetti, per esempio rispetto all’ “Indice di Distanza dal Potere”. Quanto più una cultura “valuta ed apprezza l’autorità” tanto meno è probabile che i suoi componenti contraddicano i propri superiori o riferiscano informazioni sgradite, quali l’ imminenza di un pericolo. Le culture differiscono anche rispetto alla valutazione che viene data all’indipendenza dei singoli: alcune privilegiano l’individualismo, altre il rispetto della gerarchia e l’adesione ai valori di gruppo. Indubbiamente per produrre innovazione l’ambiente del primo tipo è più favorevole. Gladwell presenta la Korea come esempio del secondo tipo. Io ci aggiungerei il Giappone e come esempio di ambiente straordinariamente innovativo proporrei la Repubblica di Firenze agli inizi del XV secolo, politicamente incasinatissima eppure capace di affidare ad un visionario come Filippo Brunelleschi la costruzione della cupola di S.Maria del Fiore.
E in Sardegna?
L’ “Indice di Distanza dal Potere” non ci lascia ben sperare. Che il potere si trovi a Barcellona, a Madrid, a Torino o a Roma, la qualità più apprezzata è sempre il rispetto della gerarchia e l’adesione ai valori dominanti nella capitale. L’innovazione è considerata ribellismo o apostasia e il solo praticantato esercitabile per 10.000 ore, ma anche 100.000, è quello di portaborse o addetto alle vendite.
La vedo brutta!

2 commenti

  • 1 Enea Dessì
    7 Giugno 2009 - 19:34

    Importanti considerazioni e invito a guardare il dicorso di Steve Jobs (reperibile su you tube) per la sua laurea honoris causa. Ne Jobs e neanche Bill Gates si sono mai laureati e neppure migliaia di artigiani del nord-est che col loro talento e la loro creatività hanno contribuito a tanta tecnica e innovazione del tessuto produttivo di questa italica area. Ha influito l’ambiente in cui hanno operato? Io ne sono sicuro così come sono sicuro che uno dei mali che affliggono il meridione d’Italia e la Sardegna sia stata la cancrena dell’assistenzialismo e dello statalismo a tutti i costi. Per dirla in breve preferirei 700 bravi piccoli agricoltori sostenuti nel reddito quando non ce la fanno che 700 minatori della Carbosulcis completamente inutili e inutilizzati se non per timbrare cartellini.

  • 2 erasmus
    9 Giugno 2009 - 02:35

    Devo precisare che noi Sardi siamo anche autole sionisti. Mi riferisco a chi accetta di far devastare il territorio senza apparenti benefici, se poi volano bustarelle non lo voglio neanche sapere.
    Il comune di Muros aveva accettato la concessione della cava di caolino, poi, nonstante le proteste di gran parte della popolazione la stava triplicando.
    Perchè giudico l’oprazione autolesionistica? Perchè ben misero beneficio ne veniva alla popolazione, due
    o tre buste paga per pochi anni conro la devastazio
    ne del territorio.
    Avrei capito l’apertura a Muros di una scuola d’arte
    per ceramisti o la concessione di un buon numero
    di borse di studio per l’Istituto d’Arte di Sassari, con
    la risorsa caolino vincolata all’uso locale, ma così!

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