Bartolomeo Meloni tra storia e Memoria

27 Gennaio 2022
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Marco Sini

Nel Giorno della memoria rendiamo onore a un partigiano sardo morto a Dacau, ricordato nel libro di Rita Arca “Notte e nebbia a Dachau – Bartolomeo Meloni tra storia e Memoria”, Iskra ed. - Ghilarza.
Meloni veniva da una importante famiglia di Santu Lussurgiu, una delle grandi famiglie rurali nella rivolta antifeudale di Giommaria Angioy, il primo tentativo rivoluzionario in Italia contro l’Antico Regime. Fra i 700 cavalieri che accompagnavano l’Alternos verso Cagliari, c’era, insieme ad esponenti di altre famiglie lussurgesi anche Domenico Meloni, avo di Bartolemeo, a dimostrazione che la ferma e decisa adesione di Bartolomeo alla Resistenza veniva da lontano, da una lotta per la libertà dei suoi avi che attraversava i secoli (a.p.).

Conoscere e, soprattutto, raccontare le storie dei tanti sardi che sono stati partecipi di questa Grande Storia è un nostro impegno primario, e molti di loro purtroppo, non sono sopravvissuti e sono morti, chi in scontri a fuoco con i nazifascisti, chi fucilato, chi morto nei lager nazisti della deportazione, come Bartolomeo Meloni.
Ma chi erano questi sardi Resistenti?
La Sardegna non è stata interessata dalla Resistenza in senso stretto così come si è costituita e dispiegata nelle regioni dell’Italia continentale che, dopo l’8 settembre del 1943, era sotto occupazione e dominio dell’esercito tedesco, della Gestapo e delle SS.
Ciò non significa che in Sardegna non ci siano stati episodi di Resistenza o che i sardi non abbiano partecipato alla Resistenza ed alla lotta di Liberazione.
Basti pensare agli episodi de La Maddalena, di Oristano e di Macomer che hanno visto i primi scontri con i tedeschi in ritirata o con i corpi fascisti dell’esercito italiano di stanza in Sardegna.
Così come è notorio e documentato l’apporto dato dai sardi, giovani soldati e non solo, alla Resistenza e alla lotta di Liberazione dal nazifascismo.
Ma chi sono i sardi che hanno partecipato alla Resistenza e alla guerra di Liberazione? Quanti e quali nel continente italiano e all’estero? La stragrande maggioranza dei sardi che hanno partecipato alla Resistenza e alla guerra di liberazione sia nelle formazioni partigiane sia nel Corpo di Liberazione del ricostituito esercito italiano sono circa 4.000 militari sorpresi in continente dall’armistizio dell’8 Settembre del 1943 che sceglieranno di combattere contro l’esercito tedesco occupante e contro gli ausiliari repubblichini di Mussolini: tra loro, e sono tantissimi, faccio solo alcuni esempi significativi, consapevole di far torto a tantissimi altri che non posso citare per ragioni di tempo. Tra l’altro alcuni di loro sono anche citati nel libro di Rita Arca che oggi presentiamo….
Il primo esempio è Pietro Borrotzu, di Orani, fucilato dai nazisti a Chiusola (La Spezia) il 5 aprile 1944, studente e poi ufficiale dell’Esercito, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. A La Spezia un Largo porta dall’immediato opoguerra il suo nome con una lapide che lo ricorda come “martire della libertà”, a Nuoro solo pochi anni fa è stata collocata una lapide a sua Memoria di fronte alla casa dove abitò. Il cagliaritano Nino Garau, scomparso un anno fa, Comandante di una Brigata Garibaldi nel modenese, liberatore di Spilamberto prima dell’arrivo degli eserciti alleati. Il Comune di Spilamberto gli darà cittadinanza onoraria, chiavi della città, e Aula consiliare. Il monserratino Pinuccio Tinti, capo di una squadra Partigiana in Toscana, che abbiamo ascoltato per tanti anni a Cagliari nei comizi del 25 Aprile, o anche il monserratino Nello Congiu vice-comandante del GAP “Minciotti”, morto in uno
scontro con i tedeschi nel giugno del 1944 a Monte San Vito (Ancona), dove una importante via del Centro storico è a lui intitolata.
Poi ci sono quei soldati sardi che si trovavano tra le truppe italiane di occupazione in Grecia, in Albania e in Jugoslavia, che sfuggiti al giogo tedesco, si sono trasformati da invasori in liberatori di quei popoli partecipando alle Resistenze di quei paesi, come ad esempio Dario Porcheddu, fondatore e animatore dell’Unione Autonoma dei Partigiani Sardi.
Poi ancora, anche se non erano moltissimi, ci sono i Partigiani sardi che otremo definire del filone “politico”. Sono quelli e quelle, si ci sono anche donne sarde partigiane, nella resistenza romana e in quella ligure ad esempio, che provengono dall’antifascismo politico, dalle carceri e dal confino fascista o che erano sardi residenti in continente per lavoro (i più politicizzati), che dopo l’8 settembre entrano nella Resistenza e diversi di loro saranno deportati e andranno a morire nei lager nazisti. Faccio qualche esempio: il medico
Oristanese Flavio Busonera, partigiano ucciso dai fascisti nell’agosto del 1944 a Padova; o il monserratino Mario Corona, in carcere a Massa Carrara per antifascismo perché condannato dal Tribunale speciale fascista che diventa comandante partigiano in Toscana e alla testa della sua formazione libera Fucecchio prima dell’arrivo degli americani. Poi di Fucecchio nel 1975 sarà anche sindaco.
In questa casistica dei sardi partecipi della Resistenza in quanto già in continente dopo l’8 settembre o come soldati o per lavoro troviamo quelli che sono finiti nei Lager nazisti.
Tra loro il cagliaritano trapiantato a Verona Vittore Bocchetta, deceduto l’anno scorso a 102 anni, Partigiano del CNL che viene  arrestato dai nazisti e spedito al lager di Flossemburg. Altri tre sardi che rientrano in questo filone di Resistenti “politici” che saranno deportati e troveranno la morte nei lager nazisti sono Antonio Moi di Aritzo, nato nel 1902 e morto nel lager nazista di Mauthausen nel marzo del 1945 dopo essere stato Partigiano del CNL nella zona di Bovisio (Milano).
Il secondo esempio è Pietro Meloni di Sestu, emigrato in Francia, militante del Partito Comunista clandestino a Verona dal 1940, qui fa parte del CNL e viene arrestato dalle SS, finisce nel lager di Gusen dove muore nel marzo del 1945.
Il Comune di Verona gli ha conferito la “Medaglia d’oro della Resistenza”.
Il terzo dei tanti altri che cito e che rientrano in questa casistica è un altro Meloni, proprio quel Bartolomeo Meloni, il protagonista del libro di Rita Arca.
Bartolomeo Meloni, nasce a Cagliari nel 1900 da genitori di Santu Lussurgiu. Si laurea nel 1923 in Ingegneria al Politecnico di Torino e nel 1926 viene assunto a Venezia come Ispettore Generale delle Ferrovie dello Stato.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre aderisce al Partito d’Azione e entra nella Resistenza. Insieme ad altri ferrovieri sotto la sua direzione dà il via a numerose opere di sabotaggio, che avvenivano in presenza della scorta tedesca, dando impressione di svolgere il normale lavoro ferroviario.
Tali azioni erano mirate sia a danneggiare i treni usati dai soldati tedeschi, sia ad aiutare i militari italiani rimasti bloccati a Venezia con il rischio di essere catturati e deportati dai nazisti.
L’intensa attività organizzata da Meloni sarà importante per la creazione della X e XI Brigata Matteotti e garantirà un presidio partigiano nella Stazione di Santa Lucia a Venezia, che sarà occupata dai Partigiani senza danni durante le giornate dell’insurrezione. Del ruolo di Meloni nella resistenza veneta da conto, come scrive Rita Arca, il capo riconosciuto della Resistenza veneta delle formazioni Partigiane Gielliste del Partito D’Azione, Silvio Trentin che esalta Meloni come suo Magnifico Collaboratore in una lettera a Lussu. Nel libro di Rita ci sono tanti riferimenti a questo filone giellista e azionista della Resistenza veneta grazie ai contributi che ha ricercato direttamente anche con protagonisti e studiosi di quella Resistenza come l’avv. Renzo Biondo che le ha fornito informazioni e notizie su Bartolomeo Meloni con il quale aveva collaborato e anche su altri sardi, tra i quali il partigiano monserratino Giuseppe Zuddas nome di battaglia “Caino” (un altro Giuseppe Zuddas monserratino omonimo di quello caduto nella guerra civile spagnola).
Ma l’attività di sabotaggio di Meloni era fin troppo esplicita e talvolta non era accompagnata dalla necessaria cautela. Purtroppo ciò aveva attirato l’attenzione della Gestapo e Bartolomeo Meloni viene catturato. Il 4 ottobre 1943 viene rinchiuso nel carcere di Santa Maria Maggiore e successivamente viene deportato a Dachau, dove arriva il primo di marzo del 1944, numero di matricola 64724, classificazione Schutz-Halfling (letteralmente Triangolo osso in fermo protettivo), la stessa classificazione che nello stesso Lager
venne attribuita a tanti altri sardi, tra questi, col numero di matricola 126512 c’era anche il mio prozio Virgilio Sini, che lì muore il 3 gennaio 1945.
Bartolomeo Meloni da Dachau viene trasferito a Flossemburg per poi far rientro a Dachau dove muore il 10 luglio del 1944.
Io non entro nel merito del libro che lascio al Prof. Lecis e a Rita ma voglio sottolineare l’importanza e il merito della ricerca di Rita perché colloca la vicenda umana e politico-resistenziale di Bartolomeo Meloni nel contesto storico politico di quella fase storica con numerosi richiami sia nel testo che nelle note a piè di pagina, che vanno lette per intero, descrivendo quel postaccio quale è stato il Lager di Dachau con le violenze, i soprusi e l’opera di annientamento nazista nei confronti degli internati. Inoltre Rita descrive con
grande partecipazione la vicenda umana e familiare di Bartolomeo Meloni legandola a filo doppio a Santu Lussurgiu, dove a Bartolomeo Meloni è dedicata una grande Piazza e in quel Comune numerose sono state le iniziative che lo hanno ricordato, l’ultima nel gennaio di due anni fa con Rita Arca e con lo storico Simone Sechi, un caro amico venuto a mancare poco più di un anno fa.
L’ANPI di Cagliari, su indicazione di tutte le Associazioni partigiane, promotrici della campagna per la Memoria dei Resistenti ha formalmente inoltrato al Sindaco e al Consiglio Comunale di Cagliari la richiesta per intitolare una via a Bartolomeo Meloni.

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