Carbonia 1948. 18 aprile, trionfo della Democrazia Cristiana. Nella città mineraria il 55,% al Fronte popolare. Il Sulcis elegge Giuseppe Cavallera

19 Dicembre 2021
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Gianna Lai

Continua la storia di Carbonia (ieri 83° dalla fondazione) a puntate domenicali, la prima il 1° settembre 2019.

Carbonia elegge Giuseppe Cavallera, Velio Spano è senatore di diritto per le persecuzioni subite e gli anni  trascorsi nelle carceri fasciste. Alla Camera, Nadia Gallico Spano e Renzo Laconi.
La durezza dello scontro ha visto una partecipazione massiccia di elettori alle urne, oltre il 92% delle italiane e degli italiani si reca a votare, ricorda Francesco Barbagallo e le elezioni segnano il trionfo della  DC che, col 48,5%  dei voti, conquista, grazie al premio elettorale, la maggioranza assoluta alla Camera. Sconfitto il Fronte, che raccoglie il 31% dei voti, emarginati i partiti minori, presidente  della Repubblica è il liberale Luigi Einaudi,  a segnare  la liquidazione del processo di Resistenza in Italia,  mentre il quinto governo De Gasperi si insedia di lì appresso, in data  23 maggio 1948.
Così in Sardegna. Dice il professor Girolamo Sotgiu,  “Le elezioni del 18 aprile 1948 confermano, rafforzandola, l’egemonia della DC che conquistò la maggioranza assoluta 51,9% dei voti,  sconfiggendo duramente il Fronte democratico popolare PCI-PSI, che ottenne solo il 20,29% dei voti, mentre il Partito sardo d’azione, con un calo di quasi 4 punti, scese al 10,25%”. E poi, “nell’ambito del Fronte, una prevalenza dei comunisti sui socialisti”, mentre la nuova Consulta regionale risultò formata da “14 consultori democristiani, 2 sardisti, 3 comunisti, 2 socialisti, tra i partiti maggiori”: la rappresentanza,  cioè, alla luce della nuova maggioranza di governo.
E invia i dati la prefettura, gioiosa meraviglia per l’affermazione della DC oltre il prevedibile, poco tenero il commento nei confronti degli sconfitti: “L’affermazione della DC già  prevista, ma non nelle proporzioni risultanti dall’esito, Segni il più votato. Immutate le condizioni del Fronte Popolare, con prevalenza del PCI, cui appartengono i tre deputati eletti,  …in declino il Psd’az; la DC elegge nove deputati e tre senatori,  il Fronte  popolare tre deputati e un senatore. Completo insuccesso di Unità socialista e del suo candidato onorevole Corsi”. E, nella stessa Relazione, la questura il 26 aprile: “La lotta ha assunto carattere specialissimo, in difesa della libertà contro il totalitarismo, del cittadino contro la dittatura”, atta a impedire “la  formazione e il conseguente predominio di correnti dittatoriali e illiberali”, frutto di una “maggioranza delle correnti estremiste che avrebbero potuto, se vittoriose, sovvertire i valori morali e spirituali dell’intera nazione…..Per il collegio delle tre province… sarde, sei senatori, quattordici deputati, la  Dc il più forte partito di massa”.
Non così a Carbonia, dove il Fronte del popolo ottiene il 55,8% dei voti,  la Democrazia Cristiana il 23,5%, il Partito sardo d’azione il 7,3% , cioè, come  specifica lo storico Antonello Mattone, riferendo l’esito del voto in città, “su 18.155 votanti, il Fronte conquista 10.135 voti, mentre la DC ne ottiene 4.274″
Ma perché  vincono le sinistre nel Sulcis? A niente valgono le pressioni della stessa azienda, Corsi presidente e Chieffi amministratore delegato SMCS, due candidati fieramente anticomunisti, rispettivamente per Unità socialista e per la DC. Né le pressioni di una campagna democristiana imperniata sulla promessa di finanziamenti per miliardi da destinare a Carbonia, dice l’Unità del 17 giugno 1948 “a scopo prettamente elettorale”.    Il movimento dei lavoratori  aderisce e corrisponde a un pensiero di sinistra, da cui  trae alimento, sostegno e protezione politica: comunisti, socialisti e sindacato difendono l’unità degli operai e si impegnano a rafforzarne i rapporti col territorio e col resto  della penisola, forme nuove di socializzazione molto aggreganti,  il consenso costruito dapertutto su queste basi. Si è sempre piuttosto sentito respinto dalla Dc, il movimento, che non  svolge affatto, a Carbonia, la sua funzione di partito di massa, né riesce a mettere in campo dirigenti dotati di particolari qualità e carattere. Se a lagnarsene, per ragioni ovviamente opposte rispetto alle esigenze dei sulcitani, è lo stesso prefetto, come vedremo, quando sollecita un intervento dalla direzione tale da imporre personalità in grado di tenere testa ai “comunisti” cittadini.
E che paura, a Carbonia, per le rivelazioni di un piano K insurrezionale comunista  e che paura per  la minaccia  dei soviet, se pensiamo alla familiarità dell’uso del termine, nel linguaggio politico e sindacale: consiglio, a tradurre dal russo in italiano il termine soviet!  La paura su cui  i democristiani imperniano la campagna anche in Sardegna, e che caratterizza il voto del 18 aprile  nell’elettorato conservatore e moderato sulla possibile vittoria del Fronte popolare e la discesa dei Soviet e l’attacco alla proprietà privata: qui  non fanno paura “i senza dio”, la Chiesa e la curia e i comitati civici e diocesani e parrochiali, sempre duramente all’attacco in città, fin dopo il 25 aprile. E ancora adesso, in piena guerra fredda, a sollecitare e a sostenere una DC identificata invece dal movimento, come  forza politica filoamericana, che ha cacciato dal governo i comunisti. Perché si tratterebbe, perdendo le elezioni il partito di De Gasperi, di perdere insieme, se non proprio le fatidiche catene di Marx,  un bel pò delle  manganellate e dei lagrimogeni di quel governo, solitamente avezzo a trattare così, in città, i minatori che scioperano o le donne che protestano contro la mancata distribuzione delle razioni alimentari.  Semmai  fanno  più paura gli americani, per averli già visti all’opera in miniera, dal 1943 al 1945, e che ora invadono i porti italiani con il loro carbone: la battaglia sui Consigli di gestione è stata in tal senso emblematica, portando gli operai  ad affiancare le lotte del movimento nazionale e a mettere in chiaro come i meccanismi del mercato interferiscano fortemente con la politica. Nella stessa direzione  hanno lavorato, sempre in quei mesi, i dirigenti di partito e del sindacato e, pur se non a fianco del sindacato, gli studiosi del tempo, dal professor Mario Carta al professor Mario Levi. E poi  taluni tecnici stessi della SMCS, l’ingegner Taddei e l’ingegner Zonza. Fin da subito la Camera del lavoro, che  ora ai primi gruppi di operai licenziati, e direttamente organizzati nella sua sede cittadina per l’estero, garantisce riferimenti e collocazione precisa  nei centri minerari di arrivo. E’ una esperienza che porta a conoscere gli altri luoghi della produzione, già  fraterni i rapporti sopratutto con  Ribolla, miniera di lignite della Montedison, in Toscana, sempre attraverso le rispettive Camere del lavoro e le Federazioni dei minatori, tutti fortemente impegnati, il 18 aprile, a fianco delle sinistre. E a  conoscere le  miniere francesi, belghe e tedesche, il futuro, per molti minatori di Carbonia, pur se di non lunga durata, a causa della ristrutturazione a livello europeo che già comincia a intravvedersi. Lo sguardo rivolto sempre  a quelle ancora più lontane, inglesi, polacche, americane, così determinanti nel quadro internazionale del mercato,  perfino quando pure basta  una semplice variazioni dei livelli produttivi, una protesta o uno sciopero degli operai, a compromettere  i normali rifornimenti di combustibile, a farne oscillare i prezzi  in tutto il mondo.

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