Pietro Casula
Caro Pubusa,
oggi siamo ostaggi del lavoro e dell’occupazione a danno della salute, qualità e aspettative di vita. Ci siamo fatti espropriare il futuro per una promessa di posti di lavoro, incrementando lo scempio ecologico e territoriale, smantellando la nostra identità. Comincio a pensare che il degrado, in Sardegna, venga percepito come naturale. La cronaca di questi giorni non lascia spazio molto spazio ad altre conclusioni. La sinistra non sa che pesci prendere ed è ” in cerca d’autore”. La stampa isolana strombeggia un giorno sí e l’altro pure dei grandi successi raggiunti della giunta Solinas, glorificando il pareggio di bilancio come miracolo economico, dimenticando di dire che il pareggio è stato possibile semplicemente perché i soldi previsti per i progetti non sono stati spesi! Sai che capolavoro! La cronaca anche ieri elogiava il governo a tiratura leghista per i 375 milioni di euro di contributi in agricoltura, cosa mai accaduta prima, a dir loro. Balle pre-confezionate e nessun miracolo di Solinas e la sua Giunta in quanto altro non sono che pagamenti dovuti e che avvengono in automatico, senza cioè alcuno sforzo organizzativo. Sono semplicemente i pagamenti per le cosidette misure a superficie o a capo.
Nessun miracolo.E poi si scrive, si parla di energia, di sole, di vento, di lavoro e di nuova occupazione e di transizione ecologica, si parla troppo e non si conclude mai. Siamo seri:
Una buona politica ambientale è tutt’altra cosa
“Sardegna quasi un continente”;titola cosí la recensione di un periodico illustrato, dove si racconta un viaggio immerso nella storia millenaria della nostra Isola, dei suoi Giganti di Mont’e Prama, dei suoi Nuraghi, del suo mare cristallino, delle sue spiagge, foreste, di un’isola popolata da centenari, di un luogo magnifico, selvaggio e fiabesco. L’immagine di un’isoöa felice e incontaminata, ma che purtroppo non corrisponde pienamente alla realtà.
Viviamo in uno stato incompleto di sviluppo, di formazione, totalmente alla mercé di una politica depravata e senza pudore, fatta propria dalle lobby e decisamente disinteressata alla salute dei cittadini.
La Sardegna non è in grado di dare lavoro e reddito ai suoi abitanti, o meglio, potrebbe, ma la mentalità, il sistema dei favoritismi non permette di svegliarci dal torpore pseudo consumistico nel quale siamo stati abituati a vivere, non permette alternative. Prima erano solo i giovani, decine di migliaia di giovani, molti altamente qualificati, costretti a emigrare alla ricerca di un’opportunità di crescita, per un futuro migliore. Oggi l’età non è più un parametro e tanti protestano, combattono alla ricerca di uno strappo nel sistema - chiuso ma non di certo povero - un sistema che garantisce guadagni milionari ai colossi del rinnovabile, trascurando la comunità.
La Sardegna sta attraversando un lungo processo di desertificazione; l’acqua scarseggia (specialmente d’estate) e il verde, le foreste bruciano e sempre più centri abitati, specialmente nell’entroterra, sono desertici, privi della vitalità dei giovani che può fornire ad una comunità una espressione che si possa definire tale.
Un quadro, una realtà questa, costantemente e da anni sotto gli occhi di una “comitiva” di politici e lobby industriali sorda e cieca ai problemi reali dell’isola.
Sono gli stessi che hanno permesso e causato questo scempio ecologico, gli stessi ideatori e giubilanti del progetto di metanizzazione della Sardegna, terra coloniale di confine con il terzo mondo, ideale cornice di questo macabro incantesimo: il più grande e importante hub energetico del mediterraneo che comprende una serie di depositi di gas liquido e rispettivi rigassificatori, la costruzione della dorsale del metano e - come se questo non fosse distruttivo abbastanza - anche un centinaio di altri progetti, in attesa di approvazione, per sfruttare sole e vento, senza un chiaro piano, deturpando senza alcun freno paesaggio e ambiente con pannelli fotovoltaici e alcune centinaia di mostruose pale eoliche.
Un progetto catastrofico, sovradimensionato visto il fabbisogno sardo, che non porterebbe ai sardi nessun vantaggio economico ma sicuramente un disastro ambientale in quanto la realizzazione di tali progetti - in primis quelli relativi al gas liquido e al metano - implicano la cancellazione di ingenti aree agricole e aree boschive. Decine di ettari sacrificati per un preannunciato e ancor maggiore inquinamento delle falde acquifere ed un considerevole aumento del rischio di incendi. Ingenti risorse finanziarie, infine, che vengono offerte su un piatto d’argento a chi impunemente continua a ridurre all’osso e spolpare terre e comunità, distruggendo la vita di cittadini indifesi e calpestare famiglie lasciate nell’ignoranza, mascherando con false aspettative di benessere, quello che sarà, invece, l’arricchimento di pochi.
Una buona politica ambientale, però, è tutt’altra cosa.
La Sardegna è già adesso un disastro, un record di siti inquinati, il minimo di buon senso che dovrebbe contenere una buona politica ambientale sarebbe non aumentare i già presenti inquinamenti nelle aree interessate ( vedi per esempio Macchiareddu, Sarroch, Portovesme, Ottana, Porto Torre etc., etc.) e dare invece forza ad un progetto di bonifica e messa in sicurezza, appunto, delle zone interessate.
Per fare questo serve un deciso cambio di passo a livello politico e dirigenziale. È arrivato il momento di affiancare a risorse cosí massicce una capacità di visione e immaginazione altrettanto inedita e corposa. Ma questo cambiamento di passo - più volte annunciato - purtroppo ancora non si vede, anzi nemmeno si intravede.
All’orizzonte si vedono tanti soldi in arrivo dall’UE e il modus in cui saranno spesi sarà un’occasione sprecata perché saranno soldi spesi senza rinnovare per davvero. Di fronte a questa massiccia disponibilità di risorse continuiamo a pensare alla grande sull’onda del progresso, dell’innovazione tecnologica, del modernismo incontrollato su finanziamenti “controllati” benissimo, e in questa orgia di investimenti non ci rendiamo conto che procediamo all’indietro, sempre più indietro come i gamberi.
Intanto, ancora una volta, a dispetto dei “grandi risultati raggiunti” sventolati ai quattro venti e opere efficaci mai realizzate in materia ambientale, occupazionale a abbattimento della povertà, la nostra “comitiva” politica e imprenditoriale sente il vento freddo della protesta popolare e promette politiche tese a mitigare e adattare alla richiesta. Quanto prima si incontreranno, certamente, per dialogare e parlare. Senza scappare, ovviamente. Da che parte è la sala da pranzo?
1 commento
1 Aladinpensiero
3 Dicembre 2021 - 09:31
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=129205
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