A.P.
C’è una manifesta contraddizione tra la partecipazione alla manifestazione dei sindacati di sabato e l’affluenza alle urne. Piazza S. Giovanni piena a Roma, urne vuote per le comunali. Infatti è del 33,32% l’affluenza alle urne rilevata alle 23 per il turno di ballottaggio nei 63 Comuni chiamati al voto (il dato diffuso dal Viminale non tiene conto delle comunali in corso in Friuli Venezia Giulia). Al primo turno alla stessa ora aveva votato il 39,86%. Dunque l’affluenza in questa prima giornata di ballottaggi segnala un calo di oltre 6 punti percentuali rispetto alla chiusura della prima giornata di voto al primo turno, due settimane fa.
Si tratta di eventi diversi e dunque i raffronti sono un po’ forzati, ma si può tentare una spiegazione a questa contraddizione? Forse sì. Azzardiamo. La partecipazione alla manifestazione dei sindacati esprimeva una domanda diretta in favore dello svoluppo democratico del paese, della difesa della Costituzione che è anzitutto attuazione dei suoi principi fondamentali, lavoro anzitutto ed eguaglianza contro la compressione dei diritti dei lavoratori nei luoghi di lavoro (l’allucinante numero di morti sono la riprova dello sfruttamento feroce e senza regole) e contro l’aumento del divario sociale fra una ristretta cerchia di privilgiati e la grande massa a livelli di sussistenza o addirittura di povertà. C’è, nei movimenti democratici, una richiesta di sviluppo concreto, non parolaio, anche delle norme programmatiche della Carta e dei diritti sociali. Questo hanno detto senza intermediari i lavoratori accorsi sabato a Roma. Nelle elezioni invece l’elemento prevalente agli occhi del corpo elettorale è il dibattito rituale e fine a se stesso. Nei comuni più che partiti si contrapongono consorterie con vertici notabiliari, senza identità, candidati pronti ai cambi di casacca più che portatori di programmi. A quanti di noi è capitato di votare candidati che hanno trasportato il loro voto in gruppi e formazioni che mai e poi mai avremmo votato? Si comprende, dunque, la disaffezione, e s’intuisce che il ritorno alle urne non può essere il frutto di prediche rituali sulla democrazia, ma può fondarsi solo sulla capacità di proporre progetti e obiettivi innovativi e credibili. Ma questa appare una chimera. La delusione verso i 5 stelle ha ridato centralità al PD, un modello finora insuperato di trasformismo deteriore (pensate a Renzi), che certo non stimola la corsa alle urne. Non rimane, dunque, che esprimere la voglia di democrazia e di cambiamento nelle associazioni, nei movimenti e nelle manifestazioni, come quella di Piazza S. Giovanni. Piazza piena, urne vuote.
1 commento
1 Aladinpensiero
19 Ottobre 2021 - 09:34
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