Andrea Pubusa
Confesso anch’io, in cuor mio, penso come Mimmo Lucano: ‘Vicenda inaudita, mi aspettavo un’assoluzione’. E invece l’ex sindaco di Riace, Domenico Lucano, è stato condannato a 13 anni e due mesi di reclusione dal Tribunale di Locri. Altro elemento sorprendente, la sentenza condanna Lucano a quasi il doppio degli anni di reclusione che erano stati chiesti dalla pubblica accusa (7 anni e 11 mesi).
Lucano era imputato di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
La vicenda ha avuto molto clamore negli anni scorsi. Come si ricorderà, l’inchiesta è stata condotta dalla Procura della Repubblica di Locri, con indagini delegate alla Guardia di Finanza. Nell’ottobre del 2018 Lucano fu anche posto agli arresti domiciliari dalle fiamme gialle con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e, dopo il periodo di detenzione, fu applicato nei suoi confronti il divieto di dimora a Riace, poi revocato dal Tribunale di Locri nel settembre del 2019. Nel processo Domenico Lucano é stato difeso dagli avvocati Giuliano Pisapia ed Andrea Daqua.
“Una sentenza lunare e una condanna esorbitante che contrastano totalmente con le evidenze processuali“. E’ il commento degli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Dacqua, dopo la condanna e annunciano il ricorso in appello.
Certo, senza le motivazioni, è difficile esprimere giudizi. L’unica cosa che si può dire è che questo ha tutte le apparenze del classico caso in cui gli inquirenti e i giudici non hanno saputo legare il fatto al diritto. Molti pensano che il diritto, le norme di legge, abbiano una vita autonoma, astratta, e diano gli stessi risultati qualunque sia la vicenda cui applicarli. Ma non è così: la regola del caso concreto nasce da una connessione fra norma e fatto ed è corretta la regola che nasce da questa dialettica, sapientente sviluppata dal giudice. I giudici peggiori son quelli che magari conoscono il diritto, ma non sanno leggere i fatti, non li sanno interpretare. Per cui un santo diventa un malfattore, perché nelle sue opere di bene, ha violato o forzato quache norma, mentre il malandrino se la cava perché ha saputo compiere i suoi misfatti nel rispetto formale della legge.
Ora, la mia sensazione è che qui un buon uomo, una persona generosa, abbia, nella tensione verso il bene, verso la solidarietà e la fratellanza, commesso qualche errore nell’applicazione delle leggi, nelle procedure contorte, abbia mirato più a una giustizia sostanziale che a quella formale, spesso circondata da barocchismi procedurali. Ma che Lucano sia da annoverare fra i santi laici io lo credo. Pasolini diceva che spesso sentiva la colpevolezza di taluni personaggi, ma non l’avrebbe mai potuta provare in giudizio. Io capovolgo il concetto: sento l’innocenza di Mimmo, anche se non ho, al momento,. elementi per sostenerla.
Nelle vicende giudiziarie, come nei match il risultato che conta è quello finale, a partita conclusa; speriamo che alla fine degli ulteriori gradi del giudizio, Lucano venga assolto, che la giustizia sistanziale e quella formale si fondano.
Coraggio, forza Mimmo!
1 commento
1 Aladinpensiero
1 Ottobre 2021 - 08:21
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=127451
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