Non son d’accordo con l’appello degli universitari antigreen pass

10 Settembre 2021
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Tonino Dessì

Greenpass e obbligo vaccinale. Discutiamone concretamente e senza opportunismi


Mi sento obbligato a esprimere il mio totale dissenso e il mio sconcerto sull’appello contro il greenpass nelle università sottoscritto da un ristretto numero di docenti italiani.
Quando ero studente (non so se ancora oggi sia così) per poter fruire di servizi connessi al fondamentale diritto allo studio, quali gli alloggi pubblici e le mense per universitari, era richiesta la certificazione di negatività alla reazione Wassermann (concernente l’assenza di affezione da sifilide) e la certificazione di positività al test della tubercolina (concernente l’immunizzazione dalla TBC).
Era un greenpass ante litteram, ha obbligato per decenni milioni di studenti, nessuno mai ne ha contestato il contrasto con la Costituzione.
Forse ai docenti non era richiesto e probabilmente per questo motivo quell’obbligo non fece insorgere impulsi corporativi come quello che mi pare ispiri l’appello in questione.
Non mi addentrerò oltre nella confutazione giuridica dell’appello, anche perché abbastanza tempestivamente la stragrande maggioranza del mondo accademico lo ha nei giorni scorsi respinto.
E lo ha respinto con sdegno, perché il passaggio in cui si paragona il greenpass ad altri funesti istituti del passato (il richiamo nemmeno troppo implicito è all’imposizione del giuramento fascista ai docenti universitari e alle discriminazioni antiebraiche) è suonato e suona offensivo per qualunque sensibilità democratica e costituzionale.
Il greenpass è stato introdotto con un decreto-legge che il Parlamento sta convertendo in legge in queste ore.
Si tratta di uno strumento gradualista adottato in corso d’opera, analogo ad altri strumenti adottati in tutto il mondo di fronte a una pandemia virale che ha colto tutti di sorpresa e sulla quale tuttora rimedi definitivi certi non sono stati trovati, nonostante la prodigiosa tempestività dell’attuale generazione di vaccini.
A opporvisi in Italia sono le due destre, quella leghista di governo e quella neofascista di opposizione, con argomenti identici a quelli dell’appello, ma anche col preannunzio di una opposizione radicale all’eventuale proposta di istituire l’obbligo vaccinale.
Perciò dove si annidi in questa circostanza il clima politico fascistoide dentro e fuori la maggioranza che sostiene il Governo Draghi, a mente lucida non dovrebbe sfuggire, anche perché nelle settimane scorse si è connotato di istigazioni non solo verbali alla violenza.
L’istituto del greenpass non è privo di limiti: direi che si aggiunge alle già tante complicazioni burocratico-amministrative che affliggono (e perciò, certo, talvolta concretamente discriminano) una molteplicità di cittadini italiani.
Tuttavia non lede in astratto alcun diritto: chi non voglia vaccinarsi si sottoponga periodicamente al tampone, ma contribuisca alla sicurezza sanitaria collettiva.
Il Segretario generale della CGIL Landini ha inizialmente espresso posizioni analoghe a quelle dei sottoscrittori dell’appello, rischiando di schiacciare il sindacato sull’immagine di chi considera i luoghi della produzione e dell’economia come una “zona franca” rispetto alle questioni della sicurezza, non solo sanitaria.
Resosi conto dell’insostenibilità della posizione, ora sta trattando con la controparte confindustriale sulla gratuità dei tamponi per i lavoratori del settore privato che chiedano il greenpass pur non essendo immunizzati, almeno per l’accesso alle mense aziendali.
Detto questo, a me le ambiguità “intellettuali” repellono profondamente, specie in questo periodo.
Se si vuole assumere una forte iniziativa per sostenere l’urgenza di una legge ben fatta sull’obbligo vaccinale, si rediga, si sottoscriva e si lanci un appello in questa direzione, non ci si nasconda dietro cortine fumogene.
Quindi, sulla questione, concluderei a mia volta con un secco “punto.”.
Coglierei tuttavia di seguito l’occasione per ragionare più specificamente sul tema dell’obbligo.
Che occorra una legge è certo, non si discute nemmeno, non ci torniamo sopra.
Che questa legge dovrebbe essere finalmente ben fatta è altrettanto necessario, perché di leggi malfatte siamo arcistufi e su questioni fondamentali la chiarezza e l’esaustività delle leggi è il requisito fondamentale per la loro accettazione da parte dei destinatari (tanto i nolenti quanto gli stessi volenti).
Che questo Parlamento riesca ad approvarne una di tal fatta mi pare al momento improbabile.
Salvini e Meloni hanno detto che si opporranno.
La Lega fa parte della maggioranza omnibus che sostiene Draghi.
Anche la strada del decreto legge perciò è irta di difficoltà.
La relativa conversione in legge dovrebbe poi passare sia attraverso le forche caudine degli emendamenti, che in un Paese, in un Parlamento e in un clima mediatico cavillosi e causidici non contribuirebbero a migliorare nessun testo, sia attraverso il ricorso alla fiducia, col che una crisi di governo sarebbe certa e aprirebbe nel semestre bianco scenari imponderabili, ingarbugliando anche il percorso per l’elezione del nuovo Capo dello Stato.
Aggiungerei che se una condizione importante (sebbene non decisiva) di generale legittimità, ossia di inequivoca ragionevolezza, per una legge che imponesse il vaccino, potesse realizzarsi, ossia una autorizzazione “full”, non più d’emergenza, alla somministrazione vaccinale da parte delle autorità di controllo farmacologico internazionali, europee e italiane, al momento potrebbe riguardare solo un vaccino, il Pfitzer, avviato a tale sbocco dalla FDA statunitense, il che legherebbe nell’immediato il Paese all’acquisizione di vaste scorte da un monopolio.
Non è neppure detto che l’introduzione dell’obbligo vaccinale risolverebbe definitivamente il problema dell’ancora vasta fascia di persone che non si riesce a smuovere.
Non si tratta dei novax strutturali, che le rilevazioni demoscopiche e i flop delle presenze in piazza stanno rivelando essere un’esigua minoranza.
Così come pare che anche le resistenze per meri motivi di fidelizzazione politica stiano franando almeno nell’elettorato leghista, mentre si concentrano in quello neofascista meloniano e nelle sue appendici più estreme.
Si tratta piuttosto di quell’ampia fascia di persone che non si vaccinano per paura fisica del minuscolo intervento, ma anche di quelle che stanno a guardare per pigrizia, inerzia, attendismo, fatalismo, incredulità o sottovalutazione in ordine ai rischi del contagio o agli effetti della sua contrazione.
È una fascia che esiste in ordine a qualsiasi fatto di interesse sanitario e nei confronti di ogni patologia, anche grave, con la differenza che nel caso della pandemia in corso un siffatto insieme di atteggiamenti riduce l’efficacia della campagna di prevenzione e di quella di immunizzazione, concorre alla circolazione del virus precludendo il raggiungimento complessivo dell’immunità di gregge, tiene sotto pressione il sistema sanitario e tutto ciò ha effetti sul relativo rallentamento se non sullo stallo della generalità delle altre prestazioni del servizio pubblico.
Anche l’introduzione dell’obbligo vaccinale, perciò -che non potrebbe essere accompagnato se non da sanzioni pecuniarie e da sanzioni e inibizioni amministrative, ma non dalla previsione della vaccinazione forzata, fisicamente coattiva, ostandovi la proibizione costituzionale dei trattamenti inumani- incontrerebbe problemi di comunicazione, informazione, persuasione di intensità non inferiore a quanto sta accadendo ora col greenpass.
Insomma, le questioni non vanno affrontate con faciloneria.
Ben vengano quindi discussioni approfondite e iniziative democratiche, purché congrue e soprattutto svincolate il più possibile da posizionamenti di mera natura politica contingente.
Risposta

Caro Tonino,

concludiamo entrambi la nostra riflessione con un punto secco, dopo aver detto che se si vuole imporre l’obbligo vaccinale bisogna approvare una legge, auspicabilmente ben fatta.
Quanto all’appello, non ho aderito, ho solo detto (e qui son d’accordo con Barbero ed altri) che non si può prima dare ai cittadini la facoltà di vaccinarsi o no, e poi  rendere obbligatoria una certificazione per lo svolgimento di alcune attività. Mi sembra contraddittorio. Personalmente sono per l’obbligo vaccinale, proprio come esisteva per noi,  da piccoli, per l’accesso alle scuole. La riserva di legge dell’art. 32 sui trattamenti sanitari obbligatori è molto importante. La storia insegna che la repressione spesso si è nascosta dietro asserite necessità sanitarie. Ecco perché non voglio che essi vengano imposti con atto amministrativo e, comunque, non sono d’accordo su misure surrettizie di introduzione di trattamenti sanitari obbligatori: ci vuole la legge. Anche tu su questo sei certamente  d’accordo.

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