Gianna Lai
Post domenicale sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.
Seguire la vicenda sull’istituzione dei Consigli alla Carbosarda, così come si delinea nel contesto delle lotte per il lavoro, serve e valutare il suo contributo alla crescita di una maggiore conoscenza della miniera e, insieme, di una cultura più profonda della rappresentanza democratica di fabbrica. Che si sviluppa grazie al dibattito promosso da dirigenti sindacali e politici, presso le leghe e nelle sezioni cittadine della sinistra, esteso poi agli organismi dei vari cantieri, per collegarsi infine al movimento generale impegnato nel resto del Paese. La loro istituzione viene votata nell’agosto del 1947 a Carbonia, dall’assemblea delle Commissioni interne minerarie. La mobilitazione finale, per impulso della Camera del lavoro cittadina e del suo segretario, sul presupposto che, essendo “la SMCS azienda a capitale statale, e con fini economici di carattere locale”, combattere la crisi e salvare l’azienda si può, con “la partecipazione concreta delle maestranze alla gestione dell’impresa”. Così nel documento della Camera del Lavoro di Carbonia , a firma del Comitato di iniziativa, destinato a “Operai, tecnici ed impiegati del gruppo ACaI-Carbosarda”. Mentre l’ assemblea delle Commissioni interne dell’11 agosto approva, a sua volta, all’unanimità un ordine del giorno per richiedere al Consiglio di amministrazione dell’azienda l’avvio di trattative per la costituzione dei Consigli. E spiega il documento che, formati per metà da rappresentanti eletti dalle maestranze e per l’altra metà da esponenti nominati dalla Società, essi realizzano “quella partecipazione della classe lavoratrice alla direzione delle imprese, che è una delle mete lungamente contesa dal movimento della classe operaia”. Riferendosi specificamente al problema di Carbonia, la loro funzione nella ripresa produttiva, perché ” riorganizzare le miniere significa sopratutto mettere l’operaio nelle condizioni di produrre molto di più di ora, sforzandosi molto meno di ora, e cioè mettere l’operaio nelle condizioni di guadagnare di più sacrificandosi di meno”. A patto che i lavoratori abbiano “il potere di controllare l’andamento dell’azienda e i costi di produzione e i ricavi della vendita del carbone”. E, prima di elencare luoghi e aziende in cui essi già esistono, dalle fabbriche del Nord Italia a quelle degli USA, della Germania, della Unione Sovietica, il Consiglio di gestione come “difesa avanzata contro ogni tentativo reazionario di diminuire le libertà popolari, di ostacolare l’attività delle organizzazioni sindacali e delle Commissioni interne, di tornare ad esercitare uno sfruttamento tirannico della classe lavoratrice”. Essendo “il principio del Consiglio di gestione consacrato nella nuova Costituzione della Repubblica italiana che l’assemblea Costituente sta elaborando”. Partecipazione dei rappresentanti delle maestranze che “non intacca il principio della proprietà privata, ben lontano “dalla socializzazione dell’impresa, per quanto costituisca un netto passo in avanti verso di essa”. Per concludere con un vero e proprio appello a favore de “la più importante battaglia sindacale che i lavoratori di Carbonia abbiano mai impegnato”, sicché “il ricordo di essa non potrà cancellarsi dalla storia del nostro Bacino minerario. Vogliamo operare una profonda trasformazione nella struttura organizzativa di questo grande complesso industriale, vogliamo operare una profonda rivoluzione democratica in questa azienda paralizzata da un tradizionalismo conservatore soffocante….Operai, tecnici, impiegati, fate sentire a tutta la Sardegna, a tutto il popolo italiano, la vostra unità la vostra solidarietà all’organizzazione sindacale, la vostra decisione di lottare strenuamente fino al raggiungimento dell’obiettivo”. A firma del Comitato di iniziativa, di cui si leggono i nomi, tra i rappresentanti, di Zonza, Pintus, di Pietro Cocco e di Aldo Lai, quest’ultimo per le Ferrovie Meridionali Sarde, ancora facenti parte dell’Azienda Carboni Italiani, dalle cui Carte abbiamo tratto alcuni importanti documenti che definiscono quella vicenda.
Più mirata la relazione del segretario Marco Giardina all’Amministratore delegato del gruppo ACaI- Carbosarda, datata ugualmente 11 agosto 1947. Che entra nel dettaglio, partendo proprio dall’ordine del giorno votato nell’assemblea generale delle Commissioni Interne, sulla richiesta di una trattattiva immediata per la costituzione del Consiglio di gestione in azienda. E ne elenca i motivi, il primo “che chiameremo storico……la necessità che anche le masse del bacino carbonifero si uniscano al movimento generale di partecipzione dei lavoratori alla gestione dell’impresa…: in Italia la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende ha avuto, nella forma dei Consigli di gestione, un’attuazione di vastissima portata e di cospicui risultati, per cui l’istituto si è affermato e promette lusinghieri sviluppi. Sulla traccia di un movimento così vasto e imponente non è meraviglia che anche i lavoratori del bacino carbonifero ne chiedano l’istituzione. Un altro motivo particolare, dipende dal carattere dell’azienda, che è a capitale statale e, pertanto, persegue nella sua attività dei fini economici di carattere nazionale e locale … D’altra parte noi sappiamo che, se a favore dello sviluppo industriale elettro-chimico del bacino non si determina un effettivo intervento dello Stato, che dia i necessari finanziamenti, il bacino carbonifero muore. Un motivo che riguarda direttamente la produzione. Gli operai di Carbonia, nella stragrande maggioranza, sono profondamente sani e attaccati al lavoro, alla miniera, ai risultati dell’attività produttiva. A giusta ragione sentono le miniere un pò come casa loro. Ma per sviluppare questo sentimento e portarlo sul piano operante di un effettivo contributo di massa al miglioramento della produzione, nulla si è fatto fino ad ora. Eppure quanti progetti! Operai, tecnici e impiegati hanno espresso con noi programmi concreti di miglioramento dell’organizzazione razionale del lavoro, nell’impiego delle maestranze, delle materie prime, delle macchine, nel campo dell’istruzione professionale, dell’assistenza, della disciplina. Un complesso di contributi che sarebbe delittuoso respingere, perchè di effettivo vantaggio per l’azienda, per l’economia nazionale, per il benessere delle maestranze…. Il Comitato di iniziativa sta stilando un progetto di accordo-statuto per la costituzione del Consiglio di gestione che, in sommi capi, si rifà al progetto Morandi-D’Aragona, integrato con esempi di accordi simili in altri rami di industria e con particolari adattamenti alla situazione locale. Mi permetto di richiamare, signor Amministratore delegato, la sua attenzione sulla serietà di tale problema, in modo che un tempestivo suo intervento, che determini l’inizio di concrete trattative, eviti il prodursi di situazioni di ostilità profonda, di cui non possiamo interamente prevedere le manifestazioni”. Dr. Marco Giardina, Segretario della Camera del lavoro di Carbonia. A ragion veduta tutte quelle precisazioni di natura tecnica, essendo l’amministratore delegato, Stefano Chieffi, anche componente del Consiglio di amministrazione del Consorzio per la vendita del carbone Sulcis.
La lettera di un sindacalista fortemente consapevole della sua funzione di segretario responsabile della Camera del lavoro locale e di un movimento di operai particolarmente ampio, che via via si radica nel territorio. Articolato il discorso, con riferimenti importanti al dibattito del tempo, per costruire un rapporto nuovo con l’azienda, nel rispetto dei suoi tecnici e dei suoi dirigenti. Da qui a tre mesi Giardina viene arrestato, per ordine della Procura di Cagliari, come uno dei maggiori responsabili degli scontri di gennaio: sembra cosa incredibile, se non alla luce dei tempi, di un clima che è cambiato rapidamente e di cui si deve dare immediatamente segnale, i tempi dei governi democristiani appoggiati dalle destre, dopo la cacciata del PCI e delle sinistre dalla maggioranza. I tempi delle miniere ormai in crisi e di un movimento, pur nei suoi limiti notevoli, tendente a resistere, a opporsi allo smantellamento di massa che, invece, andrebbe fatto il più velocemente possibile, secondo l’azienda e secondo lo Sato. L’attacco alla rappresentanza sociale, ancora forte del suo ruolo e della sua responsabilità di fronte a decine di migliaia di lavoratori, di fronte all’intera città, è appena iniziato.
Al momento la risposta dei dirigenti sarebbe stata immediata e sostanzialmente negativa, nel non prendere posizione alcuna e nel rimettere la decisione esclusivamente a Roma: responsabile delle miniere è il ministro, la questione dei Consigli riguarda dunque il governo e impedisce perciò, prima di un suo diretto intervento, ogni possibile trattativa fra azienda e rappresentanza locale.
1 commento
1 Aladinpensiero
22 Agosto 2021 - 08:53
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=126230
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