Ma in quale mondo viviamo? Note sparse sulla politica nostrana

13 Luglio 2021
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 Andrea Pubusa

Ma in quale mondo viviamo? Possibile che occorra una legge per il rispetto delle opzioni sessuali delle persone? In un ordinamento con una Carta che pone la persona al centro delle garanzie e dei diritti, non dovrebbe essere ovvio che la tutela riguarda qualunque essere umano senza alcuna distinzione di sorta, uomo, donna, bianco, nero, giallo, cattolico, buddista, islamico, eterosessuale, bisessuale o altro. Possibile che molti non conoscano il vecchio principio di matrice liberale secondo cui ognuno è libero di dire e fare ciò che crede nel rispetto dei diritti altrui? E che incidenza ha nella nostra vita l’opzione sessuaale diversa, se si mantiene nel perimetro generale del rispetto dell’altrui sfera giuridica? Paradossalmente, il dibattito di questi giorni mostra che una legge, di per sé assurda in un regime pienamente democratico, sia invece necessaria: son troppi gli imbecilli che circolano, pontificando e praticando le discriminazioni. Ben venga dunque la legge nella speranza che diventi al più presto inutile per la raggiunta immunità di gregge dal virus dell’intolleranza e della stupidità.
C’è chi paventa una restrizione delle libertà, ma non esiste la libertà di discriminare, cioè di compiere atti concreti di discriminazione o peggio di aggressione in qualunque forma. Rimane quella di esprimere civilmente un pensiero critico o dissenziente, che rientra nella libertà di manifestazione del pensiero. Del resto, anche per le opinioni politiche è così: posso anche invocare la soppressione del sistema parlamentare, auspicando forme di democrazie diretta o altro, ma non posso compiere atti concreti contro l’organo rappresentativo o per limitarne le funzioni costituzionali. Tra il pensiero e l’azione c’è una bella differenza!
Bene anche il voto ai diciottenni per il senato. Non cambierà le cose, ma chi ha la maggiore età è doveroso che, come cittadino, concorra, in quanto parte del corpo elettorale, alla formazione di tutti gli organi costituzionali, senato compreso.
Infine, bene la pace fra Grillo e Conte. L’ex presidente del Consiglio non può pensare ai voti del M5S come un bene simile agli altri, trasmissibile ed ereditabile. Per conquistarli ci vuole una politica per un assetto che consenta il passaggio da un movimento molto legato alla personalità del suo fondatore ad un partito più centrato sul programma.  Grillo deve capire che il tempo passa per tutti e le opere migliori sono quelle che durano nel tempo, passando da una mano all’altra. Grillo e Conte si erano incamminati su una china che presentava due errori speculari ed è bene che siano stati corretti.
Al di là delle singole questioni, è un fatto positivo per le istituzioni e per il Paese che una forza come il M5S trovi un equilibrio stabile. Ed è bene che lo faccia misurandosi con la politica di Draghi. Finita l’acritica laude del nuovo presidente del Consiglio sui temi economici-fiscali, sulle politiche del lavoro e su quelle della giuistizia, occorre riprendere l’iniziativa. Bene ha fatto Conte l’altro giorno a manifestare con nettezza il proprio dissenso con alcune critiche severe. Le questioni della giustizia non si risolvono con interventi deflattori fondati sulla prescrizione dei reati e neppure con improbabili ritocchi delle procedure in chiave acceleratoria, e ancor meno demandando al Parlamento di definire una graduatoria dei reati da perseguire. Semmai occorre un’ampia depenalizzazione dei reati minori, che non vuol dire manvcanza di sanzione. La sanzione può e dev’essere di natura non penale, ad esempio di tipo amministrativo. E non si tratterebbe di misure deboli e scarsamente dissuasive a condizione che la sanzione sia irrogata ed eseguita con tempestività, anche forzosamente. Viene così evocata la questione centrale del malfunzionamento della giustizia in Italia dovuto ad un eccesso di contenzioso nascente sempre, direttamnte o indirettamte, da un’assoluta inefficenza dell’Amministrazione pubblica. A ben vedere, si pensi alla materia edilizia, la magistratura è chiamata a suppplire gravi inerzie amministrative. Se le ordinanze di demolizione venissero sempre eseguite, non esisterebbe un abnorme abusivismo edilizio, fondato sul fatto che, messo un mattone senza titolo, nessuno provvederà mai alla rimozione.
Altrettanto occorrerebbe fare sulle questioni economiche, in cui le criticità sono molte e gravi, come ha mostrato su questo blog Fernando Codonesu.
Insomma, siamo in una fase in cui l’atteggiamento auspicabile è quello di disturbare il manovratore.

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