Il PNRR decisivo per il futuro dell’Italia? Considerazioni fuori dal coro

8 Luglio 2021
4 Commenti


Fernando Codonesu

Da mesi, nel dibattito politico e non solo, il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) la fa da padrone e non si parla d’altro. Da questo piano pare che dipendano le sorti del sistema economico, politico e sociale dell’Italia.
E forse anche la vittoria del titolo europeo da parte dei ragazzi di Mancini!
Io non ne sono affatto convinto, anzi credo che questo piano sia ampiamente sopravvalutato sui possibili effetti indotti nell’economia e nella finanza e,  a ben guardare, rischia di avere alcuni riflessi deleteri proprio per l’economia e per lo sviluppo dei servizi generali che dovrebbe concorrere a garantire al nostro paese.
Insomma, i 209 miliardi del Recovery Fund, di cui 87 circa a fondo perduto, sono veramente poca cosa, una vera e propria miseria, se confrontati con la miniera d’oro dell’evasione fiscale in Italia, valutata nel range 120 – 180 miliardi di euro all’anno, tutti gli anni.
Ma dell’evasione fiscale non si parla più: è un tabù, sparito dai radar della politica italiana.
Innanzitutto va riconosciuto il merito del governo precedente, a Conte in primis e al suo ministro Gualtieri di essere riusciti, nell’incredulità generale di alcune forze politiche italiane ascrivibili ahinoi al centrosinistra e nell’ostilità manifesta del centrodestra, nella ‘mission impossible’ di cambiare l’orientamento dell’Europa, che fa ben sperare per i prossimi anni, e di ottenere per l’Italia la cifra monstre di ben 209 miliardi di euro, diventati poi 237 con apporti nazionali.
Come è ampiamente noto, ma ribadirlo anche in questo contesto non nuoce, una parte di questi finanziamenti sono a fondo perduto, circa 87 miliardi di euro, e la restante parte è un prestito a tasso più che agevolato, che va restituito.
Per la difficile missione in Europa c’era solo la squadra governativa guidata da Conte e Gualtieri a difendere le ragioni dell’Italia, ma non appena si è capito che il tesoro europeo si stava concretizzando, subito sono entrati all’opera  da un lato gli strateghi della caduta del governo e dall’altro lo schieramento dei 40 ladroni tutt’ora permanentemente all’opera per spartirsi il “malloppo”.
Come ben sappiamo, al governo non c’è più Conte e il colore giallo-rosa (rosso?) di qualche mese fa non è che un timido ricordo.
Il colore politico governativo dominante oggi è il verde lega e il nero dei cosiddetti fratelli (di … Italia), che anche dall’opposizione concorrono vivamente a pennellare le politiche dell’esecutivo.
Draghi è la sintesi del tutto, con la benedizione della confindustria di Bonomi, la quintessenza di un governo apparentemente di unità nazionale, ma in realtà nettamente schierato a destra.
Nei proclami delle forze del centrodestra, di Bonomi e compagnia, nonché di vari epigoni che teoricamente si collocano tra quelle forze dette di centrosinistra il PNRR farà tutto: rimetterà in sesto l’economia italiana, farà aumentare come non mail il PIL e la ‘crescita’ continuerà ad essere il mantra dello sviluppo economico senza limiti, e … si vincerà la guerra del cambiamento climatico, la decarbonizzazione sarà a portata di mano pur di passare attraverso il gas e il nucleare (che follia!) e … riporteremo la pace tra tutti i popoli del mondo grazie alle politiche di Biden, dell’Europa e di Draghi.
Un bel narrare, non c’è che dire!
Se risulta complesso fare ragionamenti scientifici sui temi appena accennati proviamo  almeno a fare alcune semplici verifiche empiriche!
Intanto la Commissione Europea, nelle anticipazioni di Gentiloni, ha rivisto le previsioni economiche al rialzo. Per il contesto italiano si sottolinea che l’attività si è dimostrata “più resistente del previsto”, soprattutto grazie al settore manifatturiero e al cosiddetto ’sentiment’ delle imprese e dei consumatori.
Si osserva, inoltre, che i consumi privati  dovrebbero rimbalzare notevolmente, grazie al “miglioramento delle prospettive del mercato del lavoro e dalla graduale riduzione dei risparmi accumulati”, ma si mette pure sull’avviso che “il ritorno delle entrate turistiche avverrà in maniera graduale”.
Si dà per scontato che i risparmi accumulati dalle famiglie in questo anno e mezzo verranno tutti riversati nei consumi, ma consumi di che tipo e perché non è dato sapere.
Ancora una volta si tratta di auspici o desiderata: più marketing che sostanza.
Infatti, a livello globale continuiamo a vivere in un mondo caratterizzato dall’aumento vertiginoso della ricchezza nelle mani di pochi e della povertà per tanti, per miliardi di persone. Abbiamo oltre un miliardo e mezzo di esseri umani senza acqua e due miliardi senza energia elettrica. La fame e la miseria aumentano in tanti luoghi della terra e la schiavitù è presente tra noi nell’indifferenza di tutti, anche a casa nostra, in questa Italia e  qui in Sardegna. Purtroppo si continua a non voler vedere e si gira lo sguardo altrove!
E non solo. Gli studiosi ci dicono che a causa del cambiamento climatico è più che probabile lo spostamento di almeno un miliardo di persone entro al fine del secolo, altro che le piccole migrazioni in atto; per non dire degli impegni mondiali farlocchi sull’ambiente quando le emissioni continuano ad aumentare, non sono mai diminuite e sono oramai irreversibili.
Se guardiamo la nostra economia diciamo con franchezza che l’Italia non cresce da oltre 20 anni e gli effetti del PNRR ancorché positivi non saranno sufficienti per  invertirne la tendenza e soddisfare almeno una piccola parte delle aspettative che vi si sono riposte.
Nell’ubriacatura generalizzata derivante dal recovery plan ci si dimentica colpevolmente, senza distinzione alcuna tra destra e sinistra, che il Recovery Fund dell’Italia, quella che possiamo definire come la nostra miniera d’oro, è sotto il materasso degli evasori fiscali nazionali.
Una enorme montagna di denaro stimata tra 120 e 180 miliardi di euro annui che si lascia andare, senza uno straccio di lotta efficace contro l’evasione e l’elusione fiscale.
Si capisce che la lotta all’evasione fiscale può presentare difficoltà, ma abbiamo un corpo speciale dedicato, la Guardia di Finanza, che può e deve fare di più, pur di dargli questo compito come prioritario rispetto ad altre incombenze.
E purché le forze politiche, se vogliono riacquistare un minimo di credibilità rispetto all’opinione pubblica, alla società civile e all’elettorato, facciano delle leggi efficaci al riguardo, che sanzionino e puniscano in maniera esemplare sotto il profilo civilistico e penale l’evasione, come reato odioso contro tutti, a differenza dell’oggi che vede lo Stato in grado di recuperare appena l’uno per cento dell’evasione rilevata.
Anche qui il perché è semplice: la legislazione favorisce scientemente gli evasori e vanifica gli sforzi della Guardia di Finanza.
Anche ragionando sulla cifra minima dei 120 miliardi di evasione, basterebbe recuperarne il 70% all’anno per avere tutti gli anni, non solo una tantum come nel caso in esame del PNRR, lo stesso ammontare del contributo europeo a fondo perduto.
Un centrosinistra rifondato dovrebbe ripensare le proprie politiche con il recupero di queste risorse perché ci sono, tutti sanno dove si trovano e la Guardia di Finanza sa come si possono recuperare: è solo una questione di volontà politica su cui tutti nicchiano!
Recuperare queste risorse, almeno il 70% equivale a 84 miliardi di euro all’anno per tutti gli anni a venire, come si vede, altro che Europa!, quale condizione indispensabile per garantire che servizi generali come la scuola, la sanità, i trasporti, il credito, le strade, la sicurezza, il welfare, gli asili nido, le forze dell’ordine, ecc., ecc. permettano a tutti il pieno godimento dei diritti sanciti dalla Costituzione.
Un programma, questo, che permetterebbe di invertire la tendenza demografica negativa in atto da tempo, con la costituzione di nuove famiglie, una ripresa delle nascite e la prospettiva per i nostri giovani di restare qui in Italia per poter realizzare i propri sogni e non andare all’estero per viverci definitivamente e non tornare più nel proprio paese, se non sporadicamente per brevi periodi di vacanza.
Questa è la politica da fare, il resto, tutto il resto, è chiacchiericcio di cui si può fare a meno.

4 commenti

  • 1 Roberto Casula
    8 Luglio 2021 - 08:55

    Salve, trovo sempre interessante leggere articoli di questa tipologia. Non è il primo e purtroppo non sarà nemmeno l’ultimo capitolo di un’analisi di cui in modo abbastanza pratico e comprensibile per tutti anche ai cosiddetti “politici ” tu ne hai fatto cenno, evasione!!! Che parolaccia!!! Qui mi fermo, altrimenti dovrei riscrivere quanto ho appena letto!!

  • 2 Aladinpensiero
    8 Luglio 2021 - 09:12

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=124729

  • 3 Salvatore
    8 Luglio 2021 - 10:42

    Sono molto d’accordo sul fatto che Conte e Gualtieri abbiano fatto un ottimo lavoro, ma poi sappiamo com’è andata. Da commerciante avrei pure qualcosa da ridire su alcune cose fatte da Gualtieri come ministro, ad esempio l’aver dovuto adeguare il registratore di cassa per le comunicazioni online con il fisco e poi sprecare il doppio di carta (chimica) di prima, la comunicazione è sempre davvero deludente.
    Per quanto riguarda il recupero dell’evasione, una buona parte si recupererebbe con un VERO concordato (non condono), senza ammazzare il povero ed onesto diavolo che ha sbagliato e permettergli di ripartire anzichè chiudere bottega. Per i più fraudolenti (e più furbi) saprebbe bene la GDF e il giudice tributario come procedere, sempre che ci sia la volontà di farlo!
    Ci auguriamo che i denari del Recovery Fund non si disperdano troppo prima di essere utilizzati al meglio, ma, caro Fernando, permettimi di dubitarne..

  • 4 giorgio
    8 Luglio 2021 - 13:46

    L’intervento del Dott. Codonesu si focalizza su due delle questioni più importanti e dibattute dalla politica italiana, ormai da decenni: La lotta all’evasione fiscale e l’attuazione di un serio e credibile programma di sviluppo e ammodernamento del Paese.
    Sul primo punto si è detto di tutto. In Italia, quello dell’evasione fiscale è una questione annosa sulla quale, probabilmente, non si vuole mettere mano in quanto, direttamente o indirettamente, lo status quo fa comodo un po’ a tutti.
    I grandi evasori sanno di avere garantita l’impunità da governi che, a prescindere dal colore politico, non hanno mai seriamente perseguito un programma di lotta all’evasione. Ma questo non basta a giustificare le dimensioni del fenomeno. Per capire il perché di questa distorsione del sistema è necessario considerare che l’evasione e il lavoro nero costituiscono, talvolta, l’unica possibilità di sopravvivenza per i piccoli e piccolissimi operatori economici, artigiani commercianti, piccolissimi imprenditori del settore della ristorazione e dell’accoglienza che, se dovessero dichiarare per intero le proprie entrate, verrebbero stritolati da una macchina fiscale oppressiva e punitiva, in particolare nei confronti di chi è rispettoso delle norme.
    È il cane che si morde la coda: un sistema fiscale inefficiente è costretto al elevare la pressione a carico della platea di operatori economici regolari e ciò determina, a sua volta, una spinta ad un’ulteriore crescita dell’evasione, in quanto i soggetti verso cui queste misure vanno ad incidere, vedono le stesse come eccessivamente penalizzanti e, perciò, si adoperano per trovare modalità, più o meno lecite, per evitarle.
    In Italia la lotta all’evasione è una sceneggiata che si ripete in occasione della nascita di ogni nuovo governo. Da una parte questo dichiara la propria intenzione a porre in essere misure per eliminare il fenomeno, ben sapendo che i provvedimenti annunciati non potranno avere, se non in misura molto limitata, gli effetti dichiarati. Dall’altro, i destinatari passivi si adoperano in tutti i modi per evitare le conseguenze, a proprio carico, degli interventi annunciati. Il tutto in una perenne riedizione grottesca del film “Guardie e ladri”.
    La realtà, come ha osservato qualcuno, è che si è incrinato il rapporto tra politica e società. Queste due parti hanno, tacitamente, sottoscritto un patto scellerato e perverso per cui i cittadini sono disposti ad accettare un livello inefficiente di servizi pubblici per avere in cambio un livello di tolleranza fiscale da parte di uno stato che, da par suo, fa finta di non vedere l’enorme livello di evasione posta in essere dai primi.
    La soluzione non potrà che essere quella di un nuovo patto sociale in cui ciascuna delle parti si assume la sua quota di responsabilità. In questo la classe politica dovrebbe essere la prima a dare il buon esempio. Temo, tuttavia, che con questi chiari di luna non se ne farà niente.
    Per quanto riguarda la questione del PNRR, concordo con il Dott. Codonesu: Troppe aspettative. Si pensa che questo programma possa essere la panacea di tutti i mali italici. A quanto già chiaramente esposto nell’analisi del Dott. Codonesu, voglio solo aggiungere qualche considerazione sul chi paga.
    Una delle prime regole dell’economia è che il “Gratis non esiste”. Allora la domanda è: Chi pagherà il costo del Piano?
    Il Programma di intervento è costituito in parte da contributi a fondo perduto e in parte da prestiti da rimborsare all’UE. Si tratta quindi di un programma che andrà ripagato con un mix di diversi strumenti. Semplificando al massimo si può dire che una parte dovrebbe essere coperta da un innalzamento della quota dei contributi che, annualmente, i vari stati devolvono a titolo di finanziamento all’UE. Un’altra parte dovrebbe invece essere finanziata con l’emissione di titoli del debito pubblico europei. Quest’ultimo è, forse, l’aspetto più innovativo dell’intera operazione. Qui, infatti, si intravede l’embrione della tanto auspicata politica fiscale europea. Questo è stato il pilastro, finora mancante, per realizzare una vera Politica economica europea. Quest’ultima è rimasta, fino ad ora zoppa, in quanto fondata sulla sola gamba della politica monetaria. Non a caso è su questo punto che si sono concentrate, nella prima fase, le maggiori resistenze al piano, da parte dei paesi cosiddetti “Frugali”.
    Se fino ad ora i paesi “spendaccioni”, l’Italia è considerata tale, hanno operato talvolta senza rispettare le regole di una sana gestione finanziaria, questo è stato, in un certo senso, affar loro. In quanto ciascuno si sarebbe dovuto accollare poi la gestione del maggior debito creato. L’ipotesi di “collettivizzare” il debito dei singoli stati emettendo titoli di debito pubblico europei, determina, al contrario, il rischio che i paesi “spendaccioni” continuino nelle loro cattive abitudini a scapito di quelli più parsimoniosi che si vedrebbero, di fatto, costretti a ripagare, in parte, un debito causato da chi è meno virtuoso sul fronte della oculata gestione della spesa pubblica.
    In ogni caso è ovvio che, direttamente (aumento dei contributi versati all’UE da parte dei singoli stati) o indirettamente (necessità di ripagare in futuro i titoli di debito pubblico UE emessi per finanziare i PNRR dei diversi paesi) il pagamento dei diversi Piani andrà a ricadere sulle generazioni attuali e future dell’Unione. La visione proposta, talvolta, a livello politico e giornalistico sembra invece privilegiare un punto di vista secondo cui sarebbe l’UE a finanziare il debito con risorse proprie. Cosa assolutamente non esatta. Deve essere ben chiaro a tutti che l’UE non gode, se non in misura molto limitata, di autonomia finanziaria. Quindi ogni intervento di spesa dell’Unione a favore dei singoli stati dovrà essere necessariamente finanziato, in ultima istanza, dagli stessi paesi membri, ossia dai loro cittadini.
    Con quanto sopra detto non si intende sostenere un giudizio negativo nei confronti delle nuove linee di politica economica avviate dall’UE. Al contrario, in questo momento di grave crisi sanitaria ed economica, interventi di tipo espansivo sono gli unici che possono scongiurare l’avvio di una spirale recessiva e sostenere i timidi segnali di ripresa che cominciano a intravedersi nei paesi dell’eurozona. In proposito l’esperienza della crisi finanziaria del 2008 dovrebbe servire da monito. In quella occasione i paesi che, per effetto della recessione, sono andati in deficit, sono stati costretti a porre in campo politiche di tipo restrittivo per rispettare i rigidi parametri di finanza pubblica stabiliti dall’UE. In questo modo indebolendo ulteriormente la domanda aggregata, già depressa dalla crisi globale.
    Il nuovo approccio dell’Unione Europea nei confronti dell’attuale situazione di crisi va visto, quindi, in termini senza dubbio positivi. Ciò che si intende affermare, tuttavia, e l’assoluta necessità per i singoli stati di porre estrema attenzione nella spendita delle risorse messe a disposizione dall’Unione per la realizzazione dei PNRR. A maggior ragione se si riflette al fatto che nell’ultimo anno, a causa degli interventi intrapresi dai singoli paesi per mitigare gli effetti negativi della pandemia, si è determinata una vera e propria esplosione dei debiti pubblici nazionali.

    Giorgio Piras

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