Carbonia 1947. Sullo sciopero di gennaio, la posizione delle sinistre: Renato Mistroni, Giovanni Lay e Velio Spano. Non molto distante il commento degli storici

4 Luglio 2021
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Gianna Lai

 Oggi post sulla storia di Carbonia, ogni domenica dal 1° settembre 2019.

E alimentò a lungo la polemica in città lo sciopero di gennaio, e ne nacque un duro contrasto tra le forze politiche, affermando i partiti della destra che i disordini  erano stati causati dalla incapacità della forza pubblica di governare la folla.
Così aveva esordito Giovanni  Lay, in Pane e carbone, su Il Lavoratore del 1 febbraio 1947, all’inizio dello sciopero. “Lo sciopero del 21 gennaio nelle miniere del Sulcis, anche in questa occasione dopo un lungo periodo di trattative e tentativi di soluzione  pacifica delle loro rivendicazioni. Per ottenere razioni arretrate di pasta e olio dei mesi di novembre e dicembre, oltre a una indennità mensa  e all’istituzione di spacci aziendali. Già segnalata la grave situazione da parte della Camera del lavoro alle autorità e alla SMCS. L’11 gennaio l’interessamento del prefetto che, giunto in città,  ha promesso il suo intervento per venire incontro alle necessità dei lavoratori, fissando la quantità di pasta e di olio a partire dal 13 gennaio. Restavano solo le richieste rivolte alla SMCS da portare avanti nel corso della trattativa. Dopo un periodo di schermaglie, i dirigenti si son dichiarati non disposti a trattare direttamente, demandando la questione  alla Associazione degli industriali  per guadagnare tempo. E’ stato l’atteggiamento della Carbosarda a far traboccare la misura già colma, anche perché niente di quello che aveva promesso il prefetto era ancora giunto ai lavoratori i quali, dopo aver votato e pubblicato un ordine del giorno sulle ragioni della lotta, il 24 gennaio entrano in sciopero. Il blocco della produzione provoca serie conseguenze in tutte le industrie che usano il carbone, migliaia di minatori  perdono le gionate di lavoro. Cosa vogliono i dirigenti SMCS? Forse si tratta di una manovra politica tendente a creare sfiducia e incomprensione tra i lavoratori? Nessuno provochi in essi reazioni che potrebbero condurre a cose più gravi”.
E poi, ancora su Il Lavoratore  del 22 febbraio 1947 la posizione del PCI e delle sinistre, nell’intervento  a firma di Renato Mistroni. Che sostiene essere positivo l’esito della lotta, pur essendosi trovato il movimento al centro di una grave provocazione, individui infiltrati tra la massa degli operai in sciopero, che avevano preparato i disordini, non certo da imputare ai lavoratori arrestati.
E descrive lucidamente le ragioni e i risultati della lotta, il sindaco Renato Mistroni: “Mentre la classe operaia e tutti gli onesti cittadini vedevano preoccupati diventare ogni giorno più grave la situazione alimentare, poiché le promesse fatte erano rimaste lettera morta, fu sentita viva la necessità di protestare contro un sistema che altro non era se non una presa in giro nei confronti dei lavoratori. I quali non sapevano più a che santo votarsi per avere le benedette razioni promesse, prima dai giornali, dalla radio poi, ed infine, a viva voce, dalle stese autorità. In questa disperata situazione i lavoratori e i cittadini unanimi decisero, tramite l’organizzazione sindacale, di indire uno sciopero generale di protesta e di non riprendere il lavoro fino a quando non si fosse concretamente tenuto conto delle necessità e dei diritti che ogni onesto lavoratore aveva acquisito con il suo lavoro…..Cosa succede oggi in alcuni uomini? Che cosa si cerca di creare nel povero lavoratore? Vi sono oggi uomini che vorrebbero anzitutto dare a intendere che, essi, allo sciopero, non avrebbero voluto dare un certo indirizzo, che esso sarebbe dovuto arrivare fin lì ma non oltre, che avrebbe dovuto durare tanto ma non più e così di seguito…. Coloro che parlano in questo modo, uniti ad altri provocatori, tentano di creare nel popolo uno stato d’animo che, se non immediatamente ripreso, porterebbe inevitabilmente a un nuovo sciopero, il cui unico risultato sarebbe una sfacciata provocazione ed  uno svuotamento dei risultati ottenuti. Perché, tanto chi dice che niente è stato ottenuto, se non la perdita delle giornate di lavoro, quanto chi afferma che molto di più si sarebbe potuto ottenere, mente volutamente per preparare gli animi ad una lotta assurda e contraria agli interessi della classe operaia. A questi ultimi rispondiamo che i benefici ottenuti dai lavoratori sono senz’altro superiori ad ogni aspettativa e che essi sono indegni di goderne. Per essere più conseguenti ai loro principi, se ne hanno, dovrebbero rinunziare alle razioni ottenute con la lotta, pagare le tasse da cui sono state esonerati, rinunciare  alla indennità di lire 40 giornaliere; solo allora sarebbero coerenti e potrebbero ancora dire una parola…Diciamo senza reticenza che la strada che costoro cercano di percorrere è pericolosa, può darsi che finalmente si scopra che le degenerazioni dello sciopero non sono dovute ai lavoratori accusati e arrestati, ma a coloro che le hanno volutamente organizzate e, pare, anche pagate”lllpE  Mistroni ribadisce, durante l’intervista concessa all’autrice negli anni Ottanta, il contenuto dell’articolo,  la volontà cioè di affrontare con ragionevolezza e secondo una precisa linea politica, anche  momenti difficili come questo, creati a bella posta dall’esterno per sfiancare  il movimento e togliere valore e significato al sindacato e alle  lotte cittadine e del territorio.  “Durante i disordini di Villa Sulcis, io mi trovavo a Cagliari, a discutere della vertenza col prefetto. Rientrai precipitosamente in città e capii subito che si trattava di una provocazione imbastita da  elementi anarchici. Allora io  non fui arrestato proprio perché avevo salvato Rostand in mezzo alla agitazione della folla. Dal Comune, partì ancora una  provocazione, spari improvvisi, mentre io parlavo alla piazza, poi gli spari dalla Torre civica, rivolti anche a me. Si voleva bloccare l’intesa con la SMCS che aveva assicurato un contributo per le mense, maggiore quantità di carbone da distribuire nelle case e un miglioramento dei cottimi. Anche se io pensavo, a differenza di Giardina, che si sarebbe potuto ottenere  qualcosa in più dall’azienda, ma sempre nell’ambito di una corretta gestione sindacale dell’agitazione.
Gli anarchici provenivano solitamente dalla zona di Iglesias, non necessariamente minatori o lavoratori, si trattava più spesso di prepotenti e violenti che  cercavano di inserirsi tra gli operai in lotta: tra una una massa così eterogenea come quella di Carbonia, questo estremismo fine a se stesso poteva far presa anche presso gli iscritti al partito e  noi avevamo allora seriamente il problema di contenerli. Ma sopratutto è stata gravissima la repressione poliziesca che ne è seguita e che ha messo  in seria difficoltà il sindacato e la fiducia stessa dei lavoratori sulla sua capacità di mantenere il controllo nei confronti di  infiltrati e provocatori. Facilmente usati dalla questura  contro dirigenti e operai del tutto estranei ai fatti,  il segretario della Camera del Lavoro arrestato insieme a onesti lavoratori, liberi, ancora una volta, i provocatori. Fancello sarebbe stato poi assolto”.
E poi, l’anno successivo, Velio Spano, su L’Unità del 19  dicembre, ancor più critico nel dare una valenza politica alla provocazione: “L’ingegner Rostan, direttore generale,  si allontanò, o fu allontanato da Carbonia,  in seguito a una provocazione organizzata nel corso dello sciopero del gennaio 1947, provocazione dalla quale derivò il sequestro di persona dello stesso ingegner Rostan, il disarmo di alcuni carabinieri, le raffiche di mitra sparate contro il sindaco Mistroni e infine l’arresto di numerosi militanti, fra i quali il segretario della Camera del Lavoro, compagno Giardina; dopo la sua partenza, Rostand fu provvisoriamente sostituito dall’ingegner Fioretti, scialba figura di tecnico e di dirigente, creatura politica della Democrazia Cristiana, ma senza rilievo di sorta; nella seconda metà del ‘47, quando si profilò la crisi e si sprospettarono come urgenti quelle misure di trasformazione industriale che avrebbero fatto della Carbosarda la più diretta e pericolosa concorrente  della Montecatini, fu chiamato alla direzione generale della Carbosarda un fedelissimo della Montecatini, l’attuale direttore generale ingegner Spinoglio”.

E se riprendiamo gli autori che su Carbonia hanno più recentemente scritto, ci pare che queste considerazioni critiche, di Renato Mistroni e Giovanni Lay, siano proprio da tenere presenti per capire situazioni e contesto, come fa Ignazio Delogu nel suo ‘Carbonia’, a proposito dei fatti del gennaio 1947:  “Nel corso della notte  successiva al 29 gennaio i carabinieri e forse anche reparti dell’esercito circondano Carbonia e procedono a perquisizioni arresti e denunce che colpiscono in primo luogo dirigenti sindacali e politici. Una vera e propria caccia all’uomo si apre negli alberghi operai gremiti di lavoratori, che sopportano condizioni di vita spesso inumane, nelle abitazioni fatiscenti per anni di incuria e di mancata manutenzione”. Ed ancora, “Che da parte della dirigenza della Carbosarda, delle forze di polizia e dei carbinieri permanga una mentalità più consona ai vecchi che ai nuovi tempi, non può essere negato. Non bisogna dimenticare infatti che in Sardegna i funzionari di prefettura, i dirigenti dell’azienda e delle forze dell’ordine, sono ancora quelli del passato regime, abituati a operare impunemente, a esercitare piccole grandi provocazioni e, sopratutto, incapaci di intendere i bisogni e le aspirazioni di lavoratori resi diffidenti da tutta una serie di delusioni e di esperienze”.

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