Centenario del PCI: contributi e riflessioni

2 Luglio 2021
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Gianna Lai

Nel centenario della nascita del partito comunista, esce a Cagliari il Quaderno del CID, Centro di Iniziativa Democratica, che sembra, in quel suo sottotitolo, “Contributi e riflessioni”, voler innanzitutto mantenere aperto il dibattito sull’argomento, chiamare i lettori a una partecipazione attiva. Un invito  sì alla lettura, ma sollecitando la  memoria di ciascuno nelle molto significative  esperienze che compongono i vari interventi e, insieme, il ragionamento, a partire da quella rigorosa  ricostruzione storica che apre con Gianni Fresu. E che poi caratterizza, naturalmente, tutti gli interventi. Da Luisa Sassu,  “Le comuniste alla Costituente”, una pagina significativa di come le donne irrompono in politica, partecipando direttamente alla Resistenza e alla costruzione della Repubblica,  a Luigi Berlinguer e Pietro Maurandi, il Partito comunista e la storia d’Italia. A Giorgio Macciotta, il Pci in Parlamento,  vero presidio di sviluppo e crescita democratica. La nuova cultura del lavoro, la civiltà del lavoro a fondamento della Repubblica, dalla lotta partigiana  alla ricostruzione, il ruolo dei comunisti nella nascita del sindacato anche in Sardegna, la fabbrica e le Camere del lavoro.
E’ dedicato a Francesco Cocco, comunista, il Quaderno,  scarna ed essenziale l’impaginazione, brevi e in stretta relazione fra loro gli scritti, per dare consistenza alla rappresentazione di un’eredità culturale che dalla storia del PCI  oggi prende le mosse,  Casa Gramsci e Archivio della Fondazione Berlinguer, innazitutto. A fare da  cornice a un patrimonio di memoria importantissimo,  i nomi dei militanti comunisti sardi fondatori del partito a Cagliari al tempo di Gramsci, nella compilazione di Marco Sini, una testimonianza ben custodita,  rivolta a democratici e studiosi su cui ancora lavorare e riflettere: come costruire  un paese che si fondi su uguaglianza e giustizia, a base la nostra Costituzione? Certamente questo il lascito del partito, l’eredità che  dirigenti e  semplici attivisti, simpatizzanti e sindacalisti, coinvolti in questo lavoro, hanno voluto mettere in luce quando dicono come ci si sentiva a farne parte. “Io sono comunista”, dice Vito Biolchini, la presa di coscienza, la speranza e la lotta contro le ingiustizie e il modo di costruire la partecipazione. E poi  i comunisti sardi, in stretta relazione col Partito nazionale, se si parla della stampa, dell’editoria e dell’Unità e di Rinascita, come fa Paolo Branca. Così negli scritti che, partendo dall’esperienza strettamente personale, si allargano poi ai tempi e alla politica in senso più ampio, dalla demcrazia progressiva al ruolo del PCI confinato nei ranghi dell’opposizione, ai rapporti con l’URSS.
Ma a far rivivere clima ed eventi, in particolare, quel continuo richiamo della memoria ai nomi che hanno dato vita a questa storia della democrazia italiana, come se da lì dovessimo ripartire, Gramsci, Laconi, Spano, Berlinguer, Cardia, Pilurzu, Chessa,  non solo per ricostruire il filo degli eventi, ma per ritessere la trama dell’emancipazione dei popoli ai tempi del nuovo razzismo. Anche quando ci si avvicina a narrare la nostra diretta contemporaneità,  i tempi più recenti, i tempi della crisi e dell’abbandono. E così che molti lettori vi si identificano, non è necessario averne fatto parte direttamente, averne avuto la tessera, il PCI è una storia che ha reso protagoniste le classi popolari e dentro la quale ciascuno di noi è vissuto. Meriterebbe ancora approfondimenti e costruzione di dibattito rivolto, in particolare, ai  ceti popolari, al loro coinvolgimento, comprendere innanzitutto quanto abbia nuociuto alla democrazia e a tutti noi il venir meno dei valori su cui si è fondata quella esperienza. In un paese che, per la sua grande arretratezza culturale, dei partiti sembra non essere in grado di saperne concepire  ruolo e funzioni: su di loro si fonda la nostra democrazia e la nostra Carta, e la storia del PCI, proprio attraverso le vicende che riportano alla memoria nomi ed eventi, resta precisa a dimostrarne l’intero significato. Come indica Gianni Fresu all’inizio, i 100 anni del PCI, scandendo in paragrafi i temi della storia, fino alla sintesi conclusiva della “Questione nazionale”.

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