Carbonia. Autorità provinciali e amministrazione comunale sugli scioperi di gennaio. Le testimonianze dei sindacalisti.

27 Giugno 2021
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Gianna Lai

Oggi domenica nuova puntata della storisa di Carbonia su questo blog dal 1° settembre 2019.


Laconico sullo sciopero di gennaio il Prefetto, che aveva già garantito il suo appoggio alle richieste operaie, prima degli incidenti, ed era intervenuto  ad assicurare la mediazione  sulla vertenza sindacale: nella sua Relazione  mensile, “Operai di Carbonia in sciopero si abbandonano ad atti inconsulti, 5 persone ferite leggermente dalle schegge di una bomba a mano lanciate da ignoti. Il lavoro riprende il 30 gennaio”. Del resto nella successiva relazione il prefetto stesso avrebbe denunciato la scarsezza delle razioni alimentari destinate ai lavoratori, come già tante volte aveva fatto, pane 200 grammi al giorno, pasta 1 kg. al mese, patate 1 kg. e mezzo al mese, zucchero 300 grammi al mese.
Più articolato e molto duro sullo sciopero, l’intervento del questore di Cagliari, pur denunciando egli stesso, nella stessa relazione prefettizia prima citata,  quanto sia “critica la situazione alimentare, nonostante la distribuzione di alimenti predisposta dopo  gli scioperi, nelle zone minerarie”. Dice il questore che “il 21 gennaio 1947 la Camera del lavoro di Carbonia proclama lo sciopero generale, gli operai, in sciopero già dall’11 gennaio, reclamano l’intervento del governo per il blocco dei prezzi dei generi di prima necessità,  un supplemento dei generi di prima necessità, la mensa aziendale e l’indennità giornaliera di lire 80, già prevista dagli accordi interconfederali del 1946 e mai attuata dalla SMCS.  Il segretario della Camera del lavoro e il Sindaco della città, prosegue il questore, invitavano gli operai a perseverare nello sciopero, il Sindaco ad astenersi dal pagamento delle imposte, in segno di protesta contro il mancato accoglimento del decreto che dispone l’imposta del 5% sulla produzione SMCS, a favore del Comune, e dell’imposta  di ricchezza mobile sulle paghe degli operai, interamente a carico della SMCS stessa”. Il 29 si pensava ad un rientro al lavoro ma, “con lo specioso pretesto che non era stata accolta una loro richiesta, cioè di ottenere dalla Carbosarda l’istituzione di una mensa aziendale o, in macanza, il pagamento di una indennità di lire 80, gli operai continuarono lo sciopero. Esaminata la richiesta  dai dirigenti SMCS e dal direttore generale ing. Rostan, venuto appositamente da Roma, il 29 gli scioperanti riunitisi nella piazza di Carbonia, in attesa di definitive decisioni, venivano arringati da due anarchici, certi Fancello e Zanetti,  già identificati, i quali incitavano la folla ad atti inconsulti. La folla elettrizzata si recava presso Villa Sulcis e riusciva a far andare il direttore della Carbosarda in Municipio, per le decisioni. In pari tempo il segretario della Camera del Lavoro della provincia di Cagliari, signor Ibba, giunto in macchina nella piazza di Carbonia per recarsi in Municipio, venne impedito dalla folla degli scioperanti, alcuni dei quali, rimasti sconosciuti, foravano con un coltello le gomme della macchina. Il direttore della Carbosarda e il segretario della Camera del Lavoro provinciale potevano raggiungere il Municipio protetti dalla forza pubblica. Poco dopo alcuni facinorosi lanciavano contro una finestra del Municipio una bomba a mano, che cadeva davanti al portone dove, in seguito a esplosione, rimanevano ferite cinque persone. Gli organi di polizia provvedevano con azione energica e decisa a scongiurare più gravi incidenti. Durante i tafferugli alcuni carabinieri son stati disarmati. La sera del 29 gennaio, inviato sul posto un battaglione di carabinieri con 2 autoblindo. Le richieste degli operai, durante la notte,  accolte, la situazione tende alla normalizzazione’.
E in allarme anche l’Ufficio provinciale Industria e Commercio, con la sua Nota inviata al prefetto, e contenuta nella Relazione prefettizia del 30 gennaio 1947, “lo sciopero recente a Carbonia,  porterà alla riduzione della produzione”.
Così invece il Consiglio comunale di Carbonia, che articola il ragionamento in un suo immediato ordine del giorno e, ancora “a caldo”, analizza i fatti: “L’Amministrazione comunale, interpretando i sentimenti unanimi dei lavoratori di questo centro minerario, dei quali è legittima rappresentanza e libera espressione, ancora una volta deplorando gli inconsulti e inutili atti di violenza, di cui in occasione dello scorso mese di gennaio è stato fatto oggetto il massimo dirigente tecnico dell’Azienda carbonifera, ingegner Rostan, ad opera di pochi irresponsabili usi a infrangere e confondere con l’arbitrio e la brutalità i più comuni principi del vivere sociale e civile, fa voti perché l’Azienda e  tutti i lavoratori che  da essa traggono ragione di vita e per sé e per le loro famiglie, non vengano privati dell’opera direttiva dell’ingegner Rostan e l’azienda stessa, superato sotto la sua guida  il travaglio dello sviluppo, raggiunga quei benefici che i sardi tutti hanno ragione di attendersi dal razionale sfruttamento che l’isola  madre custodisce nel suo grembo”.
A rappresentare il clima che caratterizza in città i momenti più significativi del contrasto sociale, le testimonianze dei sindacalisti Vincenzo Cutaia, armatore, Giuseppe Atzori e Aldo Lai. Smarrimento generale ci fu dopo i fatti Rostan, dicono i primi due, che ricordano bene la presenza dei provocatori Pasquale Fancello e Massimiliano Zanetti e poi di  altri due ancora, tali Cardella e Marinelli, che non eran minatori di Carbonia: “Martino Giovanetti, segretario della Federazione provinciale dei minatori, ci aveva già avvertiti di tenerli sotto controllo”. E aggiunge Aldo Lai che fu questa l’occasione per far fuori  i quadri politici e sindacali più significativi, a partire dal segretario socialista Piloni fino al segretario della Camera del lavoro Marco Giardina, arrestato a novembre, oltre ai più valenti operai aderenti alla lega dei minatori: “la Camera del lavoro decimata, Antonio Selliti, a dirigerla al posto di Marco Giardina. Perché c’era sentore di provocazione quel giorno, se la forza pubblica era presente a Villa Sulcis prima ancora dell’apertura delle trattative. Come già si era verificato, del resto, in quegli stessi giorni, quando gli anarchici avevano fatto deragliare una littorina ed io, segretario del sindacato autoferrotranvieri, e tre membri delle Commissioni interne, Di Carlo, Coiana e Bordiga, venimmo coinvolti nelle indagini. Non ci arrestarono perché, sulla base di un accordo risalente ai Comitati di Liberazione, per arrestare un sindacalista ci voleva l’autorizzazione del ministero dell’interno, che  fu invece negata dall’onorevole Romita. Era partita l’istruttoria nei nostri confronti dopo che l’ingegner Ghiani e il capitano dei carabinieri testimoniarono di aver sentito Bordiga dirmi al telefono, “togli le campate, fai deragliare la littorina”. Ma al controllo del centralino, sull’ora indicata dai due, non risultò alcuna telefonata e l’istruttoria contro di noi fu subito chiusa. Quel Bordiga, sindacalista molto amato dagli operai di Carbonia e da tutti noi, era il fratello di Amadeo, confinato in Sardegna dal fascismo, che si trattenne ancora in città fino ai primi anni del dopoguerra per poi fare rientro nella sua città d’origine”.

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