Insediato l’osservatorio sulla transizione ecologica. Ecco il documento

15 Giugno 2021
1 Commento


Red

Mario Agostinelli, Laudato Sii, Alfiero Grandi, Coordinamento Democrazia Costituzionale e Jacopo Ricci, Nostra hanno promosso la costituzione dell’Osservatorio sulla transizione ecologica secondo quanto prevede il PNRR. Ecco il documento di insediamento.

Il PNRR inviato a Bruxelles contiene contraddizioni, ambiguità e la possibilità di soluzioni opposte a quelle dichiarate, per questo vanno rivisti e resi coerenti gli obiettivi contenuti nel  Piano energetico nazionale e in quelli delle Regioni e degli Enti locali e i bandi attuativi del PNRR debbono essere verificati in relazione alla coerenza con questi nuovi obiettivi della pianificazione energetica.
Sono in campo resistenze conservatrici dei maggiori gruppi del settore energetico, anche a partecipazione pubblica, e di settori produttivi che tentano di convincere il governo a rinviare le scelte, dimenticando che la Commissione europea ha chiesto di attuare entro il 2025 il 40 % della riduzione di CO2 da realizzare entro il 2030 in modo da portare la quota delle rinnovabili al 55 %.
Il governo non ha dato finora indicazioni certe per realizzare la svolta manca la capacità di mobilitare le aree favorevoli alla transizione ecologica, lasciando spazio ai conservatori.
Il PNRR è un piano strategico che avrà a disposizione risorse irripetibili, con il compito di portare l’Italia fuori dal disastro della crisi occupazionale ed economica creata dalla pandemia.
Il PNRR deve finalizzare i bandi per i diversi interventi in un’ottica di programmazione, usando le partecipazioni pubbliche nelle aziende interessate per costruire interventi con obiettivi coerenti con la svolta ecologica ed in particolare una transizione energetica fondata sull’uso delle energie rinnovabili.
Questo processo deve stimolare la partecipazione e coinvolgere le istituzioni locali, i sindacati, le associazioni dei cittadini.
Il mercato non è in grado di dare organicità agli interventi necessari. Occorre che la programmazione degli interventi veda protagonisti i gruppi partecipati dal sistema pubblico, in coerenza con il Green New Deal europeo. Mentre è evidente che sono forti le loro tentazioni di insistere sull’uso delle fonti fossili che, al contrario, deve essere archiviato al più presto. Di fronte a resistenze dei gruppi industriali legati al sistema pubblico è bene arrivare al cambio dei gruppi dirigenti, in coerenza con le scelte da compiere.
Le grandi aziende energetiche partecipate dal pubblico (comprese le ex municipalizzate) non possono essere i questuanti delle risorse del PNRR per il vecchio modello energetico, mentre le energie rinnovabili, strategiche per l’occupazione e la salute dei cittadini, debbono essere realizzate da una manifattura riconvertita all’espansione di questi nuovi investimenti.
E’ una contraddizione inaccettabile che lo sviluppo delle fonti rinnovabili, in particolare eolico, fotovoltaico, idroelettrico e relativi pompaggi per regolare meglio l’erogazione di energia venga promosso dalle grandi aziende pubbliche e private solo fuori dall’Italia.
Non possiamo limitarci a investire nelle colonnine per la ricarica elettrica e rinunciare a produrre i veicoli elettrici, tanto più che la IEA propone di cessare la produzione dei veicoli a scoppio entro il 2035, e per questo occorre un confronto serrato sui piani di investimento delle grandi aziende automobilistiche in Italia per la mobilità elettrica.
Una pari attenzione va mantenuta verso la valorizzazione della biodiversità, la riparazione del dissesto idrogeologico, al diritto all’acqua come bene pubblico, alla chiusura per sempre del capitolo del nucleare civile da fissione in Italia e ponendo il veto ad ogni tentativo di paragonare a livello europeo il nucleare come fonte energetica alla pari delle rinnovabili, ignorandone le caratteristiche di pericolosità e senza dimenticare che l’Italia è alle prese con il/i deposito/i delle scorie nucleari, 95.000 tonnellate di scorie di diversa pericolosità che è sbagliato inserire nello stesso sito di stoccaggio sotto le mentite spoglie della provvisorietà.
Sulla transizione energetica è inaccettabile che, contraddicendo documenti dell’Iea e dell’Onu, si punti sull’uso del gas naturale. Chi ha fatto la scelta accordi e di ampliare i gasdotti per il metano deve prepararsi a cambiare le proprie scelte, mentre si avverte un ruolo di sorda resistenza e una pressione per rinviare le scadenze che riguardano non più solo la riduzione della CO2 ma anche dell’uso del metano, sempre più presente in atmosfera con effetti climalteranti che si sommano alla CO2.
L’uso del gas naturale ha finito il suo compito, non ci debbono essere nuove estrazioni e nuove acquisizioni, altrimenti si vuole mantenere l’Italia nell’uso delle fonti fossili.
E’ necessario rivolgere un messaggio alle Regioni che dovrebbero, nell’interesse della transizione ecologica e dell’innovazione energetica e produttiva, porre al Governo con forza che non solo rispetti le procedure europee di coinvolgimento delle istituzioni e di partecipazione dei cittadini ma definisca con programmi precisi il senso e gli obiettivi che debbono realizzare i singoli bandi di intervento dei fondi.
Per questo l’Osservatorio chiederà un incontro anche alla Conferenza delle Regioni.
Ogni nuovo investimento nel gas naturale, anche per sostituire il carbone, sottrae risorse alle fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, che debbono crescere di 70 GW entro il 2030, 10 volte di più di quanto avviene oggi ogni anno. Sottolineiamo che, come afferma il rapporto dell’IEA del 18 maggio scorso, non sono necessari nuovi giacimenti da sfruttare di petrolio o di gas naturale e quindi occorre accelerare gli investimenti nelle fonti rinnovabili.
Per questo chiediamo al Ministro dei trasporti (e del mare) di approvare rapidamente il piano per la collocazione dell’eolico off shore in mare, che avrebbe dovuto essere inviato a Bruxelles entro il 31 marzo e che ancora non esiste, mentre altri paesi lo hanno già inviato.
A Civitavecchia si sono svolte manifestazioni sindacali, dei cittadini, presidi in piazza che hanno coinvolto le rappresentanze della città ed è stata avanzata la proposta di un progetto innovativo che sostituisca la centrale a carbone non con il turbogas (ben 1680 MW solo per Civitavecchia, a cui vanno aggiunti altre 2 centrali per un totale di 3600 MW) ma con un progetto alternativo che comprenda fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) e la produzione di idrogeno verde. Oggi la convenienza anche economica è per un progetto innovativo, fondato su fotovoltaico per il porto, eolico off-shore e idrogeno verde per fornire l’elettricità necessaria per un ridisegno dell’uso energetico nel territorio.
Un potenziamento della logistica, la riqualificazione del porto, passano per una svolta innovativa per ottenere aria pulita e nuova occupazione, 10 volte più di quella prevista in un impianto a gas automatizzato. L’innovazione fondata sulla diffusione delle energie rinnovabili costituisce una potente domanda di investimenti innovativi, premessa per una nuova produzione industriale. Basta pensare alla sinergia che si potrebbe stabilire tra eolico off-shore e riconversione ecologica della produzione di acciaio, ad esempio nella ex Ilva.
I giovani hanno chiesto coraggio nelle scelte per il loro futuro. La prova verrà dalla capacità del governo di non farsi bloccare dai poteri forti che vogliono conservare il modello di sviluppo sotto accusa.
Per questo l’osservatorio sulla transizione ecologica e il PNRR lavora per evitare che ingenti risorse finanziarie, irripetibili per l’Italia, vengano gettate al vento.
Vogliamo intervenire nel merito delle procedure di consultazione pubblica previste da strumenti legislativi già in vigore e ripresi in varie parti del testo del decreto legge e a questo proposito evidenzieremo osservazioni e critiche in una nota dedicata all’argomento, nella quale sottolineare in particolare l’impegno a tenere conto delle osservazioni a livello territoriale.
La velocizzazione delle procedure obbliga il parlamento e il governo a definire con chiarezza le modalità di accesso alla consultazione a livello territoriale della società civile per evitare che questa possibilità venga in realtà vanificata dall’impossibilità di esercitarla.

1 commento

Lascia un commento