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Ci sono dei momenti in cui, volenti o nolenti, si fanno drammaticamente i conti con il livello delle proprie istituzioni, con la loro qualità, con la loro autorevolezza, con la loro autonomia, perché è da queste loro qualità che derivano inevitabilmente le sorti del Paese. Guardate l’Inghilterra, luogo anch’esso di scandali e dalle grandi contraddizioni, con istituzioni minate, ma ancora degne di questo nome anche per la pressione di un’opinione pubblica vigile. Ieri, per la prima volta dal 1695 uno Speaker della Camera dei deputati, sì è dimesso. Si parla ora addidittura della fine del Premier Gordon Brown stesso. Ma non solo. In questi giorni l’Inghilterra, governata dalla sinistra dal 1997 e dall’estate scorsa vittima della peggiore crisi economica dal 1929, sta vivendo la più grave crisi costituzionale della memoria. La causa di questo scandalo? Lo sfruttamento sistematico, immorale e anche criminale, da parte dei deputati del sistema dei rimborsi spese. Lo speaker, Michael Martin, è la prima vittima illustre. Non aveva alternative. E la ragione sta nel fatto che il Parlamento, per quanto popolato dai protagonisti degli abusi, ha avuto la forza di pretendere le dimissioni. O se volete non ha avuto la spudoratezza di coprire il suo presidente. E perciò ieri lo Speaker Martin si è dimesso.
In Italia, invece, la prima reazione di Berlusconi dopo la pubblicazione della sentenza Mills è stata quella di affermare, in tono di sfida, che avrebbe riferito alle Camere. Il cavaliere si rifugia in Parlamento perché? Per ossequio alla rappresentanza popolare? Per mettersi a disposizione di essa? Per seguirne il responson foss’anche quello di mettersi da parte? No. Niente di tutto questo. Si presenta alle Camere per sferrare da quella sede un attacco ai giudici che hanno inchiodato il suo complice e lui. E così la sede naturale che avrebbe dovuto sanzionare politicamente il Premier diviene la fortezza da cui egli intende sparare cannonate contro un altro potere dello stato, colpevole di non riconoscere zone franche, di non accordare esenzioni al potere politico ed economico. E così uno dei beni più preziosi della democrazia, l’indipendenza della magistraura, diventa il più grande dei mali. Perché non fa sconti e perché, come la giustizia bendata delle raffigurazioni, non guarda in faccia a nessuno.
Ma perché istintivamente e con rabbia Berlusconi ha pensato di rispondere dalle Camere? Perché in Italia oramai un Parlamento non esiste più. Nominato dall’alto manderà in TV la sceneggiata voluta da Capo e ne sancirà col voto l’immunità contro un preteso spirito persecutorio dei giudici. Un vero Parlamento, in certi frangenti, non avrebbe dato sponda al Premier; lo avrebbe piuttosto costretto alle dimissioni, perché quando non ci sono capi-padroni, si può sempre cambiar cavallo anche nell’ambito della stessa scuderia. Oppure un vero Parlamento si sarebbe quanto meno riufiutato di farsi “usare” contro un altro potere dello stato. Avrebbe detto a Berlusconi che l’unica sede in cui egli può legittimamente far valere le proprie ragioni è l’aula di giustizia. Per lui come per tutti gli altri cittadini. Ma chi dei parlamantari nominato dal cavaliere oserà avere un sussulto di autonomia? Come potrebbero, se non sanno cos’è l’autonomia?
Viviamo un momento buio della nostra storia. Ed il fatto grave è che, fatta eccezione per i due organi di garanzia (il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale) tutto ormai dipende da Berlusconi. E si vede drammaticamente ora a cosa portano le furbizie e i compromessi del centrosinistra e della sinistra: l’accedere all’idea delle candidature dall’alto per rafforzare i propri gruppi in lotta contro gli altri, l’introduzione di un presidenzialismo a livello locale che ha contribuito a sfasciare una vivace tradizione di democrazia dal basso, la sottoscrizione e il consenso al referendum Segni-Guzzetta che vuol dare al partito che prende un voto in più ben il 55% dei seggi. Questa deriva e figlia di tanti padri. E se non si trova ora la consapevoleza e la forza di reagire, gli scenari futuri diventeranno perfino più oscuri. Quando la Presidenza della repubblica e la Corte Costituzionale finiranno nelle mani di questa maggioranza, per la democrazia italiana sarà la fine. E’ bene capirlo ora. Ed è già troppo tardi.
Ed ora ecco due schede: una su Mills e una seconda sulle sue malefatte secondo la sentenza di Milano.
Chi è l’amico inglese del Cavaliere?
David Mills, 65 anni, condannato per corruzione in atti giudiziari a Milano è uno dei più noti avvocati d’affari inglese. E’ ‘barrister’ (così si chiamano gli avvocati nella City) dal 1968. E’ stato sposato con Tessa Jowell, ex ministro del Turimo del Governo di Tony Blair e ministro per i Giochi olimpici del governo di Gordon Brown di cui è ora pay-master general. La coppia si è separata di comune accordo nel 2006 anche in seguito al coinvolgimento dell’avvocato nell’inchiesta sfociata nel processo che l’ha visto condannato per corruzione in atti giudiziari in concorso con Silvio Berlusconi la cui posizione è stata stralciata (e il processo sospeso) in attesa che la Consulta decida sula legittimità del Lodo Alfano che ‘congela’ il processo per le più altre cariche dello Stato durante il loro mandato. E’ ritenuto il creatore del sistema di società off-shore riconducibili al gruppo Fininvest. Proprio per nascondere il collegamento tra le società off-shore e il gruppo, e in particolare con Silvio Berlusconi, Mills avrebbe reso le testimonianze false o reticenti alla base della sua condanna. Per dire il falso - secondo la sentenza - ha ricevuto 600 mila dollari.
Ecco ora in sintesi i reati peri i quali è stato condannato il legale inglese
Nella motivazione della sentenza con cui i giudici milanesi hanno condannato l’avvocato inglese David Mills per corruzione in atti giudiziari sono ripercorse le accuse mosse al legale, coimputato di Silvio Berlusconi per il quale il processo è stato sospeso in attesa che la Consulta valuti la costituzionalità del Lodo Alfano. Nel processo per la corruzione nella Guardia di Finanza: - Mills ‘avrebbe ”omesso di dichiarare, pur specificatamente interrogato, che la proprietà delle società off-shore del Fininvest B Group faceva capo direttamente e personalmente a Silvio Berlusconi”; - di aver”omesso di riferire la circostanza del colloquio telefonico con Silvio Berlusconi nella notte di giovedì 23 novembre 1995, avente quale argomento la società All Iberian e il finanziamento illegale di 10 miliardi di lire erogato da Berlusconi tramite All Iberian a Bettino Craxi”. - di aver “dichiarato circostanze false in ordine al compenso di circa un milione e mezzo di sterline ricevuto una tantum nel 1996 a seguito di accordi con Silvio Berlusconi - compenso qualificato come ‘dividend’ e tenuto bloccato fino al 2000 in un deposito bancario…”. Nel Processo All Iberian si contesta a Mills: - di aver evitato di rispondere “alle domande sulla proprietà delle società offshore”, sostenendo che “la proprietà è rimasta un po’ vaga, come dicevo prima, perché nessuno ha detto: io sono il proprietario di queste società… il cliente era il gruppo Finivest”. Mills è anche accusato di “non aver riferito che beneficial owners delle società Century One e Universal One, in forza di accordi di trust stipulati dallo stesso Mills, erano Marina e Piersilvio Berlusconi; - di aver “omesso di riferire quanto a sua conoscenza in ordine al legame diretto esistente tra Paolo Del Bue, della fiduciaria Amer, e la famiglia Berlusconi”. Secondo la sentenza, per rilasciare queste dichiarazioni false o reticenti, Mills avrebbe ricevuto 600mila dollari da Carlo Bernasconi, ex manager Fininvest (deceduto) “su disposizione di Silvio Berlusconi”. (ansa).
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