Andrea Pubusa
La sentenza della Corte d’Assise di Taranto, tra l’altro, ha condannato Nichi Vendola per concussione aggravata. L’ex presidente della Regione Puglia ha reagito con forza parlando di decisione contro la verità. Siccome Vendola è stato (ed è) una personalità importante della sinistra vale la pena cercare di capire senza pregiudizi.
Ci sono gli altri gradi del giudizio e - come nella partite di calcio - la verità è quella che risulta dalle sentenze definitive, passate in giudicato. Insomma chi è il vincitore si sa solo a fine gara.
La sentenza interessa specificamente l’area della sinistra perché tra di essi, accanto a Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’azienda, c’è Nichi Vendola, ex presidente della Regione Puglia, condannato a 3 anni e mezzo di carcere per concussione aggravata. Subito dopo la sentenza, Vendola è stato duro e netto, ha dichiarato che il verdetto calpesta la verità, che le sentenze ingiuste si appellano e che questa non è solo ingiusta ma è una barbarie.
Ma vediamo in dettaglio.
Vendola è accusato di aver esercitato pressioni sull’allora direttore dell’Arpa Puglia Giorgio Assennato quando il benzo(a)pirene, inquinante cancerogeno, aveva superato i limiti di legge nel quartiere Tamburi, adiacente allo stabilimento Ilva. Ci sarebbe stata una mancanza di corretto indirizzo politico del leader e una responsabilità tecnica dell’amministratore della regione. Nella sua intervista al Corriere della Sera del 1° giugno, Vendola imputa alla giustizia una cedevolezza alla spettacolarizzazione, perché avrebbe dato una interpretazione erronea, delle sue risate al telefono con Archinà e delle sue parole di stima per Riva, che peraltro non fanno parte del fascicolo proiucessuale. Fatto sta che molti nei movimenti criticano Vendola perché, come leader morale, avrebbe dovuto assumere un atteggiamento anche nei modi severo e, come amministratore, avrebbe dovuto aver cura di proteggere cittadini e operai di Taranto contro ogni possibile violazione dei limiti di legge ad opera di Ilva. Insomma, poiché da quanto si ricava dalle risultanze processuali riferite dai media, il presidente della Regione era a conoscenza degli sforamenti di un inquinante cancerogeno come il benzo(a)pirene misurato dall’Arpa al quartiere Tamburi, avrebbe dovuto esigere dalla dirigenza Ilva la messa a norma dello stabilimento o il fermo degli impianti. Invece non lo fece, non si oppose all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che permise all’Ilva di continuare a stoccare i minerali all’aria aperta e di aumentare la produzione, fino a consentire una capacità produttiva mai raggiunta prima.
Alcuni si chiedono perché Vendola non si sia rivolto alla magistratura di fronte a una situazione così grave e abbia preferito dialogare con Riva per di più attestando di stimarlo.
Ora se le ragioni stanno tutte qui, pare che il giudizio sia prevalentemente di carattere morale. Vendola avrebbe nella vicenda svelato il suo volto di doppiogiochista. Personalmente, sono convinto che i politici debbano fare il loro mestiere e non debbano delegare alla magistratura decisioni che sono loro o dell’amministrazione. Tra parentesi la crisi della giustizia, le lungaggini, stanno anzitutto nel fatto che la magistratura svolge opera di supplenza degli altri poteri pubblici. Dunque, Vendola è intervenuto doverosamente. Come poteva esimersi, data la rilevanza della questione? Ma lì in campo c’erano le giuste ragioni della società civile e dei cittadini e quelle altrettanto serie dei lavoratori, da una parte le associazioni ambientaliste, dall’altra i sindacati. E Vendola, sensibile agli uni e agli altri, non poteva tagliare il nodo con un colpo di scure. Come presidente non aveva la competenza a chiudere lo stabilimento. Ha cercato di mediare, la sentenza dice che questo tener conto delle ragioni dell’occupazione, questo prender tempo costituisca un reato perché avrebbe esercitato una indebita pressione sul dirigente. Ma è così? E’ stata una pressione? O solo la rappresentazione della complessità della situazione? Complessità, peraltro, a tutti ben nota. Quanto ai rapporoti intepersonali, mi paiono penalmente irrilevanti. Manifestare stima ad un avversario politico o economico non è reato, anzi in politica si verificano casi strani, filing sorprendenti fra uomini astrattamente opposti. Alla morte di Berlinguer Almirante gli rese omaggio e manifestò per lui, per la sua dirittura morale, una sincera considerazione. In realtà dovrebbe essere sempre così in un paese civile. L’esternazione di Vendola e’ stata inopportuna, sgradevole e sbagliata (un dirigente nazionale del Pci non l’avrebbe mai fatta), ma sul piano penale e’ ininfluente.
Non avendo visto il fascicolo, il giudizio è sempre condizionato, ma mi pare che Vendola in appello abbia buone carte da giocare. Per vincere dovrebbe trovare dei giudici che conoscono le dinamiche reali anche politiche. I soli codici in questi casi possono portare al travisamento dei fatti e all’errore. Vedremo..
1 commento
1 Aladinpensiero
4 Giugno 2021 - 07:30
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=123683
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