Coglie nel segno Franco Meloni nel suo affettuoso ricordo di Franco Melis quando dice che egli tutto sembrava fuorche’ un rivoluzionario. Era ed aveva l’aspetto dell’alto funzionario pubblico, sempre in giacca e cravattla, sempre composto nei modi, nei gesti e nella parola. Ma per lui la dignita’ e l’uguaglianza delle persone erano cosi’ ovvie che battersi per renderle effettive era naturale, un dovere come essere scrupoloso e preciso nell’adempimento del proprio servizio. Franco era il classico homo civicus di una ideale societa’ giusta e per essa si batteva senza risparmio di energie. A Fonsarda mostro’ tutto il suo straordinario valore nel Comitato di quartiere. Ma il suo impegno sociale e’ stato sempre incessante e costante come la sua pacatezza e la sua signorilita’.
Caro Franco, tanti papaveri rossi allietino il tuo cammino! (A. P.)
Franco Meloni
Franco Melis (classe 1932) è morto oggi. Lo ricordo con affetto e con tanta tristezza. Lo conobbi negli anni 70 (forse nel 75 o nel 76) nella sede del Manifesto, in via Manno 22. Una sera, apparve insieme a Serafino Canepa (anch’egli scomparso). Franco alto e grosso, Serafino piccolo e magro, ambedue in giacca e cravatta. Erano reduci da una vendita militante del quotidiano. Un’attività che i due praticavano assiduamente quasi in clandestinità, evitando luoghi ove potessero essere riconosciuti. Franco, all’epoca alto funzionario delle Poste, Serafino vice provveditore agli studi di Cagliari. Franco aveva un approccio discreto, quasi timido alle questioni politiche, con un imbarazzante rispetto degli interlocutori più giovani di lui, nel mio caso di oltre 10 anni. Eppure lui era un intellettuale di valore, come nel tempo abbiamo imparato a conoscere. Non del tutto nei nostri tempi di maggiore assiduità, perchè manteneva un rigoroso riserbo. Per esempio solo relativamente di recente abbiamo saputo che la sua abilità (e passione) per enigmi e indovinelli – che in certa parte riversava nella attività redazionale della rivista Cittàquartiere, sotto lo pseudonimo Dragotto – lo accreditava con le più importanti riviste italiane di enigmistica classica. Tanto è che il suo libro “Indovinellus, indovinzos, abbisa. Il libro degli indovinelli sardi” (Aipsa Edizioni, 2002), fu finalista al “Premio Capri per l’Enigmistica 2002″. Franco ha scritto anche altri tre libri: “Bonaria. Il resto del mondo era un posto sbagliato. Racconti” (Aipsa, 2006), “Quei giorni a Fonsarda” (Aipsa, 2009) e, ultimo, “Ricordi del mio tempo” (2018). Ma è proprio nel libro su Fonsarda che Franco narra in forma romanzata – celando ai più i personaggi con nomi fittizi (ma certamente non a noi) – quella stagione di lotte sociali urbane degli anni 70-80, in un movimento che lo vide protagonista, anzi massimo leader riconosciuto. Prendiamoci un po’ di spazio per ricordare almeno i titoli di quelle “vertenze”: La Vigna, I Palazzoni, Villa Asquer… Tutte lotte di quartiere, ma con un respiro cittadino e oltre, anche assicurato dalla presenza attiva del Comitato di quartiere di Fonsarda nel Coordinamento cittadino dei Comitati e Circoli di Quartiere di Cagliari. Ecco, potrei dire tanto altro di Franco, del suo impegno più politico, sempre dalla stessa parte, la sinistra, della quale soffriva le lacerazioni. Lui era un unitario, mai settario, irriducibile nel perseguire il bene comune dell’interesse popolare. Ricordiamolo così, al di la di qualsiasi difetto gli potremo riconoscere. Lo persi di vista per lungo tempo, ma mi tenevo aggiornato sulle sue condizioni di salute dal fratello Antonello. L’ultima volta che lo vidi, nel dicembre 2019, lo fermai all’edicola del quartiere dove comprava i giornali. Mi invitò la colazione al bar. Capii che non era più lui in tutte le sue facoltà, che recenti guai di salute lo avevano fiaccato e che la malattia lo insidiava. Si scusò perfino di qualche vuoto di memoria, tuttavia ricordammo i bei tempi passati che in diversi episodi ricostruimmo insieme e individuammo alcuni dei comuni amici. Nella circostanza i ricordi si appannavano, ma l’affetto si palesava immutato, negli sguardi, nei sorrisi, nelle strette di mano e nell’abbraccio di commiato, anzi in maggior misura, quasi a colmare i vuoti delle tante vicende insieme vissute e in gran parte dimenticate. Ciao Franco. Condoglianze e vicinanza alla moglie Maria Antonietta, alla figlia Raffaella, al figlio Giacomo, al fratello Antonello, nostro amico, ai nipoti e agli altri familiari e a tutti coloro che di Franco sono stati amici, in primo luogo agli amici di quello che fu il glorioso Comitato di quartiere della Fonsarda.
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