Nuova legge elettorale, negletta eppure indispensabile

17 Maggio 2021
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Alfiero Grandi

La legge elettorale Rosatellum modificata su ispirazione di Calderoli per conto della Lega durante il governo Conte 1, nel maggio 2019, ha creato un grumo legislativo pericoloso che, se dovesse trovare applicazione nelle prossime elezioni politiche, potrebbe portare a risultati elettorali che farebbero rimpiangere amaramente di avere assistito a tante giravolte, tante ambiguità ed incertezze, tanta mancanza di capacità di valutazione al di là del contingente. La Lega aveva chiaro il suo obiettivo. Meno il M5Stelle che all’epoca ha approvato il provvedimento che ha peggiorato il Rosatellum in cambio del piatto di lenticchie della riduzione dei parlamentari che avrebbe dovuto rilanciarlo nei consensi. Sappiamo che non è andata così.

Il risultato è che ora questa legge è immediatamente applicabile perché il governo Conte 2, che pure aveva un’altra maggioranza, ha fatto sapere che era per il proporzionale solo alla vigilia delle sue dimissioni. Un po’ tardi per fare qualcosa di concreto. Non solo: il Conte 2 non ha trovato di meglio che rendere applicabile, con un suo decreto, la nuova normativa derivante dall’intreccio del taglio dei parlamentari con le nuove norme elettorali, mentre avrebbe dovuto impegnarsi a fare approvare una nuova legge elettorale. La maggioranza del Conte 2 (M5S, Pd, Leu e qualche altro) è rimasta a lungo incerta tra maggioritario e proporzionale, senza mai arrivare ad una discussione produttiva di risultati, incartandosi in un complicato progetto di nuove modifiche della Costituzione, per togliere alcune incongruenze derivanti dal taglio del parlamento, e di una nuova legge elettorale che non può che essere approvata a Costituzione stabilizzata. Tanto è vero che l’Italia ha rischiato di andare al voto anticipato, dopo la crisi del Conte 2, con la legge elettorale attuale. Solo la formazione del governo Draghi ha momentaneamente allontano questo pericolo.

Tuttavia, è evidente che questo pericolo resta incombente. Basta pensare alle affermazioni di Salvini che strombazza, con il noto fairplay, di essere favorevole a Draghi quale nuovo Presidente della Repubblica e che questo governo non può fare le riforme, il che vorrebbe dire dimissioni del governo ed elezioni anticipate all’inizio del 2022 in vigenza di queste normative elettorali. Salvini non ha interesse a tirarla per le lunghe, vuole votare prima possibile, fintanto che ritiene di essere il dominus del centrodestra e queste norme elettorali gli garantirebbero la possibilità di far valere verso FdI e FI la convenienza di stare nella coalizione per lucrare insieme più seggi in parlamento. Un’operazione elettorale e di potere chiarissima. La Lega vuole diventare il decisore principale sull’uso dei fondi europei, sperando di avere una maggioranza tale, grazie ai regali maggioritari della vigente legge elettorale, da potere modificare l’assetto istituzionale e Costituzionale in particolare. È un futuro raccapricciante, ma è pur sempre un disegno politico con una strategia per arrivare all’obiettivo. Dall’altra parte, che non saprei come definire con una formula, non c’è una strategia, se va bene ce ne sono più di una, e non sono chiari i pilastri di una posizione politica.

Pochi esempi.

1) La Costituzione non è il problema dell’Italia, ma ne è la risorsa fondamentale, mentre purtroppo da due decenni è oggetto di manomissioni e modifiche che in generale ne hanno peggiorato i contenuti e la chiarezza originale. Dal Titolo V modificato nel 2001, passando per la modifica dell’articolo 81 sul pareggio di bilancio nel 2012 (mai applicato da quelli che l’hanno voluto), continuando con il tentativo di deformazione costituzionale di Renzi nel 2016 – bocciato per fortuna dal referendum popolare – arrivando al taglio del parlamento voluto dal Movimento 5 Stelle, subìto dagli altri che l’hanno votato, e che ha dato un colpo al ruolo del parlamento. Ora il governo Draghi ha preannunciato nuove modifiche della Costituzione. Uno studio del prof. De Fiores ha dimostrato che è inutile insistere perché la Costituzione insieme alle sentenze della Corte e alle normative europee delinea un quadro preciso di tutela dell’ambiente. Da ultimo il ministro Colao si è messo in lista per un’ulteriore modifica della Costituzione. In realtà ogni volta che governi ed esponenti dei partiti parlano di modifiche della Costituzione hanno il torto di attribuire alla Carta fondamentale dell’Italia responsabilità e malfunzionamenti che sono essenzialmente deficit delle scelte politiche e della incapacità di governare. La Costituzione così diventa il parafulmine delle incapacità politiche perchè si trova più comodo dirottare l’attenzione in questa direzione. Invece la Costituzione deve essere salvaguardata da ulteriori assalti, che ne potrebbero compromettere la credibilità. Se ci fossero le condizioni per intervenire senza stravolgimenti ulteriori, servirebbe semmai correggere l’attuale versione del Titolo V (decentramento dei poteri) con una clausola netta sulla preminenza dell’interesse nazionale su tutti gli aspetti decentrati, prevedendo una surroga quando non ci si adegua alle norme nazionali. Ad esempio sulla pandemia. Sarebbe certamente necessaria una clausola per difendere la Costituzione da incursioni delle maggioranze politiche più o meno contingenti, favorite da meccanismi elettorali con premi di varia natura.

2) Occorre tornare a puntare sul ruolo delle rappresentanze sociali, sulla loro capacità di rappresentare settori della società, sul confronto aperto con i settori sociali che hanno molto da dire e da fare. Renzi è stato un distruttore di questi rapporti e altri come il M5Stelle lo hanno imitato, mentre altri hanno il torto di non avere contrastato con decisione questa tendenza al rapporto diretto tra capo e popolo. Questo tentativo di semplificazione di una società complessa ha portato a disastri, alla fin fine ha indebolito anche chi pensava di semplificare in questo modo la complessità. Associazioni, sindacati, rappresentanze debbono ritrovare la loro capacità di rappresentare la società che cambia e la politica deve ammettere autocriticamente che ha bisogno del loro contributo, mentre via via si è chiusa al suo interno, nel suo fortino di debolezza.

3) La legge elettorale non è in grado da sola di recuperare una profonda crisi democratica, ma è una premessa decisiva. Ci sono altri aspetti da affrontare come l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione sui partiti. Così occorre un rinnovamento coraggioso delle ragioni di esistere dei partiti, che debbono avere un progetto di società e per di più non solo italiana. Il tatticismo porta alla morte delle prospettive, del coraggio delle scelte, all’accantonamento del coraggio di collocarsi cercando i famosi né di destra, né di sinistra. Eppure c’è bisogno e richiesta di ritrovare un’idea di futuro collettivo per il nostro paese. Per questo, malgrado troppi tatticismi ed errori occorre riprendere il filo della riforma elettorale prima che sia troppo tardi. Già oggi è difficile.

In futuro potrebbe diventare impossibile.

Il maggioritario ha portato ad un corto circuito. Capisco che per alcuni sia difficile ammetterlo perché inseguono loro ideologie inattuali. In realtà il maggioritario in due decenni ha contribuito a rompere il rapporto tra eletti ed elettori, ha portato all’impossibilità di fare scegliere direttamente ai cittadini chi eleggere in parlamento, consegnando nelle mani dei capi il potere di decidere e questo ha prodotto un salto di qualità (negativo), non siamo più solo al cambio di gruppo dei singoli parlamentari ma alla creazione ex novo di partiti che non si sono mai presentati alle elezioni, di parlamentari che migrano in massa formando nuovi partiti e mandano in crisi le scelte di chi li ha eletti. Renzi docet. Ora basta. Il proporzionale è indispensabile perché il taglio dei parlamentari ha già alzato fin troppo la soglia per essere eletti, portando in molte situazioni ad un quorum oltre il 30 %, al Senato. Nove regioni avranno 2/3 partiti rappresentati se va bene.

Riconnettere cittadini ed eletti richiede una nuova legge elettorale che superi quella attuale.

Quindi non si tratta solo di arrivare ad una nuova normativa elettorale ma di scegliere contenuti che ridiano forza e interesse per la partecipazione, per le scelte, per il rapporto tra eletti ed elettori a cui debbono rispondere. Una buona legge elettorale rappresentativa, proporzionale, che restituisca agli elettori il diritto di scegliere chi deve rappresentarli, potrebbe essere la svolta per ridare slancio ad un vero confronto politico di merito, sulle scelte da fare. Tanto più importante in un paese che ha bisogno di discutere e di realizzare il PNRR come occasione per cambiare, con una scelta ambientale, occupazionale e sociale netta, alternativa all’assalto alla diligenza già in corso dei soliti poteri forti. Errori ne sono stati fatti tanti da chi non sta con la destra, ora è il momento del riscatto. Ora. Altrimenti la destra rischia di vincere più per le insufficienze altrui che per i suoi meriti. Porsi il problema di battere la destra sarebbe già un passo avanti, ma proporre coalizioni alla vecchia maniera non è la soluzione, è la malattia da cui guarire per ripartire e il proporzionale è coerente con questa ripartenza.

Chi si attarda nella convinzione che non è questo il momento della legge elettorale sbaglia, e rischia di pagare un prezzo politico pesante. Mentre l’iniziativa di comitati di cittadini di puntare ad arrivare alla Corte costituzionale per dimostrare l’incostituzionalità di questa legge elettorale è un modo per rimettere in movimento la situazione stagnante attuale in parlamento e convincere tutti che il momento per la nuova legge elettorale è proprio questo.

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