Gianfranco Sabattini
I conservatori hanno vinto le elezioni, più per merito dei riformatori che per merito loro.
I riformatori da tempo fondano la loro presunta diversità sulla pretesa di sapere fare meglio le cose che i conservatori propongono. E’ troppo poco. Occorre pensare ad un “progetto”, che non sia la risultante di qualcosa di “pasticciato” e pensato solo nell’imminenza di una consultazione elettorale. Occorre che i riformatori riflettano seriamente sul modo in cui offrire al Paese una risposta sufficientemente globale a tutti i suoi problemi, sia sul piano dei rapporti interni tra i gruppi sociali, sia sul piano delle relazioni internazionali.
Una riflessione efficace sul come elaborare un “progetto riformatore” richiede tempo ed impegno, sia per articolare in termini comprensibili i suoi contenuti, sia per riflettere sulla necessità di cambiare la natura del metodo di governo delle relazioni interne tra i gruppi sociali e di quelle esterne tra i diversi Paesi coi quali l’Italia interagisce.
A queste righe accludo una riflessione sul tema del precariato e del reddito di cittadinanza (“LA PRECARIETA’ DEL LAVORO FORMA MODERNA DELLA POVERTA’”) che, per quanto a prima vista possa sembrare settoriale ed essere percepita come esito della deformazione mentale di un economista, potrebbe costituire l’asse portante per un confronto tra tutti coloro che vorranno arricchire il dibattito su Democrazia Oggi. Il tema che propongo, come si potrà valutare, non è poi tanto lontano dagli argomenti che solitamente costituiscono l’oggetto del confronto politico generale. Esso evoca la necessità di una risposta innovativa a problemi antichi che il Paese, ma anche la totalità dei Paesi industrialmente avanzati (l’espressione Paesi post-moderni non riesco ad utilizzarla), stenta a risolvere. Per una via di uscita, come tento di illustrare nello scritto sulla precarietà (v. documenti), occorre pensare a radicali riforme istituzionali, ma anche a come rimuovere antiche credenze che sono valse a portare i riformatori sulle secche dalle quali non riescono a disincagliarsi.
A tal fine, non sono necessari “salti nel buio”, occorrerà tenersi saldamente ancorati alla realtà dei problemi cui occorre dare una soluzione. Servirà coraggio nel sostenere e nell’illustrare le innovazioni che si renderanno necessarie; occorrerà confrontarci con le acquisizioni conoscitive più avanzate della ricerca scientifica, sia nel campo delle scienze sociali, che in quello delle scienze naturali. Occorrerà anche smetterla di “trovare l’erba del vicino sempre più verde” della propria.
Spesso, e la lettura di alcuni scritti apparsi anche su Democraziaoggi sta a dimostrarlo, si fa riferimento a contributi provenienti da studiosi esteri; sul tema di discussione che propongo la cultura politica, economica ed istituzionale italiana è consapevole dei problemi da risolvere; sul piano operativo, però, questa consapevolezza non si è ancora tradotta in reali proposte politiche.
E’ possibile uscire da questa situazione? Io penso di si. Occorre però abbandonare la preoccupazione dell’immediatezza del risultato elettorale per privilegiare la riflessione sul come strutturare la proposta complessiva; ciò, al fine di renderla realmente alternativa alle “misure tampone” proposte dai conservatori (non importa se “di destra” o “di sinistra”), alle quali purtroppo anche i riformatori si sono sinora omologati.
Per vincere, ripartire dal progetto
9 Maggio 2008
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