Carbonia. Il contratto collettivo degli operai dell’industria mineraria dopo la Liberazione

11 Aprile 2021
1 Commento


Gianna Lai

Non c’è domenica senza post sulla storia di Carbonia a partire dal 1°settembre 2019.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro degli operai addetti all’industria mineraria viene firmato il 16 ottobre del 1946, uno dei primi rinnovi, nella appena nata Italia repubblicana. Durante quelle agitazioni, il sindacato chiese, su tutto il territorio nazionale, la riduzione dell’orario di lavoro per le maestranze dell’interno,  la garanzia di un pasto caldo e dei mezzi di trasporto, dichiarando la volontà ferma di voler combattere per la sopravvivenza delle miniere, ormai evidente la crisi anche nel resto del Paese. La campagna della Federazione minatori e cavatori si impernia sull’aumento della produzione e la diminuzione del prezzo di costo del combustibile. Per questo si chiede il miglioramento dei cottimi e dei premi di produzione, e non solo “per migliorare le condizioni salariali”, ma altresi per dimostrare che, anche diminuendo le ore lavorative, i minatori avrebbero mantenuto inalterato il livello produttivo.
E il nuovo Contratto collettivo prevede l’aumento del 35% dei minimi salariali e dell’8% dell’indennità di sottosuolo, sempre commisurati al livello delle paghe esistenti al momento, più alte al Nord, ricordiamo, più basse nel Mezzogiorno e in Sardegna. Ed assegnati gli aumenti con carattere progressivo, essi venivano crescendo dal minatore all’ingegnere, sempre basato sui minimi di paga  il salario base, vario all’interno delle varie categorie, come da Tabelle pubblicate nell’opuscolo, a cura della SMCS, il 16 ottobre 1946. Distinti per zone salariali i “minimi di paga oraria”, la Sardegna in 4^ zona:
zona    operai specializzati   operai qualificati     manovali specializzati      manovali comuni.
1^             30,60                        27,70                        26,10                                  24,05
2^             28,80                        26,00                        24,55                                  22,60
3^             27,15                        24,65                        23,25                                  21,45
4^             26,30                        23,85                        22,45                                  20,70

E  la Tabella dei nuovi minimi di paga per gli operai Carbosarda, al 5 novembre 1946, questa volta sugli “importi giornalieri”.
Interno                    Paga base     Contingenza        3°Elemento    Sottosuolo
operaio special.          lire   218           160                     84,80                20
operaio qualif.              197,20            160                     63,20                20
operaio comune            186                 160                     58,80                20
manovale comune         171,60           160                     41,20                20

Esterno
operaio special.          lire 218          160                        84,80
operaio qualif.                197,20        160                        63,20
operaio comune              186             160                        58,80
manovale comune           171,60       160                        41,20
donne capo fam.              120            139,20                  52,40
donne non capo fam.       120            139,20                  18,80

Ragazzi dai 16 ai
18 anni                        lire 120            120                        41,20
ragazzi inferiori ai
16 anni                               92,80           80                         1,60

Ne emergeva una paga base così ridotta, da essere superata dal cottimo, ancora definito a seconda del salario giornaliero, delle zone di lavorazione, della qualità dell’estrazione, delle condizioni dello strato, dell’altezza delle gallerie, del calore e delle alte temperature, del livello di umidità. Sicchè all’armatore veniva computato in base al numero di ‘quadri’ di legno posti per armare le gallerie, al minatore secondo il numero di berline di tout-venant estratto. Penalizzati ancora i lavoratori delle zone a più alto contenuto di sterile, perché sottoposti a maggiore fatica e neppure lontanamente risarciti dal cosidetto ‘premio per il lavoro disagiato’, ancora  definito esclusivamenete ad arbitrio del sorvegliante.
Il cottimo riservato solo ai lavoratori dell’interno, regolato come sempre a livello aziendale, come le indennità di sottosuolo, i premi, ecc, a differenza della paga base, definita dai Contratti Collettivi nazionali, come già detto, firmati con l’Associazione degli industriali. E, pur restando continue le richieste di lavoratori e  Commissioni interne del Sulcis per la rivalutazione del salario, sempre all’insegna, le vertenze aziendali o territoriali, della razionalizzazione e del miglioramento dei cottimi. Di cui resistevano così vessatori i sistemi di computo, che i minatori costretti,  per raggiungere una paga meno indecente,  a incentivi, straordinari e  prestazioni oltre l’orario, cercavano di trasferirsi a Carbonia, onde sottrarsi al cottimo bedaut. Responsabile di salari ancora più bassi, in riferimento a tutte le miniere Montedison, Pertusola, di Monteponi, Montevecchio e dell’intero Iglesiente.
Per il resto, il Contratto nazionale degli operai addetti all’industria mineraria, si inquadra nella politica della CGIL, prima di tutto impegnata sul fronte caldo degli aumenti dei prezzi, come già detto.
Infatti “Obiettivo centrale della politica rivendicativa della CGIL, il controllo degli effetti degli aumenti dei prezzi” e, da questo punto di vista, “l’accordo sulla scala mobile del 1946, stipulato più di un anno dopo la Liberazione,  fu probabilmente il maggior successo sindacale di tutto il periodo….”,   un meccanismo che faceva crescere i salari secondo gli aumenti nel costo della vita. Accompagnato dalla sottoscrizione, a novembre, di un accordo Industriali-CGIL per una tregua salariale di 7 mesi, intendendo la CGIL cooperare a una politica di blocco dei prezzi che, tuttavia, il governo non avrebbe mai attuato, aggiunge polemicamente la studiosa Bianca Beccalli 3).
Un accordo  che  prevedeva, tuttavia,  “l’aumento del 35% dei salari minimi, il pagamento di 200 ore, cioé della tredicesima mensilità agli operai, 12 giorni di ferie pagati, il pagamento delle festività infrasettimanali, la conferma della scala mobile sull’indennità di contingenza”, vantaggi ottenuti inizialmente dagli operai del Nord e poi estesi a tutti i lavoratori che, come ricorda ancora Vincenzo Cutaia, “dettero, per un pò, qualche  sollievo agli operai di Carbonia”.
Leggiamo in Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia, le parole di Di Vittorio sulla linea di tendenza del Sindacato nella contrattazione con gli industriali e nel rapporto con le masse popolari, sempre più avanti nelle  loro  richieste di miglioramento delle paghe:  per quanto riguarda il “problema dei livelli salariali, dobbiamo tener conto, dice Di Vittorio, dello stato d’animo delle masse, che tendono a sfuggire anche dalle mani stesse della nostra organizzazione”. E  denunciava insieme, Di Vittorio, l’ostruzionismo degli industriali, ribadendo  l’impegno, sostenuto  per lungo tempo dalla CGIL, “per contenere il movimento delle masse, per moderare  le rivendicazioni dei lavoratori, per evitare degli scioperi, delle agitazioni”.
Sulla stessa linea, il Congresso della Camera Confederale del lavoro di Cagliari, dicembre 1946, alla presenza del prefetto, dei rappresentanti politici, della stampa, e “partecipe del concorde clima ricostruttivo”, ribadisce  il valore dell’unità, nella lettura che il rappresentante dei minatori del Sulcis-Iglesiente, Martino Giovannetti, fa del documento della CGIL nazionale. “Che si appella al senso di solidarietà dei minatori di Carbonia, per una più forte produzione di carbone da destinare alle industrie dell’Italia settentrionale, minacciate dalla paralisi in seguito  allo sciopero dei minatori americani, in lotta per il raggiungimento di un migliore tenore di vita”. E i delegati dei minatori  sulcitani daranno ampia garanzia sul loro impegno per  assicurare alle industrie continentali, e quindi ai lavoratori, “il fabbisogno di carbone necessario fino ai prossimi arrivi di combustibile estero”, come ricorda Giannarita Mele nella “Storia della Camere del Lavoro di Cagliari nel Novecento” .
In quella particolare circostanza, la proposta sui Consigli di gestione nelle fabbriche della Sardegna, la novità, a fianco alla appena istituita Federterra nelle campagne, “onde ottenere dal governo l’appoggio e rendere effettiva l’occupazione delle terre già attuata”. E l’annuncio della nascita di nuovi uffici, legale e statistico, presso le Camere del lavoro  territoriali, “per  rilanciare la costituzione  di sindacati e di leghe in tutta la provincia”.

1 commento

Lascia un commento