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Siamo per il giudice naturale precostituito per legge, ossia costituito prima della commissione del reato. Deve trattarsi poi di organi giurisdizionali ordinari che giudicano tutti i cittadini. Lo prevede la nostra Costituzione, volendo scongiurare la creazione nel nostro Paese di tribunali speciali di triste memoria. Il principio del giudice naturale insieme a i principi sul giusto processo sono garanzie indefettibili in un ordinamento democratico e rispondono a irrinunciabili principi di civiltà giuridica. I giudici straordinari - come la storia insegna - vengono istituiti con un fine preciso (condannare o assolvere), e dunque non sono dotati del carattere di terzietà (indipendenza e imparzialità) che deve caratterizzare la giurisdizione.
Ecco perché non si può condividere la decisione di Barack Obama di riaprire i contestati tribunali speciali di George W. Bush. Comprendiamo le cautele di un presidente, esposto anche a rischi personali in un Paese intriso di violenza perfino ai vertici statali come la tragedia dei fratelli Kennedy prova. Tuttavia è innegabile l’incoerenza di questa scelta rispetto alle promesse elettorali.
Cosa significa l’affermazione della Casa Bianca di non poter fare a meno dello strumento delle commissioni militari? Per processare i più pericolosi detenuti attualmente reclusi a Guantanamo si possono trovare altre cautele, compreso il processo a porte chiuse, eccezionalmente ammesso anche negli ordinamenti civili (anche nel nostro), ma le commissioni militari è meglio sopprimerle senza rimpianti. E non bastano, per mantenerli, i paletti imposti da Obama al loro funzionamento, rafforzando in modo significativo il diritto alla difesa dei detenuti.
Non è vero che questo è il modo migliore per proteggere il Paese, come ha dichiarato Obama né che in questo modo si mantengono “i valori piu’ importanti”. Hanno ragione a parlare di “duro colpo allo stato di diiritto” le organizzazioni per i diritti civili come Aclu e Amnesty International, che si sono battute per anni di fronte alle corti federali per cercare di affondare l’apparato speciale voluto da Bush, Dick Cheney e Donald Rumsfeld dopo l’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono.
I processi militari erano stati congelati da Obama lo scorso gennaio, in concomitanza con l’annuncio di voler chiudere la prigione di Guantanamo entro la fine dell’anno. Il Pentagono, il ministero della Giustizia e lo staff legale del presidente hanno lavorato da allora a studiare alternative su cosa fare dei piu’ ‘duri’ tra i 240 prigionieri ancora nella base navale americana a Cuba, come lo stratega reo confesso dell’attacco all’America dell’11 settembre 2001, Khalid Sheikh Mohammed. Alla fine, scartate le alternative giudicate inaccettabili, Obama ha assunto la sciagurata decisione di tenere parzialmente in piedi le commissioni militari, ritenendolo l’unico ambito in cui si possono celebrare processi basati su documenti della Cia e fonti segrete. Nessuna indicazione specifica e’ stata diffusa per ora su dove e come verranno gestiti i processi.
C’è tempo però per riflettere su questo passo indietro. Obama ha annunciato che sara’ necessaria un’altra proroga di 120 giorni, prima che le commissioni possano tornare a operare. Durante quest’arco di tempo, il Congresso rivedrà la questione. E’ lì che l’amministrazione cerchera’ di far passare le modifiche che assicurino le garanzie fondamentali per gli imputati. In primo luogo, ha affermato Obama, ”che non siano piu’ ammesse come fonti di prova dichiarazioni ottenute dai detenuti usando metodi d’interrogatorio crudeli, disumani e degradanti”. Inoltre, verra’ ridimensionata anche la possibilita’ di usare dichiarazioni di terzi che non siano avvalorate da indizi. Ancora, agli imputati verra’ data ampia possibilita’ di scelta dei loro difensori, verranno offerte ”le protezioni essenziali a chi rifiuta di testimoniare” e i giudici delle commissioni militari saranno liberi di decidere sull’effettiva giurisdizione dei loro tribunali. ”Le commissioni militari hanno una lunga tradizione negli Stati Uniti”, ha ricordato, a propria giustificazione, il presidente, sostenendo di non essersi mai opposto ad esse in quanto tali, ma solo alla modalita’ con cui sono state pensate da Bush. I tribunali speciali ‘’saranno il luogo legittimo per i processi - ha soggiun Obama - una volta riportati nell’alveo dello stato di diritto”. Ma le organizzazioni per i diritti civili, nonche’ una larga fetta del mondo politico liberal che ha votato Obama, non sono d’accordo. ”Non si puo’ riattivare un sistema che e’ fondamentalmente ingiusto”, ha detto Rob Freer, della sezione statunitense di Amnesty International: ”Nessun impegno ad aggiustare le cose - ha aggiunto - puo’ mettere a posto un sistema screditato come questo”. Per Anthony Romero, direttore esecutivo dell’Aclu, le commissioni ‘’sono illegittime, incostituzionali, e incapaci di portare esiti di cui ci si possa fidare: e’ assurdo pensare di poter cambiare le regole per ottenere processi giusti, questi tribunali non hanno alcun posto nella nostra democrazia”. E certo non si può dar loro torto. Anche se sono evidenti le difficoltà e le resistenze anche in casa democratica ad archiviare interamente l’era Bush, è necessario che Obama lo faccia con decisione, se non vuol perdere il grande consenso che lo ha portato alla Casa bianca. Se non vuol frustrare le grandi aspettatve che ha suscitato nel mondo intero.
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