Assegno unico per le famiglie, reddito di cittadinanza o reddito universale?

2 Aprile 2021
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Andrea Pubusa

L’Assegno unico per famiglie con figli è Legge dal 30 marzo, votato quasi all’unanimità: con 227 sì, nessun no e 4 astenuti.
“L’assegno unico e universale – ha spiegato la ministra  Elena Bonetti – è un provvedimento che fa parte del Family Act e consiste in una quota che verrà data a ciascun figlio, dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età, mese dopo mese, maggiorato dal terzo figlio e nel caso anche di bambini disabili. E’ per tutti. La misura introdotta dalla Legge di bilancio 2021 prevede un’erogazione mensile suddivisa per vari importi, spettante alle famiglie con figli minorenni e maggiorenni a carico, fino a un importo massimo di 250 euro mensili per figlio, e la quota dipenderà dal reddito, quindi le famiglie meno abbienti riceveranno di più, e le più ricche avranno solo una quota base”. Inoltre, una norma transitoria preannunciata dalla ministra consentirà di non perdere il beneficio anche alle famiglie che hanno detrazioni fiscali per figli di oltre 21 anni. Il ministero dell’Economia è al lavoro sui “calcoli precisi”.
La ministra della Famiglia ha salutato con parole enfatiche l’approvazione della legge sull’assegno universale per i figli: “rimette al centro le nuove generazioni”.
Certamente è una misura positiva - come il reddito di cittadinanza, del resto - in una situazione di crisi drammatica e di ritorno di vaste masse alla povertà. Ma proprio la grave situazione mette in luce la necessità di fare di più.
Si può pensare al reddito universale? Milioni di cittadini, di lavoratori sono costretti a bloccare le loro attività e a rimanere senza entrate. Il reddito di cittadinanza già sopperisce a questo, ma per frange marginali della popolazione. Qui siamo in presenza di artigiani, piccoli, imprenditori, artisti, professionisti per il quale il reddito di cittadinanza non è previsto. Per costoro sarebbe efficace solo il reddito universale, già teorizzato da grandi economisti e, come al solito, banalizzato da molti sedicenti intellettuali e politici locali e anzitutto da chi oggi ne avrebbe un vitale bisogno. Ricordate la boutade di Renzi che lo vedeva come un’incentivo a stare nel divano a guardare la TV da mane a notte?
In realtà, il reddito di base incondizionato o reddito di sussistenza o reddito minimo universale è un’erogazione monetaria permanente, distribuita a tutte le persone dotate di cittadinanza e di residenza, cumulabile con altri redditi (da lavoro, da impresa, da rendita), indipendentemente dall’attività lavorativa svolta o non effettuata (dunque viene erogata sia ai lavoratori sia ai disoccupati), dal sesso, dal credo religioso e dalla posizione sociale, ed erogato durante tutta la vita del soggetto. Un reddito sicuro dalla culla alla tomba!
Ci sono state varie proposte di eminenti economisti. Una prima versione, avanzata da James Meade, è il dividendo sociale. L’economista inglese ipotizzò che, in una società dal lavoro sempre più scarso, parte dei proventi del reddito personale non avrebbero più potuto essere coperti dal reddito da lavoro; veniva enucleato pertanto un nuovo modello socioeconomico che includeva tra i suoi istituti anche un dividendo sociale, e cioè un beneficio pubblico indipendente dal contributo lavorativo personale ed uguale per tutti i cittadini. La proposta è collegata alla previsione che l’uso sempre più esteso delle macchine, dell’intelligenza artificiale e del telelavoro riduca enormemente le ore lavorate, ma aumenti la produzione e la ricchezza. Il vecchio sogno dell’umanità di vivere senza lavorare (come nel paradiso terrestre) è ipotizzabile oggi, come ci ha ricordato ancora De Masi con parole efficaci.
La fondatezza di questa ipotesi è tale che attraversa le diverse scuole di pensiero. Anche nel mondo liberale e libertariano ci sono state proposte di reddito di base, in quanto rientra in uno stato minimo la tutela dell’ordine sociale, che verrebbe messo in crisi dalla presenza di ampie fasce di popolazione al di sotto della soglia di sussistenza. Tale è la posizione di Friedrich von Hayek. Più recentemente Milton Friedman e Juliet Rhys-Williams hanno proposto un sistema basato su un’imposta negativa. In un tale sistema viene definito un livello minimo di reddito a cui tutti hanno diritto; mentre la tassazione positiva - cioè quella tradizionale - avrebbe insistito solo sui redditi superiori a questa soglia, quanti si trovavano al di sotto avrebbero beneficiato di una tassazione negativa, avrebbero cioè ricevuto dallo Stato un beneficio pari alla quota necessaria al raggiungimento della soglia stabilita; essendo fondata sul reddito dichiarato, è un sussidio, ma in queste situazioni è pur sempre un rimedio alla caduta in povertà.
L’attualità di questa prospettiva è testimoniata dalle inziative dell’Europa. La Commissione europea ha deciso di autorizzare l’ECI-UBI, l’Iniziativa dei Cittadini Europei per l’introduzione di un reddito di base incondizionato negli Stati membri dell’Europa. Il titolo dell’iniziativa è: “Start Unconditional Basic Incomes throughout the EU” (Avviare redditi di base incondizionati in tutta l’ UE).
L’iniziativa, conclusa il 24 settembre, prevedeva la raccolta di almeno 1 milione di firme da parte di cittadini europei che risiedono nei diversi stati membri.
La raccolta delle firme è volta a chiedere alla Commissione Europea di introdurre un reddito di base a livello europeo. Commissione Europea e Parlamento Europeo dovranno discutere dell’opportunità di introdurre, attraverso atti deliberativi, forme di reddito di base nei diversi stati membri dell’UE. Bisogna che anche in Italia ci sia una spinta in questa direzione superando pregiudizi e banalizzazioni. Il Covid e le chiusure spingono verso questo risultato, coinvolgendo milioni di cittadini, privati del loro reddito. L’alternativa è vedere intere categorie sociali passare pericolosamente fra le frange della protesta, in questo caso quasi sempre egemonizzata dalle destre. Un pericolo per la demcrazia.

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