Gianna Lai
Anche questa domenica la storia di Carbonia, primo post il 1° settembre 2019.
Tra il 1945 e il 1947, come dice la prof. Giannarita Mele, si contano oltre 40 scioperi nel Sulcis-Iglesiente, dai minatori dei pozzi di Carbonia, Cortoghiana e Bacu Abis, ai dipendenti SMCS del porto e dello stabilimento per la distillazione del combustibile Sulcis a Sant’Antioco; dai lavoratori delle Ferrovie Meridonali Sarde, a quelli della Cooperativa di consumo in città. Vi corrispondono gli scioperi di Iglesias, i primi risalgono al marzo 1946, di San Gavino e Carloforte ecc., ma risulta che “scioperano il doppio i minatori di Carbonia, sempre secondo la professoressa Mele, rispetto a quelli dell’Iglesiente”, ottenendo spesso risultati a loro favore, come da Relazioni del Prefetto al Ministro. Riprendono infatti le manifestazioni e gli scioperi del ‘46, subito dopo le elezioni amministrative: il 2 maggio, 1500 operai di Pozzo Roth, Pozzo Nuovo e Pozzo Est a Bacu Abis scioperano per il miglioramento delle tariffe dei cottimi, stessa protesta a Pozzo Tanas, a Carbonia. Il 10 maggio tocca a 180 operai di Serbariu.
E ancora scioperi il 10 giugno a Bacu Abis, 250 operai di Pozzo Nuovo, per il mancato acconto sui salari, il 23 a Bacu Abis, “per l’allontanamento di un sorvegliante inviso a molti, come scrive il prefetto, “Accontentati, gli operai riprendevano il lavoro nella stessa giornata” . E il 24 luglio in tutti i cantieri SMCS, per il pagamento del “Premio Avvento della Repubblica, per l’aumento degli assegni familiari e per il mancato acconto sui salari”. Il fatto è che, “gli accordi salariali, come spiega ancora il prefetto Sacchetti a questo proposito, nel Centro-Meridione non hanno ancora avuto pratica attuazione, per sopravvenuti nuovi orientamenti e conseguenti difficoltà di applicarli”. E poi il 2 agosto sciopero ancora alle Ferrovie Meridionali Sarde per ottenere aumenti salariali. E ancora per adeguamenti salariali, il 30 settembre 170 operai e impiegati della Cooperativa di Consumo di Carbonia, “soddisfatti i desiderata”, aggiunge il prefetto. E il 3 ottobre, giornata impegnativa per tutti gli operai del settore, “i lavoratori del Sulcis-Iglesiente partecipano allo sciopero nazionale indetto dalla CGIL sulla regolamentazione dei turni di notte e per ottenere le mense aziendali”, una mobilitazione che coinvolge l’intera provincia di Cagliari, con scioperi, comizi e manifestazioni di massa. E poi dall’8 al 10 ottobre, a Bacu Abis, 300 operai ritardano l’ingresso al lavoro, “pretendendo l’allontanamento del direttore di miniera Leonardo Cioni, perché malvisto a causa del suo carattere rigido. Gli operai lo hanno allontanato e poi hanno ripreso il lavoro”, si legge, nella Relazione del prefetto Sacchetti al Ministro dell’Interno.
E sono ancora sempre presenti nella protesta organizzata dalla CGIL provinciale i minatori di Carbonia, come quella dell’8 ottobre, “5mila dimostranti a Cagliari, organizzati da PCI, PSI, UDI e Camera del Lavoro, comunica il prefetto, per richiedere alloggi e miglioramento delle condizioni di vita”. E poi alle manifestazioni per la “lotta al carovita e alla disoccupazione, punto centrale della politica nella CGIL” che, a partire dalla “vertenza sull’indennità di Liberazione”, indice scioperi generali in provincia, come quello del 4 ottobre, mentre cresce la mobilitazione per l’indennità di contingenza e per la riforma della Cassa mutua. E promuove nel territorio e nel capoluogo la mobilitazione, in particolare, delle categorie che risultano le più forti, ferrovieri, tranvieri, salinieri, lavoratori della Italcementi e telefonici della Teti: la Camenra del lavoro cagliaritana sostiene pure i lavoratori del pubblico impiego, in agitazione per ottenere adeguamenti salariali e contro il carovita e la disoccupazione, ma anche le agitazioni spontanee, nei luoghi di lavoro, non indette dal Sindacato. “Rivendicazioni unificanti” quelle della Camera del lavoro di Cagliari, dice Giannarita Mele, nel duro inverno 1945-46, quando la protesta si allarga ai reduci, che chiedono l’applicazione dell’ordinanza governativa emessa nel settembre 1945, “il riassorbimento negli uffici pubblici dei reduci, al posto delle impiegate donne”. E la lotta delle impiegate che, accusando a loro volta la Camera del Lavoro di Cagliari di “non tutelare a sufficienza il diritto al lavoro delle donne, per non parlare della sperequazione salariale”, chiedono di costituirsi in Commissione femminile all’interno del Sindacato, “perché solo con la loro attività le donne potranno salvaguardare il loro diritto al lavoro”.
Il movimento diviene ampio, cresce il sindacato e la partecipazione politica nei luoghi di lavoro, potenzialità nuove emergenti dal processo stesso della ricostruzione, pur se fortemente condizionate dall’ancor debole sviluppo di una vera e diffusa industria moderna in provincia. Mantenendosi sempre ben fermo il piano delle rivendicazioni territoriali, dentro un quadro nazionale che direttamente gli corrisponde, “adeguamento delle retribuzioni delle categorie peggio pagate, adozione della scala mobile per tutte le categorie, lotta al mercato nero, abolizione dei contratti di lavoro fascisti e stipulazione di nuovi accordi; elaborazione di un programma nazionale di ricostruzione economica, come strumento di solidarietà e di effettiva unità nazionale; derequisizone degli stabilimenti requisiti dagli angloamericani, nazionalizzazione dei monopoli e delle industrie chiave; riforma agraria”. Questa la politica della CGIL, come la sintetizza Sergio Turone nella sua Storia del Sindacato, questo il contesto ampio in cui si muovono le leghe anche a Carbonia nel dopoguerra. Tra mille difficoltà, certamente, e suscitando i più forti contrasti, in provincia, tra PCI e DC, che continua a considerare “pericolose le manifestazioni di piazza”. E provocando i più duri commenti dell’Ufficio Provinciale Industria e Commercio su Carbonia e i suoi minatori, che a questo quadro complessivo di rivendicazioni partecipano attivamente, nelle Note mensili regolarmente inviate al prefetto: “Mutamenti non trascurabili nel settore estrattivo in genere. La situazione carbonifera è determinata, non già dal complesso tecnico vero e proprio e dalla dotazione o mancanza di materie prime d’importazione, bensì da una caotica situazione sociale, che porta ad agitazioni continue della massa operaia. Tale stato di cose determina tutti i mesi un continuo aggravio di spese, non affatto equilibrato da una aumentata produzione, che anzi peggiora, causa le agitazioni che fan diminuire le giornate lavorative”.
1 commento
1 Aladinpensiero
21 Marzo 2021 - 08:11
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=120191
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