Trump, censura e libertà di manifestazione del pensiero

13 Gennaio 2021
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Andrea Pubusa

L’attacco al Congresso USA pone molti quesiti giuridici su questioni di grande delicatezza. Per esempio, possono delle aziende private che gestiscono mezzi di comunicazione (twitter, facebook ecc.) silenziare o cancellare un utente, addirittura il Presidente degli States? La risposta ragionevole, a primo acchito, è negativa. Si tratta pur sempre di una censura, che e’ l’esatto contrario della liberta’ di manifestazione del pensiero. E se il presidente incita alla violenza? La risposta diventa perplessa perché, da un lato, la violenza va scongiurata e l’incitamento all’assalto del Congresso è un delitto, ma dall’altro, rimane una ingerenza di privati in una sfera importante: la libertà di pensiero e di stampa o di comunicazione.
Ovviamente, nel caso di Trump la parte democratica ha accolto con sollievo il silenziamento, ma se la censura venisse posta in essere in danno della parte democratica? Il quesito mette in luce un aspetto della questione ineludibile. A livello costituzionale le garanzie e le limitazioni delle libertà devono valere in eguale misura per tutti. Non ci possono essere due pesi e due misure a seconda del credo o del programma politico.
Nella Costituzione italiana la materia è disciplinata con accuratezza. L’art. 21 stabilisce: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto…”.

In sintesi, non sono ammesse censure, ossia limitazioni prima della pubblicazione, le restrizioni sono adottate da un organo terzo, l’autorità giudiziaria e solo per delitti per i quali la legge espressamente lo preveda. Insomma, la libertà di manifestazione del pensiero e di divulgazione è ben presidiata, con riserve di legge rinforzate e con la riserva di giurisdizione: solo la legge può prevedere (e solo in caso di delitti individuati espressamente) le limitazioni, che possono essere adottate solo dalla magistratura.
I problemi però non mancano, le aziende che hanno silenziato Trump sono private e hanno dimensione sovranazionale, vivono nel mondo globale privo di regolazione e di organi di governo. Dunque, le Carte nazionali be poco possono contro di esse. La qualcosa mostra quanto la materia sia incandescente e sfuggente. Si potrebbe ipotizzare una pubblicizzazione di questi mezzzi di diffusione di massa, ma si tratta oggi di una posizione velleitaria e poi di per sé scarsamente rassicurante. Il grande censore può essere proprio lo Stato, ossia la maggioranza di turno. Più realisticamente dovrebbe pensarsi ad un’autorità indipendente preposta a intervenire sulla materia o meglio - come in Italia - il compito dovrebbe essere demandato all’autorità giudiziaria, che negli ordinamenti democratici è l’ordine dotato della massima terzietà rispetto all’esecutivo. Rimangono ovviamente le difficoltà connesse alla regolazione di soggetti che operano in una dimensione globale, per sua matura fuori dalla sfera di uno stato o di un ordinamento. Certo, è tuttavia, che non si può lasciare nelle loro mani la decisione su libertà fondamentali come quella di manifestazione e diffusione del pensiero.
In conclusione, il silenziamento di Trump pone questioni molto delicate e di difficile soluzione. La tecnica di tutela delle contrapposte esigenze enucleata nell’art. 21 della nostra Carta pare condivisibile e da indicare come linea da seguire, anche se i problemi sono resi più complessi dalla globalizzazione, che spunta le armi degli Stati. Comunque, individuare i problemi è già il punto di partenza per la loro isoluzione.

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