Benedetto Ballero
Il voto favorevole del corpo elettorale, ai sensi dell’art. 15 dello Statuto della Sardegna, per dirla con Mortati, costituisce, un elemento essenziale per il perfezionarsi dell’atto legislativo. “In mancanza di ciò non vi è legge”.
Nonostante tutto, però, il Presidente Soru, compiendo una grave violazione dello Statuto, ha egualmente promulgato, come legge statutaria, il testo da lui voluto, che pur non era diventato legge, forse nella consapevolezza, o comunque nell’auspicio, che le regole costituzionali non rendessero possibile un tempestivo controllo su un tale atto di arroganza.
Ed in effetti il ripristino delle regole è stato possibile solo grazie all’innovativa strada del conflitto di attribuzioni, contro l’atto di promulgazione che la Corte Costituzionale ha correttamente ritenuto ammissibile, ed in linea con sue precedenti pronunce.
La sentenza della Corte Costituzionale, quindi, ha ora puntualmente ricordato che la “legge statutaria sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi” e che questa condizione “con tutta evidenza, non si è avuta nel caso di cui al presente giudizio”.
Essa, quindi, non ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della c.d. legge statutaria, ma ha semplicemente detto che non è mai esistita una legge statutaria, avendo il Presidente Soru dato “efficacia ad una legge statutaria il cui procedimento di approvazione non era giunto a compimento”.
Si è creata, perciò, una situazione non molto diversa da quella della promulgazione come legge nazionale di un atto votato solo da una delle due Camere, o da quella del decreto legge non convertito, senza regolamentazione degli effetti pregressi.
I sardi perciò hanno dovuto rispettare ed applicare, come loro legge fondamentale, un atto che legge non è, e che legge non è mai stato.
Si sono svolte elezioni secondo regole (a cominciare dallo scioglimento anticipato del Consiglio Regionale) che giuridicamente non sono mai esistite.
Sulla base di tale c.d. legge statutaria (inesistente) si sono escluse candidature, si sono avallate, provvisoriamente, elezioni di Consiglieri regionali altrimenti ineleggibili, si sono determinate decadenze (insussistenti) di Consiglieri Regionali diventati Assessori.
Si è creato sul piano istituzionale un caos raramente visto in precedenza. Non ho memoria di leggi dichiarate così, “inesistenti”.
La Corte, infatti, in questo caso, ha adottato la sua decisione in appena 34 righe, tanto era ed è elementare il quesito che le è stato sottoposto, e che ben avrebbe potuto essere risolto in modo corretto anche da un qualsiasi medio studente di secondo anno di Leggi.
Sul punto perciò eravamo stati facili profeti nel ricordare ripetutamente, pur in presenza di compiacenti e servili avalli alla volontà del Presidente, che, una volta indetto il referendum, il testo della “statutaria” doveva essere necessariamente approvato dalla “maggioranza dei voti validi” e che ciò non poteva considerarsi avverato, né avendo riguardo (senza quorum) al risultato del voto, che aveva visto il largo prevalere dei NO, né cercando di considerare acquisita l’approvazione con l’artificio del (falso) quorum, e l’affermazione quindi, della invalidità del referendum.
In entrambi i casi, infatti, la conclusione non poteva che essere quella della “mancanza di una maggioranza di voti validi” e della non promulgabilità della legge statutaria.
Tali principi sono stati ora ben espressi dalla Corte Costituzionale che ha ribadito come “nella disposizione statutaria ci si riferisce solo ad un dato oggettivo, costituito dalla prevalenza, fra i voti validamente espressi nel referendum, di quelli di approvazione, rispetto a quelli contrari : è palese che tale condizione non è stata soddisfatta, né alla luce dell’esito della consultazione, ove i voti contrari hanno prevalso, né, a maggior ragione, se si dovesse considerare invalido il procedimento referendario, e inidoneo come tale ad esprimere una valida maggioranza favorevole”.
La c.d. legge statutaria, perciò, non è mai stata legge regionale.
Peccato che la Corte Costituzionale non abbia voluto essere più esplicita nella sentenza, pur comprensibile per chi voleva comprenderla, dello scorso anno, in occasione del referendum, ed abbia confidato in quella intelligenza interpretativa che evidentemente è allora mancata alle forze politiche di maggioranza, ed al Presidente, il quale, anzi, sfrontatamente, ha effettuato la promulgazione poche ore prima della seduta del Consiglio Regionale nella quale si sarebbe dovuto discutere appunto della promulgabilità o meno.
1 commento
1 Efis Pilleri
12 Maggio 2009 - 19:12
Ballero dice, giustamente, che la sentenza della Corte è talmente semplice e chiara che sarebbe stato in grado di esprimersi con simili argomentazioni anche uno studente che avesse appena preparato l’esame di Diritto costituzionale. Eppure circolano ancora sul web commenti di “esperti” che cercano, come si dice in campidanese, “de fai sa cordula a sa musca”…
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