Andrea Pubusa
(un razzista bianco soccorso da due neri a Londra)
Francesco, nella sua Enciclica “Fratelli tutti“, non fa discorsi astratti. Ti colpisce e t’interroga in concreto. Se tu trovi per strada un estraneo aggredito e ferito dai briganti, che fai? Te ne vai di fretta o ti fermi ad assistere il ferito, a fare in modo che sia curato ed accolto e ti fai carico delle spese fino a quando non si sarà rimesso? Insomma, ti interessi dei deboli o giri lo sguardo e scappi senza aver visto nulla?
Bella domanda! Un quesito diretto che, prima della risposta, ti costringe a riflettere su te stesso, a pensare da quale parte vuoi stare, ti spinge potentemente a trasformarti. Ed oggi uomini e donne sofferenti nella strade, per l’assalto rivolto loro dai brigant, ne vediamo tanti, masse sterminate ridotte alla fame, al bisogno, alla guerra, alla migrazione da chi regge le sorti ecnomiche e politiche del mondo (i briganti).
Hai da fare, il tuo tempo è prezioso. Che fai? Ti fermi e ne spendi per il soccorso o pensi solo a te stesso? Ti apri agli altri o ti chiudi nel tuo egoismo? Questa alternativa ha anche una valenza non individuale: la società è malata quando mira a costruirsi voltando le spalle agli altri, è vitale quando si apre ai bisogni della gente, non la lascia sola. La valenza laica, politica e ordinamentale, è palese. Che Stato vuoi? Che Costituzione vuoi? Per quale politica ti batti? Stai con i ceti popolari o lasci fare ai briganti?
Il soccorritore poi non è uno qualunque, è un samaritano, considerato dai giudei parte di una comunità impura e da disprezzare, e l’uomo aggredito e ferito è un proprio un giudeo. Come un nero e un bianco? Al buon samaritano non importa “se il ferito viene da qui o da là“. Lui lo soccorre con amore senza guardare dove è nato e dove va. Potente, anche nei particolari, l’attualità del racconto di Cristo e nell’esortazione all’interlocutore: “Va’ e anche tu fai così“.
Ha ragione Franceso quando osserva: “il racconto, diciamolo chiaramente, non fa passare un insegnamento di ideali astratti, né circoscrive la funzionalità ad una morale etico-sociale“. “Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile, non possiamo lasciare che qualcuno rimanga ai margini della vita. Questo deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questa è dignità“.
Ecco il punto. “Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza“. “Tutti - dice Francesco - siamo o siamo stati come questi personaggi della parabola: “tutti abbiamo qualcosa dell’uomo ferito, qualcosa dei briganti, qualcosa di quelli che passano a distanza e qualcosa del buon samaritano“. La dinamica della lotta, interiore e sociale, ci spinge, di fronte alle vicende del mondo, a definire la nostra identità . Questa può e deve trasformarsi e formarsi “nel confronto con la dolorosa manifestazione dell’uomo caduto, umiliato”. Per avere dignità, non c’è che stare con l’umanità aggredita e ferita. Una chiamata, questa di Francesco, perentoria e inepuivocabile all’impegno e alla mobilitazione individuale e collettiva.
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1 Aladinpensiero News
13 Ottobre 2020 - 09:27
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