Andrea Pubusa
Nel post di ieri abbiamo visto che il Tar ha ritenuto d’individuare il punto debole dell’ordinanza Solinas dell’11 settembre scorso nella competenza. Statale ha sentenziato il Giudice, ricostruendo il quadro normativo. Altra questione, strettamente connessa, la libertà di circolazione e soggiorno non limitabile con atto regionale.
Il Tar tuttavia non si limita a considerioni di natura giuridica entra in modo vistoso nell’esame dei presupposti di fatto e nega che la situazione-contagi fosse grave a settembre, non solo ma si avventura in una previsione: ragionevolmente - afferma - i contagi caleranno cessata la stagione estiva. Ora è principio base del giudizio amministrativo che il Giudice non può sindacare il merito amministrativo, ossia quella parte del provvedimento che la legge rimette all’amministrazione, ossia l’opportunità del provvedimento. Anche l’istruttoria rientra fra i poteri dell’amministrazione e solo se è lacunosa, incompleta o peggio mancante può integrare un vizio che mette capo all’annullamento. Non può l’amministrazione incidere nella sfera giuridica dei cittadini senza conoscere puntualmente la situaziome. Nel caso Solinas il Tar non sembra tanto ritenere la istruttoria mancante o lacunosa, sembra pensare piuttosto che Solinas sia incappato in un “errore di fatto”, ossia abbia ritenuto esistente un fatto (grave diffusione dei contagi nell’isola) inequivocabilmente inesistente oppure abbia travisato i fatti. Ma in tutta onestà può dirsi che la diffusione della pandemia d’estate in Sardegna sia un’invenzione, senza base reale? I numeri sono indiscutibili e indiscutibile è la diffusione territoriale in zone e comuni dove neanche nel periodo più critico della pandemia a livello nazionle si registravano casi. E ancora si può dire che Solinas abbia travisato i numeri e l’estensione dei contagi? Ed ancora può il Giudice fare una previsione, peraltro in controtendenza rispetto agli esperti del settore che paventavano una ripresa dei contaggi dopo l’estate proprio in considerazione della circolazione estiva delle persone?
Certo nel contesto del ragionamento del Tar queste sono considerazioni di contorno. Per la sospensione e l’annullamento l’incompetenza (giuridicamante intesa) dell’autorità regionale basta e avanza. Ma la questione ha un risvolto politico. Quella valutazione del Tar è stata anche del Governo. Ed è stata in capo al governo gravemente e colpevolmente sbagliata. Il Tar invoca il principio della leale collaborazione Stato/Regione, lamentando una mancanza della Regione sarda in questo delicato rapporto. Ma è eccessivo affermare il contrario? A fronte dei dati provenienti dalla Sardegna non era più ragionevole al fine di tutelare la salute dei sardi introdurre qualche controllo all’ingresso, concordandolo con la Regione? E’ stato più appropriata una disciplina di piena liberalizzazione degli ingressi, favorendo la diffusione dei contagi per “importazione” che stanno alla base dei dati attuali. E le nostre (degli indigeni intendo) preoccupazioni per un virus che ora gira fortemente e prima quasi non c’era? La verità è che il ministro Boccia si è preoccupato più di non scontentare i continentali del centro-nord che tutelare i sardi pelliti. Anche questa è mancanza di leale collaborazione, anzitutto culturale, e gli esiti attuali lo provano incontestabilmente. Ho avuto la sensazione in questi mesi che la considerazione dei sardi nelle alte sfere sia scarsa e che la Sardegna più che come comunità di persone sia vista come una espressione geografica su cui ogni incursione è ammissibile.
2 commenti
1 Aladinpensiero
9 Ottobre 2020 - 08:04
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=113708
2 Tonino Dessì
9 Ottobre 2020 - 08:57
Eppure, Andrea, qualcosa che non convince proprio sul piano giuridico resta, nel provvedimento collegiale col quale la I Sezione del TAR Sardegna, presieduta dallo stesso Presidente del Tribunale che ha adottato il decreto cautelare monocratico nel senso domandato dai ricorso governativo ha sostanzialmente confermato quel decreto, aggiungendovi qualche ulteriore considerazione in tema di ripartizione delle competenze sussidiarie fra Stato e Regioni e in tema di condizioni epidemiologiche della Sardegna.
Insisto a chiedermi perché il TAR abbia continuato a sovrapporre al tema della delimitazione delle competenze opinabilissime valutazioni epidemiologiche (il giudice potrebbe solo giudicare palmarmente insufficienti quelle addotte dalla Regione come presupposti del fatto, ma, salvo aver disposto l’acquisizione di un parere tecnico d’ufficio accreditato contrario, non potrebbe sovrapporsi di propria scienza alle valutazioni dell’autorità amministrativa).
Secondo me tutto ruota proprio sull’interpretazione delle disposizioni legislative statali che hanno attribuito ai Presidenti delle Regioni la potestà di adottare sul territorio di competenza “provvedimenti più restrittivi” a fronte di un aggravarsi della situazione epidemiologica locale e “nelle more” dell’adozione di DPCM governativi.
Il giudice amministrativo infatti, a mio avviso si rende conto, implicitamente, che potrebbe porsi un problema proprio qualora queste condizioni si verificassero e qualcosa qualcuno dovesse pur fare.
Limitarsi a dire che la Regione non può far nulla e che anche sull’eventuale aggravarsi delle condizioni locali deve attendere (semmai richiedere) nuovi provvedimenti statali generali significherebbe ammettere che l’ordinamento presenta una lacuna irrisolvibile.
Cosa che tuttavia sul piano giuridico non si può fare, perché in ogni situazione occorre trovare la norma applicabile al caso concreto: nel caso dell’amministrazione questo è un obbligo, a pena di rispondere dell’eventuale omissione.
Perciò il TAR ricorre a due ambiti argomentativi di merito, sui quali è lecito dubitare tanto del fatto che rientrino nel potere di apprezzamento del giudice in un processo amministrativo quanto della loro fondatezza nel caso concreto.
Il primo ambito di argomenti deriva dal rilievo che l’ordinanza regionale sarebbe intervenuta immediatamente a ridosso del DPCM col quale il Governo avrebbe adottato misure valide per tutto il territorio nazionale, che il TAR giudica “adeguate” (anche per l’Isola).
Il secondo riguarda tutta la lunga serie di considerazioni del TAR sulle condizioni epidemiologiche dell’Isola volte a contestare quelle contenute nelle motivazioni del provvedimento regionale (senza tener conto, in quanto sopravvenute e inconferenti rispetto all’atto oggetto di esame, le motivazioni supplementari contenute nella nuova ordinanza regionale di proroga della precedente).
Sulla appropriatezza di questa sovrapposizione in questioni di merito mi pare di non dover aggiungere nulla a quanto rilevato nelle due note di Democrazia Oggi, ma non concordo sulla considerazione che si tratti di mero contorno, ritenendo piuttosto che il TAR abbia in tal modo integrato la ricostruzione della fattispecie per completare un iter logico altrimenti deficitario.
È questo, che mi induce a confermare l’opinione circa una decisione conforme a quel “riflesso d’ordine” dei giudici amministrativi ormai consolidato sulla gestione della pandemia, che fa loro propendere “a prescindere” per gli orientamenti governativi, non assumendosi altre responsabilità oltre la contingenza politica del caso specifico.
Ciò detto, alla fin fine, forse è meglio considerare la partita chiusissima.
Ormai i buoi sono scappati e il difetto iniziale della fase acuta (non aver preso centralmente provvedimenti di isolamento delle due “regioni focolaio”), ripetuto all’inverso nella decisione di concludere il lockdown indiscriminatamente (senza prevedere, anche mediante accordi bilaterali tra Governo e Regioni interessate, misure regionalizzate, che mettessero al riparo le Regioni relativamente Covid-safe), ora si ripropone insoluto e non sembra poterlo risolvere un giudice, a nessun livello.
Con una differenza sostanziale in termini diacronici.
Che la pandemia è ripresa, che ci accompagnerà strutturalmente per lungo tempo e che, anche nella forma soft del decreto-legge di ieri, vista la sua non brillante scrittura, si porranno problemi non irrilevanti di gestione amministrativa e persino di ordine pubblico.
A questo punto, sì, meglio che tutte le responsabilità vengano centralizzate. Per motivi metagiuridici, ma anche per opportunità inevitabilmente d’ordine pratico e di conseguenza d’ordine giuridico.
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