Perolchimico P. Torres: da oggi lotta continua contro la chiusura

7 Maggio 2009
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Red

Dalle 6 di stamane fino alle 22 del 15 maggio, sciopero contro la decisione di Vynils Italia di chiudere gli stabilimenti di pvc e vcm del polo petrolchimico di Porto Torres. E’ stato proclamato dalle federazioni territoriali dei chimici di Cgil, Cisl e Uil e le Rsu di Vynils Italia.
Allo sciopero partecipa tutto il personale del polo petrolchimico di Porto Torres. La decisione è maturata nell’incontro con le parti sociali convocato dall’azienda di Fiorenzo Sartor per comunicare ai rappresentanti dei lavoratori la decisione di ‘messa in bonifica’ degli impianti, destinati alla fermata.
Immediatamente i sindacati hanno risposto con la proclamazione di uno sciopero “alla rovescia”, cioè con la prosecuzione del lavoro contro la volontà dell’azienda. Per la procedura di fermata sono necessarie due settimane circa, durante le quali, in assenza di novità, gli operai continueranno a tenere attivi gli stabilimenti, con il vcm in ricircolo e il pvc al minimo.
“Con questa forma di lotta - ha detto Giampiero Murgia, segretario dei chimici della Cisl - vogliamo dare risalto alla vertenza, in vista degli stati generali convocati dalla Provincia per venerdì, cercando di attirare l’attenzione anche della Regione, troppo silenziosa su questo tema”. L’assemblea convocata dalla presidente della Provincia Alessandra Giudici sarà aperta ad una delegazione dei lavoratori; successivamente, il 13 maggio, per fare il punto, si terrà un’assemblea del personale nella sala mensa dell’impianto.
Come si ricorderà la crisi è originata dai prezzi delle materie prime. Fiorenzo Sartor - che appena qualche settimana fa ha acquistato Ineos Italia - ha già annunciato di voler portare i libri in tribunale. La ragione? Il trattamento ricevuto da parte dell’Eni in ordine ai prezzi delle materie prime. Senza fatti nuovi, le conseguenze sarebbero drammatiche per gli impianti sardi condannati alla chiusura.
Fin dalle scorse settimane il ministro Claudio Scajola ha condotto una delicata opera di mediazione per chiarire gli aspetti controversi di una vicenda complessa e, per molti versi oscura, senza tuttavia trovare il bandolo della matassa. E così Sartor, l’«uomo nuovo della chimica», senza neppure aver iniziato ad operare, sembra già deciso a lasciare per scongiurare che un affare, in apparenza interessante, si traduca per il suo gruppo nel più classico dei bidoni. La chiave di volta della vicenda è nelle mani del governo, che tuttavia dovrebbe intervenire con decisione e senza timori riverenziali. Non a caso, l’imprenditore trevigiano ha deciso di fare scoppiare il caso, minacciando di portare in tribunale i libri della società appena costituita per risolvere il nodo dei cloroderivati.
L’Eni smentisce di aver deliberato aumentati: «I prezzi sono in linea con i nostri costi e con l’andamento del mercato internazionale». Sartor però afferma di aver fatto arrivare a Marghera una nave carica di dicloroetano dalla società francese Arkema e di averlo pagato «meno della metà di quanto offerto dalle società Eni».
C’è un evidente braccio di ferro nel quale nessuno dei contendenti vuol perdere. In tutto questo è passato assolutamente in ombra il carattere strategico del settore, tanto declamato nella campagna elettorale. Stando così le cose, però, a perdere, come sempre, saranno i lavoratori. E la Sardegna, che certo non può, di questi tempi, permettersi la chiusura, anche perché non ci sono alternative. Sacrosanta, dunque, la mobilitazione dei sindacati e dei lavoratori, cui dovrebbe aggiungersi quella dei territori e della rapprsentanze istutizionali. Ecco una classica battaglia da condurre bipartisan!

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