Scenari inquietanti dopo il referendum, ma non c’è in campo un efficace schieramento progressista

1 Ottobre 2020
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Andrea Pubusa

Confesso lo spiazzamento non tanto dalla netta vittoria del SI’ ch’era prevedibile, vista la divisione  verticale del fronte che la volta scorsa aveva difeso la Costituzione dal duro e vile attacco di Renzi. Direi che è proprio la frantumazione di quel fronte democratico che mi spaventa. Ricomporre le tessere di un mosaico costruito pazientemente negli anni non è opera semplice nè scontata. Il movimento del 2016 aveva già uno zoccolo solido nella battaglia contro la revisione Berlusconi-Bossi del 2006. Ad essa si era aggiunto, con la sua freschezza anche nella mobilitazione, il M5S e, dunque, la Carta pareva al riparo da incursioni e semmai sembrava più praticabile la ripresa di un’opera di attuazione. La costituzione materiale aveva inciso non solo in questo o quel profilo della costituzione formale, l’aveva stravolta fin nei principi fondamentali. Il craxismo prima, il berlusconismo poi, il centro sinistra nelle versioni peggiori fino a Renzi avevaano creato in Italia un ordinamento non fondato sul lavoro, non rispettoso dei diritti fondamentali, non proteso verso l’eguaglianza, bensi’ verso la riduzione dello Stato sociale. Insomma una realtà in netta controtendenza rispetto al programma della Costituzione e ispirato al più becero liberislmo.  La vittoria del NO nel 2006 non solo segnava uno stop a questa deriva, ma pareva aver cementato un vasto schieramento pronto a dare battaglia sulle idee-forza della Carta,  dal lavoro alle libertà individuali e collettive. Ora questa prospettiva è saltata; il PD è sempre inaffidabile,  anche i pentastellati non si sa bene dove vogliano andare a parare. L’impressione è che  sia in pericolo l’assetto democratico del paese con un’accentuazione dell’assetto gerarchico e con un peggioramento della condizione delle masse popolari e dei lavoratori.
Alfiero Grandi, nell’allarmato post di ieri, ha indicato alcuni punti da mettere in agenda, sono tutti pesanti: legge elettorale proporzionale,  attuazione della revisione uscita dal SI’, questione regionale dove c’è sempre una pressione anche di settori PD per il regionalismo differenziato, legislazione sociale, dalle pensioni al reddito universale, i diritti dei lavoratori, la sanità e la scuola. E i fondi europei? E’ stato un bel rosultato ottenere i fondi in misura adeguata, ma il risultato che conta è quello finale: come verranno spese le risorse? Ci sarà sicuramente un assalto alla diligenza, la borghesia italiana ha sempre mostrato un volto famelico, poco propenso a tutelare l’interesse generale, a contemperare questo con le esigenze degli imprenditori e queste con gli interessi del mondo del lavoro. Come si vede una montagna di questioni da far tremare le vene ai polsi. Ecco qui il dubbio, siamo attrezzati per i compiti che ci attendono? Il dubbio non è frutto di paura, è segno di consapevolezza.
E’ difficile vedere punti di appoggio sicuri per riprendere l’iniziativa democratica su questi temi. Certo c’è più del 30% mobilitabile, ma non ci sono soggetti strutturati da mettere insieme. Comitati, associazioni, spezzoni di partito, autorevoli personalità democratiche sono realtà importanti e imprescindibili, ma nn sono un soggetto politico e per cambiare le cose ci vuole una soggttività forte sia in termini organizzativi sia e ancor più sul piano programmatico. Non dobbiamo mollare, ma certo tutto è più difficile e aleatorio, tanto più che di fronte a noi c’è una destra illiberare e fascistizzante all’attacco e con uno spaventoso seguito popolare.

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