Referendum: tre motivi per dire NO

1 Settembre 2020
3 Commenti


Andrea Pubusa

Si anima il dibattito in questa strana e stravagante campagna elettorale agostana e in piena ripresa del covid. Prese di posizione più che incontri e confronti dal vivo. Già questo è un elemento non positivo visto che il voto deciderà su una revisione costituzionale e quale revisione! Si tocca l’elemento centrale della democrazia liberale: il Parlamento.
Nonostante abbia sempre seguito senza pregiudizi i pentastellati e li abbia anche votati, questa volta dissento, un dissenso che nasce dalla ragione che mi porta ancora a ringraziare i musi gialli per il contributo decisivo dato nella battaglia contro la revisione Renzi, che incideva pervasivamente sulla nostra Carta, mutandone in peggio i connotati.
Certo, il taglio dei parlamentari non ha la valenza della trasformazione del senato in un dopolavoro per alcuni sindaci e presidenti di regione e la compressione delle autonomie è sempre una restrizione delle libertà collettive, tuttavia la revisione pentastellata è da respingere come quelle di Berlusconi del 2006 e di Renzi del 2016. A mio avviso per tre motivi. Anzitutto, perché è negativo che ogni nuova maggioranza o leadership pensi a modificare la Carta. L’idea che ci sta sotto e viene veicolata e che le difficoltà del paese e delle politica italiana siano da ricondurre alla Costituzione. E’ vero, invece, il contrario. Il nostro paese, poco aduso storicamente alla democrazia, ha avuto una impetuosa crescita democratica, economica e civile, grazie a questa nostra legge fondamentale. Molti mettono in luce gli eccessivi bilanciamenti, ma è proprio grazie a questi equilibri che in una fase dura di scontro politico e di classe, l’Italia è riuscita a sviluppare una dialettica sociale e politica che ha fatto crescere anche culturalmente il paese. Masse poco scolarizzate, abbrutite dal fascismo e dallo sfruttamento hanno subito una trasformazione radicale, divenendo protagoniste della vita democratica del Paese. Anzi, è proprio agli anni Novanta del secolo scorso che, con le leggi elettorali non più proporzionali, rimonta l’involuzione della vita democratica e della politica, fino a giungere al degrado attuale.
Occorre riaffermare con forza che la Costituzione nel suo attuale testo non va modificata, ma seriamente attuata, superando anche il divario, sempre più accentuato, tra costituzione formale e materiale, a partire dalle intollerabili diseguaglianze.
La seconda ragione è connessa al fatto che quando si parla di democrazia la questione dei costi va trattata con molta accuratezza. La democrazia costa, costano le assemblee, costano le elezioni, ma i costi dei regimi autoritari sono ben più grandi. L’efficienza del fascismo ci ha regalato la distruzione del paese e dell’Europa e molti milioni di morti, senza debellare corruzione, sprechi e arricchimenti ingiustificati, che anzi sono aumentati.
La democrazia dev’essere parsimoniosa, nel senso che ne è componente ineliminabile l’occulatezza nella spesa pubblica. Niente di più e niente di meno. Nessun risparmio in danno dell’esercizio dei diritt e delle prerogative democratiche, nessuna spesa se non necessaria.
Infine, il taglio dei parlamentari priva interi territori della Repubblica di una rappresentanza istituzionale. Certo, anche il PCI e la Sinistra indipendente di Rodotà e Ferrara proposero la riduzione dei parlamentari, ma lo fecero in presenza di un sistema delle autonomie comunali e provinciali molto partecipato e mentre le regioni vivevano la loro promettente stagione costituente. Oggi le province sono commissariate (hanno un podestà di nomina regionale), la vita comunale è asfittica, senza vere assemblee rappresentative, con sindaci-sceriffi dalla stella di cartone. L’Ogliastra, ad esempio, non ha più rappresentanza ed anche il Sulcis, privarle anche di un solo parlamentare significherebbe ridurre ulteriormente il collegamento fra comunità e istituzioni.
La riforma intellettuale e morale di cui abbiamo bisogno nasce da un rilancio del dibattito pubblico e dell’impegno sociale, a cui tornerebbe utile semmai una riforma elettorale in senso proporzionale.

3 commenti

  • 1 Aladinpensiero Online
    1 Settembre 2020 - 08:05

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=111923

  • 2 Michele Podda
    1 Settembre 2020 - 18:18

    La convinzione di condividere quasi tutto dei 5 STELLE dovrebbe indurre il prof. Pubusa ad una riflessione molto attenta sulla scelta del SI/NO al referendum. Certo lo stesso dovrei fare anch’io, considerato che condivido quasi tutto di quanto scrive prof. Pubusa, poichè al momento la penso diversamente.
    1- I costituzionalisti avevano previsto il numero dei rappresentanti del popolo in misura equa e congrua, convinti che la gran parte di essi avrebbe lavorato per dare risposte serie e concrete alle istanze dei cittadini IN OGNI PARTE DEL TERRITORIO ITALIANO; questo obbiettivo poteva essere raggiunto con un Parlamento così strutturato. Ma poichè il DISTACCO FRA ELETTORI ED ELETTI è sotto gli occhi di tutti, considerato che pochi degli eletti hanno tempo da perdere con l’osservazione e l’ascolto dei luoghi di provenienza, basterebbe un numero ridotto di parlamentari per portare a termine quelle funzioni che sono comunque indispensabili al funzionamento dell’organo più importante dello Stato; mantenerlo elefantiaco sarebbe non solo inutile ma anche controproducente. Una correzione in tal senso dunque snellirebbe quelle funzioni.
    2- L’idea del risparmio ha soltanto valenza simbolica, considerata l’importanza dell’istituto in questione. Spendere si deve, per rendere più efficiente la Democrazia, ma allora si spenda non per MANTENERE UN GRAN NUMERO DI PARLAMENTARI a prescindere, bensì per rendere possibile un legame più stretto fra elettori ed eletti, al fine di OBBLIGARE I PARLAMENTARI AL RENDICONTO E ALLA GIUSTIFICAZIONE del loro operato e alla sollecitazione del PARERE DEI CITTADINI STESSI sull’attività svolta dai propri eletti.
    3- La questione dei sindaci e delle provincie è una questione a sè, tutta da rivedere. Il coordinamento dei territori è necessario perchè sindaci e distretti o provincie possano costituire il punto di contatto più efficace con i rappresentanti eletti, e un numero maggiore di questi non aggiungerebbe ulteriore capacità operativa e di rappresentanza. Se fosse ben strutturata l’attività propositiva dei territori con i rappresentanti locali, basterebbe un numero contenuto di parlamentari perchè le istanze vengano raccolte e convogliate, previo adeguato studio e valutazione di fattibilità, fino ai massimi livelli istituzionali.
    4- Tutto ciò considerato rimane opportuna la scelta di un SI convinto al TAGLIO DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI. Se siamo certi che solo una piccola parte di essi costituisce vero patrimonio di capacità, equilibrio ed impegno per un Parlamento efficiente, questa sarà un’occasione più unica che rara in cui il nostro voto potrà sortire finalmente un EFFETTO VERO E IMMEDIATO, mandando a casa sicuramente una gran parte di persone quasi inutili e talvolta dannose, a fronte di pochi eventualmente meritevoli e capaci. Convintamente voterò “SI”.

  • 3 Michele Capitani
    8 Settembre 2020 - 18:21

    Bravo! Encomiabile l’effettuata ricostruzione storico-socio-politica italiana del recente passato. Confermativo della valenza sempre attuale del trinomio futuro-presente-passato. Il richiamato sistema proporzionale se da un lato ingenera nostalgia, dall’altro è articolo 3 Cost.. Nessun sistema elettorale, purtroppo, salva pienamente la doverosità della corretta pratica democratica, se i partecipanti non sono liberi dal pandemico quanto millenario sistema strutturale “corruttivo” ad ampio spettro e o nelle sue diverse manifestazioni, rappresentazioni e realizzazioni. Si pensi al bipolarismo poi diventato tripolarismo per volontà popolare e, dunque, democratico. Il quale nella meravigliosa Sardegna è stato, com’è stato, brutalizzato anche nell’ultima tornata elettorale regionale in applicazione del moto, sempre in auge a tali barones: “fatta la legge trovato l’inganno”. Nessuno può sostituirsi al Legislatore nelle sue diverse rappresentazioni istituzionali, in assenza di apposito potere previamente stabilito dall’articolato costituzionale con particolare riferimento al 136 e 137, Cost.. Il Referendum prossimo, per il quale necessita votare SI’ anche soltanto per “buona volontà”, importa certo un risparmio di spesa pari a una goccia rispetto al totale a pareggio del bilancio anche soltanto della Regione Sardegna, per esempio, avuto riguardo alle dinamiche socio-economico-finanziarie succedutesi nel tempo, senza infirmare la Democrazia o spiritico democratico. Posto che, questa è tale soltanto quando si opera con la diligenza del buon padre di famiglia, a favore anche degli altri consociati e non soltanto per se stessi, nel rispetto dei principi fondamentali. Investendo sul futuro infinito, senza consumare il presente rendendolo finito. Il patrimonio culturale storico, onnicomprensivo e generalizzato, richiamato e attualizzato insegna, per agire con giustezza e appropriatezza. Tanto che, se una goccia è seguita da altre riempiono il secchio e, comunque: “Gutta cavet lapidem”!
    Inconfutabile l’affermazione sulla necessità della riqualificazione delle spese, ma anche delle entrate, in ossequio alla necessità del contenimento della teoria del deficit spending (debito pubblico) o oculata preventiva analisi costi-benefici senza, per questo, sacrificare il SSN e lo Welfare.
    A tale ultimo proposito, meno male che abbiamo ancora questi fenomeni sociali in aderenza all’articolo 2 Cost.: “posinunkas ja hiaus ad essi at frori, tottus kantus seus!”.
    “Turandomi il naso”, a valere soltanto come richiamo o riconoscimento storico al personaggio che l’ha pronunciata per primo, anche chi scrive ha votato pentastellato pur con riserve racchiuse nella battuta di inizio periodo. Infatti nessuna riforma tampone, come tante ne abbiamo visto, produce effetti positivi nel senso sperato e men che meno quelle che cambiano il nome all’esistente, infingendo una riforma col precipuo intento di creare ulteriore confusione e o discordia. Domandiamoci: chi vive e prolifera sulle discordie?! La risposta è quella giusta. Allora è su questo versante che la maggioranza attuale, e chi se no, deve intervenire con una riforma complessiva. E, ovvio, salvaguardando i diritti quesiti, senza demerito, per una migliore e appropriata occupazione professionale. Anche ricorrendo alla CIG (Cassa integrazione guadagni). Da finanziare, perché no, con i risparmi quantificabili in 100 > 82 milioni di euro nascenti dal SI’ al Referendum riduci poltrone. Atteso che, non è tanto la quantità, più o meno estesa o ridotta, di queste a fare la Democrazia, ma la virtuosità, solidarietà e lungimiranza del liberismo sociale che gli occupanti di queste sono “capaci” di esprimere. Senza badge o titoli da Medioevo camuffato. Nel rispetto costante dei principi fondamentali costituzionali e che nessuno mai potrà modificare questi valori intangibili e indissolubili che i nostri padri costituenti ci hanno lasciato in eredità e che i buoni continuano a insegnare. Pena il proprio dissolvimento. Certo non è questione di parte flessibile e rigida della Costituzione, ma piuttosto di corretta e efficace attuazione dei valori espressi ed esprimibili; soprattutto di quelli dati dalla parte rigida o “materiale” o “originaria”, senza essere costretti a ricorrere, sempre e comunque, a Roma per la corretta applicazione.

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