Carbonia. Le difficoltà dei militanti trovano le prime risposte nei congressi di partito e nei discorsi dei dirigenti nazionali

14 Giugno 2020
1 Commento


Gianna Lai

A Carbonia inizia l’azione del Partito comunista. L’appuntamento on la storia della città mineraria, iniziata il 1° settembre 2019 continua.

Continue verifiche e correzioni di linea, nella convinzione  che la società nuova debba costruirsi sull’uguaglianza e sulla solidarietà: procede l’organizzazione del partito a Carbonia, ‘ed il robusto legame che si crea tra i  militanti, quell’idea vuole attuare,  nuovi rapporti tra le persone e franchezza e rispetto e fraternità a caratterizzarli fin da subito, e spirito unitario sempre, anche nei momenti di maggiore tensione. Perché era di così  vitale importanza affrontare insieme le cose, che incomprensioni e attriti passavano in secondo piano, in quella prima fase di rinascita della città. Si  sentiva di avere la responsabilità su una massa che poteva mantenersi unita solo assumendo nuova forma e nuovo carattere, nuova coscienza‘. Così raccontano i protagonisti ed i testimoni. Ad alimentare questo stato d’animo,  l’informazione sul movimento dei partigiani e sulla Resistenza nel Nord Italia. Giungono a Carbonia le notizie attraverso i giornali e poi ci sono i discorsi e le storie  degli antifascisti che hanno vissuto il confino e il carcere, la clandestinità e il tribunale speciale. E che parlano del sacrificio  dei grandi, Matteotti, Gramsci, Gobetti, Amendola, i fratelli Rosselli. Ricordando i morti ‘per mano fascista anche nel Sulcis iglesiente‘, e le leggi razziali e la guerra in Grecia e in Africa e poi in Russia. E poi la battaglia di Stalingrado, da cui parte la riscossa contro in nazifascismo, fino allo sbarco alleato in Sicilia nel giugno ‘43, che ne segna il destino, liberando il Mezzogiorno e la Sardegna.
Ma traevano indicazioni, i minatori di Carbonia, dalle istanze del Partito regionale, che andava strutturandosi nei primi convegni e congressi, a partire da quello di Iglesias, dell’11 e 12 marzo 1944, al cinema Elettra, con i rappresentanti di tutte le sezioni delle tre provincie. Dice la storica Giannarita Mele nella ‘Storia della Camera del Lavoro di Cagliari‘, parlando di quel primo Congresso del Partito comunista nell’isola, che ‘la struttura provinciale di Cagliari risulta la più agguerrita e più forte in Sardegna, come dimostra la presenza al Congresso di una folta rappresentanza dei delegati della zona mineraria del Sulcis e dell’Iglesiente, perché ”nella provincia di Cagliari la tradizione rivoluzionaria è forte” e radicata nel complesso minerario, in cui insiste, nonostante la crisi, la più alta concentrazione operaia della Sardegna‘.
Accanto ai vecchi, i giovani comunisti formatisi durante la guerra, ‘si è discusso dell’organizzazione interna provvisoria  del partito e se ne sono tracciate le linee, secondo le direttive generali del movimento comunista. .
Primo scopo del partito comunista in Sardegna, affrontare la propaganda fascista contro il comunismo, una muraglia di ignoranza e pregiudizi’ che va abbattuta’ Il partito ‘desidera solo di essere conosciuto e studiato con animo scevro da preconcetti e da passioni
‘. E poi il principio dell’assoluta libertà religiosa, ‘contro l’atteggiamento assunto dalle autorità ecclesiastiche in Sardegna’, perché ‘molti prelati….e giornaletti dell’azione cattolica, dopo aver per vent’anni inneggiato al fascismo, sembrano considerare oggi come unico loro fine calunniare grossolanamente il comunismo e i comunisti‘. Invece, ‘diffondere l’istruzione, combattere l’analfabetismo, concedere a tutti la concreta possibilità di istruirsi’, da qui deve partire il programma di rinnovamento morale e spirituale per la Sardegna,  che richiede prima di tutto un profondo rinnovamento economico e sociale. Eletto a segretario regionale Antonio Dore, nella mozione finale si parte dalla terra, ‘organizzare socialmente la produzione con l’espropriazione della grande proprietà e la riorganizzazione della piccola, attraverso l’appoderamento,….incoraggiare i contadini  a unirsi per produrre e lavorare insieme in forme cooperative‘, perché ‘ai contadini spetta…di decidere sulla distribuzione delle terre e sull’organizzazione dell’agricoltura sarda, ….tutta la terra deve essere proprietà unicamente di chi la lavora‘. E poi i temi fondamentali, che richiamano alla centralità  dell’organizzazione sindacale, così importanti per i minatori di Carbonia, ‘il congresso dichiara di aderire pienamente all’accordo sindacale di Bari, riaffermando la assoluta apoliticità del sindacato unico e libero. I dirigenti sindacali comunisti continueranno nella loro opera  per trasformare il sindacato fascista in un sindacato libero che sia, non un organismo burocratico, ma un organo di difesa degli interessi economici dei lavoratori, ed espressione della loro volontà al di fuori di ogni pregiudiziale di partito.‘ Sollecitando gli iscritti verso tale direzione, dopo aver condannato, il congresso,  ‘qualunque sommossa, qualunque atto inconsulto che non potrebbe che ostacolare il raggiungimento del fine immediato che si propone il Partito, la lotta contro i tedeschi e l’instaurazione di un governo democratico‘ E poi sulla collaborazione nei Comitati di Concentrazione antifascista, ‘specialmente con gli altri partiti di sinistra, Socialista e Italiano d’Azione, per intensificare la lotta contro ciò che ancora rimane del fascismo nelle istituzioni politiche ed  economiche del paese‘.  Un voto infine ed un augurio, il Partito stringa rapporti di fraterna collaborazione con il Partito socialista, ‘per l’instaurazione di un più giusto ordinamento sociale e  di un regime di vera libertà democratica, inscindibile  dalla giustizia‘.
Subito dopo, nel giugno del 1944, Velio Spano ‘ebbe dalla Direzione del PCI  l’incarico di stabilire un contatto regolare e permanente con l’organizzazione sarda’. Dirigente nazionale di primo piano e direttore de L’Unità, sarebbe stata, la sua, una presenza importantissima  per Carbonia e per tutto il Sulcis-Iglesiente. Così Renzo Laconi, che già era, da Sassari, ‘tra l’autunno del ‘43 e la primavera del 1944, attivo nella ripresa della vita politica, impegnato nella riorganizzazione del PCI sardo‘, come ricorda la storica Maria Luisa Di Felice, nel suo recente ‘Renzo Laconi Una biografia politica e intellettuale‘. Mentre  a luglio è Palmiro Togliatti al Teatro Brancaccio a indicare, ‘per la prima volta  pubblicamente, come dice Girolamo Sotgiu, una prospettiva nuova per il Mezzogiorno e le isole: Democrazia progressiva è quella che liquiderà l’arretratezza economica e politica del Mezzogiorno, spazzando i gruppi reazionari che di essa sono l’espressione e vivono di essa; è quella che riconoscerà i diritti della Sicilia e della Sardegna a un reggimento autonomo, in un’Italia unita e indipendente’. Temi e programmi che ritorneranno, approfonditi, nel dibattito nazionale dei comunisti sulla Sardegna, ‘portare il partito sul terreno della lotta autonomistica, il che voleva dire trovare  un rapporto nuovo tra le masse operaie presenti nel bacino del Sulcis e dell’Iglesiente e le popolazioni delle campagne, contadini e pastori, che costituivano la grande maggioranza della popolazione della Sardegna‘. Con esplicito riferimento al controllo regionale sulle industrie locali e alla promozione  delle  industrie complementari, necessarie  a potenziare quelle estrattive già esistenti.

1 commento

Lascia un commento