Rosanna Depau
1936 – Rosendauer ( Tobruk )
Alla fine di Aprile venni prelevato dal mio reparto e trasferito, sotto scorta armata, a Bengasi dove assieme a pochi altri, mi tennero alla tenda, circondata da 4 sentinelle a baionetta in canna; per alcuni giorni fino al momento dell’imbarco per[?]. Non mi si disse il perché di tale trattamento, ma non occorreva molta fantasia per capire che ero in stato d’arresto,e per qualcosa di cui non mi rendevo conto, indubbiamente di molto grave. Non poteva trattarsi di una misura disciplinare: neanche in vista delle sanzioni più severe.
Lo appresi al mio arrivo a Cagliari (5 maggio) quando alla legione della milizia un amico mi rivelò il contenuto del rapporto informativo allegato al mio foglio matricolare: “Elemento pericoloso, svolge propaganda antifascista e disfattista”. Queste le …referenze da tribunale speciale, che spiegano il mio allontanamento dal reparto, il soggiorno “alla tenda” ed il rinvio alla base di origine. Per lusinghiera che sia, onestamente non posso accettare tale (q)ualifica, per il semplice fatto che (s)i tratta di un falso. In realtà l’episodio di cui il comandante del reparto, Pietro Baldussi, prese spunto, ha un significato diverso: il ladrocinio. Parlando con i compagni di tenda (da non confondere con quelli di punizione), a voce non tanto bassa da non essere udita dal Baldussi, dissi senza mezzi termini che non si esitava a rubare, impudentemente e….impunemente, neanche sul vitto di coloro che per sfamarsi si erano arruolati volontari per la guerra d’Etiopia. Ingenuo e sprovveduto: non credevo che l’onestà e la moralità fossero parole vacue.
Per fortuna (non solo mia) la vicenda non ebbe seguito. L’amico presentò ai superiori il solo foglio matricolare avendo prima sottratto temporaneamente il rapporto informativo e tenendolo poi nascosto tra la copertina e l’ultimo foglio del documento matricolare stesso. Si era quasi sicuri che copia del rapporto venisse inviata alle autorità superiori o che di questa venisse richiesto l’originale giacente a Cagliari.
Quest’ultimo venne distrutto alcuni anni dopo da un altro amico subentrato al posto del primo.
Abbiamo trovato questa testimonianza riordinando le carte di mio padre, Mario Depau , classe 1911, dopo la sua morte, nel ’93, su un foglietto scritto sui due fronti , che poi abbiamo fotocopiato su un foglio unico. Non conoscevamo questa sua esperienza neppure per sommi capi.
Mamma che l’aveva conosciuto nel ’40, anno in cui si erano anche sposati, sapeva che era stato in Africa per pochissimo tempo (in realtà non aveva partecipato alla campagna d’Africa); e si era sempre chiesta il perché del suo rientro. Lui non gliene aveva mai voluto parlare, neppure ai tempi della loro confidenza. Invece aveva più volte fatto riferimento con lei e anche con noi figli, ragazzini e poi adulti, allo incarceramento suo, appena ventiduenne, e di suo padre Paolo Antonio (tre mesi nel carcere di Lanusei) per un’accusa di tentato omicidio ai danni del podestà di Esterzili. Per fortuna così palesemente e sfrontatamente falsa da portare alla loro scarcerazione in istruttoria.
Sia l’anziano medico del paese che il suo giovane figlio, non credo dichiaratamente antifascisti, erano comunque personaggi scomodi e nei confronti del fascismo avevano, e avrebbero sempre avuto, un sorta di resistenza civile.
Nelle due colonnine su carta di recupero, in scrittura chiara e regolare, è evidente la cura per la forma e per la correttezza dell’informazione.
Una prosa asciutta ed essenziale, senza enfasi e perciò forse più efficace. Nessuno spazio ai sentimenti; che non è difficile però intuire.
Colpisce la consapevolezza del pericolo corso e insieme la correttezza e la modestia nel non appropriarsi di meriti particolari : “per lusinghiera che sia” la definizione di antifascista gli sembra davvero troppo per un comportamento “naturale”.
E’ evidente che si tratta di una brutta copia mai passata in bella, mai ricopiata né a mano né a macchina; del resto di questa si serviva quasi esclusivamente solo per i suoi conti. Frammenti di memoria riordinati per sé, non destinati ad altri.
Gli appunti degli ultimi tristi anni della sua malattia, quando passava molto tempo a scrivere, sono stati da lui stesso distrutti ; questo foglietto si è salvato.
Noi figli abbiamo pensato che questo avesse, consapevolmente o meno, un senso. Ci ha affidato un compito? Crediamo che sì, forse inconsciamente, a modo suo abbia voluto lasciarci una testimonianza di coerenza ai suoi valori.
“Una testimonianza in brutta copia” che esprime in qualche modo la sua ritrosia a rivelare un episodio significativo della sua vita di giovane militare (era stato militare di carriera prima di essere insegnante); ma allo stesso tempo la consapevolezza del suo significato etico e civile.
Ma perché non ne ha fatto cenno prima? Conoscendo il suo rigore morale, noi pensiamo che a questa decisione lo abbia spinto la preoccupazione di non creare problemi o mettere in difficoltà i commilitoni che lo avevano protetto. Salta subito agli occhi che di nessuno di loro rivela il nome, neppure dopo tanto tempo; mentre per due volte dichiara nome e cognome del comandante del reparto. Li chiama amici. Non lo conosce o non lo ricorda? Improbabile, ha sempre avuto una memoria di ferro.
Sono amici perché si sono comportati come tali, lo hanno protetto perché evidentemente condividono il suo sdegno. Hanno fatto anche loro la cosa giusta e “naturale”. Questo è sufficiente. Modestia estesa anche agli altri , forse più numerosi di quanto si pensi, con cui è in consonanza?
Pensiamo che dopo tanti anni questa vicenda meriti di uscire dalla nostra memoria privata e di proporsi a un riconoscimento e a una riflessione più ampia. Quanto sappiamo e come valutiamo vicende non eclatanti ma sicuramente coraggiose e anche eroiche, di persone comuni che con la loro condotta coerente ai valori innanzi tutto civili e umani, hanno costituito l’humus da cui è nata la Resistenza anche armata?
E come si può definire diversamente che resistente la loro azione, se continuata poi in militanza politica coerente con gli stessi valori?
Mario Depau è stato militante del PC già dal 1944 anno a cui risale la sua prima tessera. E’ stato anche Segretario del partito a Esterzili, nel paese in cui era tornato a insegnare e in cui era nato.
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