A.P.
Dopo il 25 aprile il giorno più bello per l’Italia, festeggiamo oggi Sa die de sa Sardinia, il giorno più bello per noi sardi. Li festeggiamo in continuità ideale fra due movimenti popolari, quello cagliaritano del 1794, che portò alla cacciata del viceré sabaudo e dei piemontesi arroganti da Cagliari, e quello resistenziale che sancì la Liberazzione dal nazifascismo in Italia. Gli esiti sono stati diversi: dopo lo “scommiato” i piemontesi sono presto tornati e nel 1799 è sbarcata a Cagliari anche la corte sabauda a portare dispotismo, fame e repressione sanguinaria per i democratici sardi in continuità con lo stato di terrore instaurato dopo la sconfitta di Giommaria Angioy e del movimento antifeudale. La Liberazione è stata invece un atto definitivo che ci ha dato la Repubblica e la Costituzione. A noi sardi ha dato lo Statuto speciale, un’autonomia differenziata, che riconosce al popolo isolano una soggettività nel contesto dell’ordinamento italiano.
E’ sbagliato disgiungere le due date come fanno nostalgici neri, da un lato, e, seppure con motivazioni diverse, i sedicenti indipendentisti, dall’altro. Ha ragione Tonino Dessì nell’articolo che segue: è nei valori della Liberazione e della Costituzione che troviamo le basi per una riflessione proficua sulla condizione dell’autonomia sarda e, in rospettiva, per una soluzione più avanzata.
Umberto Cardia, nella sua instancabile attività di ripensamento della situazione istituzionale sarda, coniò una formula molto efficace: noi sardi dobbiamo batterci per un assetto istituzionale che ci dia il massimo di autogoverno compatibile con l’unità dell’ordinamento. Studiando Giommaria Angioy e il movimento antifeudale e popolare della c.d. Sarda Rivoluzione, mi son convinto che anche l’uomo di Bono e il gruppo d’intellettuali che gli stava attorno, mutandis mutandis, prima dell’esilio a Parigi, erano per un Regnum Sardiniae con una soggettività politica, legislativa e amministrativa, massima entro una monarchia integralmente costituzionale in cui la sovranità del re era limitata dalle leggi pattizie fondative del Regno. Si apre, così, il campo ad una riflessione che esca dalle posizioni ormai ingessate e improduttive dell’autonomismo e dell’indipendentismo.
I due articoli di Tonino Dessì e mio, pubblicati di seguito, danno qualche spunto iniziale in questa direzione.
Mi sia infine consentito ricordare che il covid-19 ha reso impossibile il pellegrinaggio laico a Nuxis nella grotta Conch’e Cerbu di Tattinu dove riparò nella latitanza l’avv. Salvatore Cadeddu fra la fine del 1812 e la primavera del 1813 quando fu catturato a S. Giovanni Suergiu. Il sentiero che si inoltra nel bosco lo abbiamo chiamato, su indicazione di Francesco Cocco, “Cammino della Libertà“, un luogo dove andare a ristorare lo spirito e a trarre spunto dal sacrificio del martiri di Palabanda per le battaglie future.
Oggi quel cammino lo attraversiamo col pensiero, a settembre, nella ricorrenza della truce esecuzione di Salvatore Cadeddu, speriamo di poter riandare insieme e in tanti nei luoghi attraversati dal patriota sardo alla ricerca della libertà sua e nostra.
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