Anziani, tranquilli! La Carta pensa anche a voi

22 Aprile 2020
1 Commento


Andrea Pubusa

In vista dell’agognata fase 2, fra le tante proposte bizzarre, c’è anche quella di una disciplina che tolga le restrizioni a tutti, esclusi i vecchi, secondo alcuni sopra i 65, secondo altri 70 o 75. Trattandosi di libertà, il riferimento non può che essere la Costituzione, nella quale c’è la disciplina che tutela i diritti inviolabili e quindi sono previste le limitazioni ammissibili.
Quali norme della nostra legge fondamentale incidono sul tema? Anzitutto l’art. 16: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”. In questo brevissimo articolo sono contenuti tanti vincoli al legislatore a salvaguardia della libertà di movimento. Anzitutto, i limiti possono essere imposti solo con legge, non con regolamenti o altre fonti secondarie. La restrizione può essere solo generale, ossia non può riguardare persone singole o categorie di persone. Il vincolo, cioè, deve avere carattere obiettivo. Si può limitare la circolazione o il soggiorno in un territorio e solo per motivi di sanità e sicurezza. Si può insomma creare una zona rossa, dove tutti non possono entrare o uscire per le suddette ragioni, ma non si può stabilire il divieto solo a particolari categorie di persone. Quindi l’art. 16 non consente la circolazione di tutti, esclusi gli anziani.
Sulla “questione vecchi” incide anche l’art. 3, che enuncia il principio di eguaglianza. Anche questo principio depone per l’illegittimità di un divieto solo in ragione dell’età. Non sarebbe ragionevole, non c’è giustificazione a una simile disparità di trattamento in tema di circolazione. Sarebbe sensato ammettere che tutti possono andare al bar o al cinema, ad eccezione dei vecchi?
E allora, la risposta è decisamente negativa. Una soluzione del genere cozzerebbe manifestamente con la lettera e lo spirito della Costituzione. Non diversa è l’obiezione a chi pensasse alla restrizione domiciliare dei vecchi come “trattamento sanitario” a loro tutela, posto ch’essi sono i più vulnerabili. Intanto, secondo l’art. 32, “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario” e poi la limitazione della libertà di circolazione può qualificarsi in questo modo? Ma l’articolo dice altresì che questa limitazione “non può essere disposta se non per legge”. E qui tornano in ballo la ragionevolezza di una simile disparità di trattamento alla luce del principio di eguaglianza e ancora la libertà di circolazione. Mi sembra un terreno minato e così rischioso in punto di legittimità costituzionale da scoraggiare chiunque avesse la balzana idea di obbligare ex lege solo gli anziani a stare in casa.
Si potrebbe forse pervenire ad un risultato simile solo stabilendo con legge che possono circolare liberamente solo coloro che vanno al lavoro e così mantenere le limitazioni per i pensionati, che a lavoro non vanno. Ma ci sono tante persone che non hanno lavoro e neanche pensione; per loro è difficile giustificare una limitazione come quella per i vecchi; si dovrebbe quantomeno ammettere la libera circolazione anche per coloro che cercano lavoro. E gli occupati potrebbero uscire per puro svago, vietando però questa facoltà ai vecchi? Ci vuol poco a comprendere che il quadro diventa complesso e scivoloso. Ingestibile.
Come si vede, ogni ipotesi di disparità di trattamento in ragione dell’età, crea problemi quasi insolubili. Non è meglio rimanere alle cose semplici e ragionevoli? Si eliminano totalmente le restrizioni quando il virus è sconfitto o è talmente limitato da potersi considerare nullo. Senza questa condizione, è bene lasciare  le cose come sono ora, semmai prevedendo, con prudenza e in sicurezza, l’apertura di altri settori produttivi, ma anche qui non  scordando l’art. 41 Cost. secondo cui “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Quindi prima la sicurezza, come dice anche l’art. 32: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Basta leggere la Costituzione e tutte le proposte estemporanee sulla riapertura o sulle restrizioni, che ogni tanto si sentono o si leggono, svaniscono nel nulla.
Quanto ai vecchi in definitiva possono restare tranquilli, la Costituzione pensa anche a loro.

1 commento

  • 1 ANTONELLO MURGIA
    23 Aprile 2020 - 11:39

    Aggiungerei che la pandemia ci ha posto di fronte ad un caso nuovo. Siamo stati abituati nel tempo a vedere contrapposto il diritto alla salute ad un altro diritto fondamentale, quello al lavoro (a te disoccupato do il lavoro purché non pretenda che sia anche salubre, che non inquini, che non ti danneggi la salute). Ma da quando esiste la repubblica, non avevamo mai visto la contrapposizione fra salute e libertà. Abbiamo accettato giocoforza l’isolamento in questa fase, ma sarebbe pericolosa, anche costituzionalmente, l’accettazione di un prolungamento dell’isolamento che avvenisse per carenze del sistema. La sanità pubblica è stata coscientemente definanziata ed è stato dato ampio spazio alla sanità privata. Fra gli esempi peggiori quello della Giunta regionale della Sardegna che prima ha dormito e poi ha usato l’emergenza per autorizzare 3 cliniche private (e prive di competenza) ai ricoveri per Covid-19, garantendo loro il vuoto per pieno per almeno 8 posti. Cliniche che rimarranno per fortuna quasi vuote perché i ricoveri sono in calo e che quindi pagheremo inutilmente. Prolungamenti dell’isolamento a 12-18 mesi come abbiamo sentito ventilare, avrebbero riscontri negativi anche dal punto di vista sanitario, perché se la salute non è solo assenza di malattia come ci ricorda l’OMS, tanto meno può riguardare prevalentemente la protezione dal coronavirus che va garantita con altri mezzi. In Sardegna, per ricordare solo un dato, siamo la penultima Regione italiana quanto a tamponi diagnostici (dietro alla sola Campania); questo assieme all’assenza per il momento, a quanto mi risulti, di uno studio epidemiologico che fotografi la situazione attuale, comporta un’insufficiente conoscenza del quadro regionale. E sarebbe inaccettabile che tale ignoranza venisse compensata tenendo i più anziani in isolamento per tempi molto più lunghi. Si reinvesta nella sanità pubblica e anche gli anziani ne trarranno indubbio giovamento senza essere ingiustamente penalizzati

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