Andrea Pubusa
Quanto dice il presidente del Tar nel “decreto librerie” sulla prevalenza della salute sulla libertà d’impresa è corretto. Basta leggere l’art. 41 della Costituzione per capire che la libertà di iniziativa economica, pur essendo costituzionalizzata, ha dei limiti invalicabili fra cui la sicurezza delle persone. L’art. 32, coerentemente, tutela la salute come diritto fondamentale, cioè inviolabile. Tuttavia nel caso del divieto all’apertura delle librerie imposto da Solinas in Sardegna la questione su cui il Tar è stato chamato a decidere non è questa. Il tema è invece, più semplicemente, quello di stabilire quale organo isituzionale è chiamato a decidere qui ed ora sulla riapertura delle librerie, ossia a decidere, in relazione al coronavirus, il bilanciamento fra libertà d’impresa e sicurezza. La questione non è di poco momento perché investe un punto centrale nel diritto pubblico, e cioé il principio di legalità e la sua applicazione. Qui si tratta di vedere se il legislatore e poi l’esecutivo statale ha detto qualcosa sull librerie e, se sì, cosa ha disposto.
Ora in base alla legge un DPCM (decreto del pres. del consiglio dei ministri) del 10 aprile ha stabilito che le librerie possono riaprire su tutto il territorio nazionale e ha, in generale, stabilito che i presidenti delle regioni possono ampliare i divieti se lo richiede una comprovata maggiore gravità della situazione sanitaria nella regione rispetto al resto del paese.
Nella nostra isola è notorio che il coronavirus, per fortuna, è poco diffuso, quasi non esiste. Si è sviluppato solamente negli ospedali o nelle case di riposo per i motivi ben conosciuti su cui stanno indagando le procure. In questo contesto, il bilanciamento tra sicurezza e libertà d’impresa (apertura librerie) è già contenuta nel decreto del Presidente Conte, che ha disposto la riapertura.
Ergo, l’ordinanza di Solinas non poteva disporre in contrasto, mancava il presupposto (una maggior diffusione del virus nel’isola rispetto al Continente) e il Tar solo su questo doveva pronunciarsi, lasciando da parte bianciamenti ed altro che non gli competono, essendo giudice di sola legittimità e non di merito.
Si dirà, ma perché dare tanto rilievo a questa vicenda, quando non pochi librai dicono che non intendono aprire? Il problema non è questo. Qui si sta facendo giurisprudenza, si stanno creando precedenti su un tema delicatissimo: “le libertà ai tempi delle emergenze“. Proprio in queste evenienze il rispetto della Costituzione è imprescindibile perché è fatta proprio per i tempi difficili. Com’è noto, la nostra Carta disciplina anche le emergenze a partire da quella più grave, la guerra, ma anche per essa pone il Parlamento, la legge a base di tutto, il principio di legalità, e il sistema di gerarchie di fonti e di provvedimenti, che comporta (art. 78). Il principio di legalità, dunque, non è agirabile. Solinas, andando contro il DPCM, lo ha violato. Su questo doveva decidere il Presidente del Tar, non d’altro.
1 commento
1 Tonino Dessì
23 Aprile 2020 - 00:31
Però, Andrea, posto che anch’io trovo piuttosto sommaria la motivazione dell’ordinanza del Presidente del TAR, mi pongo un diverso problema. L’autorizzazione all’adozione di misure regionali più restrittive di quelle statali (che è contenuta in un provvedimento avente forza di legge) difficilmente di fronte a un giudice potrebbe essere contestata sulla base di un’argomentazione meramente letterale. La “maggiore comprovata gravità”, stante l’articolazione territoriale su cui si fondano le ragioni di fatto dell’ordinamento regionale, non può essere valutata in termini astratti, ma in termini concreti relativamente alla situazione di un determinato territorio. Non posso naturalmente prevedere cosa deciderà il collegio, tuttavia non sarei del tutto sorpreso se confermasse il rigetto del ricorso. Io forse sulla base di principi rigorosamente formali, oltre che in punto di logica, lo respingerei. Resta il problema invece della legittimità costituzionale dello stesso decreto legge e a cascata delle sue variegate applicazioni amministrative, nella misura in cui la normativa statale (ormai in via di incontrastata conversione in legge) non circoscrive i limiti dell’esercizio dei poteri esecutivi d’emergenza.
Risposta
Caro Tonino
qui non è in contestazzione il potere in astratto del Presidente della regione di aggravare le limitazioni rispetto al DPCM di Conte, è contestata l’esistenza in concreto del presupposto per l’esercizio di quel potere, ossia una situazione di contagi in Sardegna, deteriore rispetto a quella nazionale.
Ora è fatto notorio, non abbisognevole di prova specifica (che spetta comunque alla Regione sarda), che la Sardegna è una delle regioni, per fortuna, meno investita dal virus. Non c’è, dunque, ragione per una speciale limitazione dell’apertura delle librerie (libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost.) nell’isola rispetto al Continente.
Come tu ben sai, non ho mai considerato negativamente l’autorità protesa alla tutela dell’interesse pubbico (anzi!), ho sempre temuto (e combattuto) l’autoritarismo, che si manifesta appunto quando il potere è esecitato in assenza dei presupposti di fatto per esercitarlo e manca di adeguata motivazione. In fondo, la mancanza di una maggiore diffusione del contaggio nella nostra isola rispetto alle altre regioni fa venir meno anche l’interesse pubblico concreto, che si dice di voler tutelare. Qui siamo in presenzza di un eccesso di potere nella forma reale e più grave, lo sviamento. Ma, per non inoltrarci in un linguaggio tecnico-giuridico, plano e, terra terra, chiedo: è ragionevole che a Roma o a Genova o a Bologna le librerire possano aprire e a Cagliari no?
Comunque, son convinto anch’io che il decreto del Presidente del Tar verrà confermato da Collegio, ma questo non mi convincerà della bontà della decisione. La rispettiamo, ma facciamo il nostro mestiere di giuristi (o forse meglio di …artigiani del diritto). (a.p.).
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