Andrea Pubusa
Roberto ci ha lasciato. In silenzio, come era suo costume vivere. Roberto l’ho conosciuto negli anni verdi in cui volevamo cambiare il mondo. Lui allora giovanissimo faceva parte della seconda generazione rispetto a noi sessantottini di qualche anno più grandi. C’erano, per capirci, i Tonino Dessì, i Franco Ventroni, i Gigi Sotgiu e tanti altri. Lui faceva parte di quel folto gruppo di cattolici che allora fecero una scelta di campo, e insieme, noi venivamo dal Manifesto, fondammo il PDUP. C’era anche Franco Meloni, che oggi lo ricorda affettuosamente su Aladinpensiero.
Roberto è uno di quelli che può vantarsi d’aver lasciato il mondo, mantenendo saldi gli ideali della sua giovinezza: uguaglianza, libertà e solidarietà, ma nella sua accezione più profonda, non solo materiale, che si chiama fratellanza. E così anche se, sciolto il PDUP, ognuno aveva preso la sua strada, non ci eravamo mai persi di vista, eravamo sempre uniti nella grandi battaglie, e non c’era marcia per la pace, 25 aprile, manifestazioni ambientaliste e simili, in cui a un certo punto non me lo trovassi a fianco, col suo amichevole sorriso.
Una bella persona, un grande compagno, che ha preso sul serio la vita. E lo ha dimostrato anche nel suo lavoro di archivista che ha svolto col piglio del ricercatore, fino ad ottenere una docenza universitaria, grazie alle numerose pubblicazioni. Da buon cagliaritano è stato uno studioso di Sant’Efisio e di Bonaria, su cui ha scritto pagine fondamentali.
Io non potevo non pensare a lui quando ho avuto il problema di risolvere un quesito che mi tormentava fin da bambino, e cioè scoprire chi era la mitica Donna che viveva latitante in un palazzo antistante la grande sorgente della mia bidda, Nuxis. Una donna importante, che - secondo la narrazione popolare - ferrava il cavallo al rovescio per depistare i suoi nemici. Roberto, con la solita gentilezza, fece una ricerca e mi rispose con una lettera che come articolo ho pubblicato in questo blog. Lui, gentilmente, mi segnalò una notizia sulla presenza del mio paese nel primo parlamento sardo tenuto da Pietro d’Aragona nel 1355, di cui diedi conto in un post. Dovevamo tenere una conferenza in paese, ma non ne abbiamo avuto il tempo.
Roberto faceva parte di quella riserva democratica, silenziosa ma sempre vigile, impegnata, ferma e combattiva, che ha concorso più volte a salvare la Costituzione e l’onore del Paese, da ultimo nel referendum del 2016. E io, anche se non lo vedevo spesso, l’ho sempre segnato fra le persone che onorano il senso di chiamarci compagni e cittadini.
Roberto, la tua fede ti mette certo nel luogo dove vanno i giusti, ma lì ti mette anche chi, come me, s’illude d’essere solo un uomo di buona volontà.
Condoglianze alla signora Angela e al figlio, a Franco e al mio speciale amico e collega di corso Salvatore, fratello di Roberto.
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