Qualche appunto (razionale) sull’emergenza e sulle prospettive

24 Marzo 2020
1 Commento


Tonino Dessì

 

Mi sembra utile riordinare le idee su alcune delle questioni più rilevanti emerse in questi giorni.
- La prima è che è meglio avere amici, a livello internazionale, che nemici o che rapporti di indifferenza. Questo è sempre stato vero, sul piano delle relazioni internazionali. Oggi abbiamo la prova che un inizio di legislatura nazionale che stava vedendo l’Italia dichiarare guerre ideologiche, finanziarie, economiche e perfino etniche a mezzo mondo ha rischiato di creare casini che oggi sconteremmo pesantemente.
- La seconda è che l’Europa, se sta difettando di qualcosa, è di un coordinamento politico della gestione sanitaria e più latamente sociale. Le misure finanziarie adottate vanno bene, ma sembrano senz’anima, prive di adeguata comunicatività verso la pubblica opinione continentale. Peraltro il fermo progressivo in corso dell’economia di alcuni Paesi UE (l’Italia in primis) non sarà senza conseguenze su tutti gli altri. Mantenere la coesione economica richiederà sforzi coordinati e comuni per ridistribuire funzioni, specializzazioni, sostegni territoriali e settoriali articolati. C’è l’esigenza, l’opportunità, la possibilità di ridisegnare su basi più cooperative l’integrazione economico-sociale sull’intera scala continentale.
- La terza questione attiene alla sicurezza e ai diritti. Personalmente non trovo che il cosiddetto “modello sudcoreano” sia una “terza via”. Sul tampone all’intera popolazione, la valutazione dell’OMS non è negativa, ma si tratta di una misura che evidentemente si è potuta prendere grazie a una maggior capacità produttiva e tecnologica del ricco Paese asiatico. L’individuazione e il tracciamento digitale di tutte le persone pone tuttavia una questione di prospettiva che va affrontata adesso, anche da noi, perché non è che ci siamo troppo lontani, benché tuttora in forme iniziali. Quei dati debbono essere protetti e dev’essere assicurato che non ne venga fatto nè un abuso illiberale da parte pubblica nè un uso commerciale da parte privata.
- La quarta, ma non in ordine gerarchico, è la questione democratica. In Italia non penso si possa continuare come stiamo andando. L’emergenza non è più un fatto straordinario, ma sarà una lunga ordinarietà. Non è più sostenibile introdurre per via amministrativa, all’insegna del giorno per giorno, misure che stanno limitando le libertà fondamentali e persino avviando una ristrutturazione economica con inevitabili ripercussioni sociali. Anche per il caso di guerra vera e propria, la Costituzione impone che il quadro istituzionale, dei poteri e dei limiti a quei poteri, delle compatibilità, degli obiettivi e delle misure venga stabilito dal Parlamento. Se il Governo deve prendere provvedimenti indifferibili e urgenti, lo strumento è il decreto legge, non l’ordinanza tramite DPCM o tramite DM. Se il Governo italiano non corregge la rotta, rischia la delegittimazione e non per opera delle minoranze. È peraltro auspicabile che queste ultime abbiano capito che reclamare il ripristino del confronto parlamentare non può servire semplicemente per fare propaganda.
- L’intervento anche ordinamentale del Parlamento serve inoltre per fare il punto del rapporto fra Stato e Regioni su alcune questioni più specifiche. La struttura autonomistica della Repubblica non prevede affatto una “dittatura” degli Esecutivi esercitata di fatto tramite il rapporto Governo-Presidenti delle Regioni. In secondo luogo, se si vuol evitare per il futuro una messa in discussione della competenza regionale in materia di gestione della sanità, determinate disomogeneità non sarebbero più tollerabili. Non troverei sostenibile nè giustificabile razionalmente, in particolare, che una Regione possa fare i tamponi a tappeto alla popolazione del suo territorio e altre no. L’aspetto utile dell’articolazione regionale sta anche nella varietà delle risorse, delle specializzazioni, delle capacità umane e professionali, però va assicurata l’integrazione dell’intero sistema, specie nella prospettiva che non basterà che ogni Regione assicuri la gestione della propria popolazione di utenti, ma che ogni sistema regionale sarà (come in parte già inizia ad essere) chiamato a soccorrere altre Regioni. Anche su questo, verosimilmente, a Titolo V invariato, spetta al Parlamento fare il punto e definire la cornice più corretta.
- Molte delle questioni che ho indicato hanno ricadute anche sulla situazione sarda, in particolare sul piano istituzionale e delle relazioni politiche interne: le dò per intuibili e intuite, ma mi riprometto di tornarci.

1 commento

Lascia un commento