Caterina Gammaldi - CIDI Centro Iniziatva dem. Insegnanti -
Ricevo a giorni alterni testi che dovrebbero garantire agli insegnanti indicazioni su come affrontare dal punto di vista professionale l’emergenza sanitaria, a scuola chiusa. Trovo irricevibili tutte le proposte che provengono nella forma di nota (meno di una circolare) perché poco hanno a che fare con la quotidianità del fare scuola e con i diritti di chi insegna e di chi apprende. Non a caso le organizzazioni sindacali hanno chiesto - tutte - il ritiro immediato della nota diramata in data 17 marzo. Ne scrivo per dar voce ai tanti che mi telefonano, mi scrivono chiedendomi cosa penso, come ai tempi dell’allora CNPI. Quindi…
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Si tratta di note non di direttive, né di decreti … e non possono contenere indicazioni di alcun genere, se vengono indirizzate come in molti casi per via gerarchica ai direttori generali, fino ai dirigenti scolastici e ai forum – consulte che, a vario titolo, rappresentano i genitori e gli insegnanti. Se la memoria non mi fa un brutto scherzo, le fonti giuridiche hanno il loro valore anche per il sistema – scuola e, nel caso specifico, più che di indicazioni, le scuole avrebbero bisogno di un riferimento normativo certo, ovvero di norme che valgono se c’è una emergenza. Basterebbe aggiornare, se è il caso, quelle emanate in tempo di guerra o a seguito dei terremoti che periodicamente si sono abbattuti sul nostro paese. Per chiarezza vanno emanati provvedimenti transitori sugli esami di stato del primo e secondo ciclo e sulla valutazione finale per evitare confusione. Rammento a me stessa e a tutti che gli insegnanti non avevano a disposizione la didattica a distanza. Chi scrive di autonomia delle scuole e poi finge che tutto sia uguale, sta mandando un messaggio che mi sembra quanto meno contraddittorio, se non preoccupante. Mi riferisco ai possibili voti da dare a bambini e ragazzi, ai possibili esami fatti con i soli insegnanti di classe. Per questa via si torna a suonare vecchi strumenti che proponevano l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Ma soprattutto si ignora chi non fruisce di questa opportunità(!?), ovvero i senza scuola, come preferisco chiamare gli studenti che non hanno accesso, per motivi diversi, a queste modalità. E’ difficile tempestivamente e con trasparenza emanare norme transitorie adatte all’emergenza?
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Le note pretendono di utilizzare/richiamare in molti punti il linguaggio pedagogico, quasi a ricordare che solo ora valgono concetti quali relazione educativa, apprendimento etc. Penso e non da ora che abbiamo, volutamente, messo sotto controllo il sapere della scuola sostituendo alle scelte educative e didattiche parole e concetti suggeriti in altri ambiti. Penso a capitale umano e rabbrividisco. Ho un passato di studentessa e di insegnante al tempo dei Programmi consumato fra il 1952 e il 2012, quando il principio dell’istruzione obbligatoria per almeno 8 anni, innalzato poi a 10, si affermava faticosamente fra i banchi e nella società. Intanto la società cambiava e quindi la scuola. Nuovi aventi diritto bussavano e bussano alle porte delle nostre scuole, Ma, se mi è concesso, questa è una nuova stagione, senza diritti di accesso, di cura, di relazione, in cui si pratica la disparità di trattamento. Penso ai bambini e ai ragazzi non italofoni, a chi è in una situazione di handicap di varia natura, a chi vive in piccole realtà o nelle periferie urbane… . La scuola reale, i maestri, i prof., è bene ribadirlo, non riescono a raggiungere tutti i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola. Non mi sembra che dette note ne tengano conto.
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Infine, e non per importanza, segnalo una questione che le note sollevano senza dirlo esplicitamente a cui la nota sindacale fa esplicito riferimento. Sono mutate le condizioni di lavoro. Non si può chiedere a chi è in emergenza di assumere decisioni collegiali via Skype, né il rispetto dell’orario di lavoro come se fosse a scuola. Rimane fermo un principio: gli insegnanti sono lavoratori a cui è dato un tempo sospeso, in cui devono fare i conti con scelte inedite: ad esempio la bontà o meno di alcuni strumenti disponibili in internet o forniti dall’editoria scolastica nel contesto in cui lavorano prima di sottoporli agli studenti. Un tempo della progettazione, divenuto inesistente senza un confronto reale negli organi collegiali. Che ne è della progettazione dei percorsi curricolari, individuale o collegiale che sia? Il tempo delle note è anche il tempo del potere del mercato. Il rischio di un utilizzo acritico di questa o quella attività a cui gli insegnanti hanno avuto accesso è evidente.
P. S. Un consiglio non richiesto, ma doveroso. Si leggano pure le note ministeriali senza mai dimenticare che l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Per questa via difendiamo l’autonomia culturale e professionale della scuola e degli insegnanti e soprattutto il diritto ad imparare a tutte le età, soprattutto in emergenza.
1 commento
1 Aladinpensiero
22 Marzo 2020 - 17:04
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=105671
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