La marcia su Roma di Salvini per la via Emilia è fallita

27 Gennaio 2020
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Red

C’è un’inversione di tendenza? Si chiude un ciclo della politica nazionale? E’ iresto per dirlo. Il test del resto, per quanto significativo. è limitato. Fatto sta che il centrosinistra di Stefano Bonaccini batte nettamente Matteo Salvini, e la Lega in Emilia-Romagna non passa. Ed anche se è vero che  per la berlusconiana Jole Santelli è un vero e proprio trionfo in Calabria con oltre 20 punti sopra l’avversario del centrosinistra, dalle urne viene l’indicazione che Salvini è battibile e può essere fermato.
C’è anche un altro dato rilevante: la quasi scomparsa del Movimento 5 stelle in entrambe le Regioni con percentuali insignificanti.
La politica italiana sembra dunque rtornare indietro di qualche decennio. Un po’ come ai tempi di Prodi in cui  centrodestra e centrosinistra si contendono la vittoria. Con una deatra peggiore, perché. ahinoi!, Salvini è perfino peggio di Berlusconi, per la sua rozzezza non solo sostanziale, ma anche formale, con una tendenza alla prevalenza di umori di intolleranza e di razzismo.
Anche il centrosinistra è peggiore perché ormai ha perso ogni colorazione di sinistra per collocarsi in un indefinito orizzonte di centro.
Il M5S per debolezza intrinseca del suo modo di essere ha perso quel suo smalto irriverente e di rottura e torna ad essere una forza minore, ma, ciò che è peggio, griggia. E così l’Italia nel suo complesso sembra tornare in una palude immobile.
Comunque l’esito elettorale è significativo, perché segna la prima sconfitta della Lega e del suo leader, anche se solo in Emilia. La spallata aupicata dall’ex ministro dell’Interno non c’è stata: la sua pervasiva presenza sul territorio e sui media non ha pagato. Non sono bastate la tracotanza mostrata in decine di comizi. Se sfida nazionale è stata, secondo l’inpostazione di Salvini, lui non l’ha vinta. Il governo non ha avuto lo sfratto, come scompostamente lega e fratelli d’Italia gridavano.
Se il M5S perde voti e mordente, in compenso questo risultato è frutto della grande mobilitazione, improvvisa e imprevista, delle Sardune. Un movimento di cui è evidente la carica democratica e partecipativa, ma di cui ancora è indecifrabile la tenuta e la portata politica. Ciò che si può dire è che ha svolto un’opera di supplenza nella lotta all’avanzata della destra, mettendo in piazza l’Italia che non molla, quella che vorrebbe un’altra politica dell’area democratica. Mentre il PD mostra il volto di un ceto politico sfatto e autorferenziale, le Sardine indicano l’alternativa nel ritorno alla mobilitazione e al movimento.  Si deve a loro se l’affluenza alle urme ha toccato il 67,6% degli aventi diritto: un risultato di poco più alto delle scorse Europee (67,3) e da record rispetto alle Regionali del 2014 quando andò a votare solo il 37,76 per cento degli elettori. Nati il 14 novembre in contemporanea all’apertura della campagna elettorale del PalaDozza a Bologna, sono stati gli unici e i primi a riuscire a contendere la scena a Matteo Salvini. Sono stati loro, i quattro ragazzi di Bologna a riempire le piazze e contestare la Lega in concomitanza della maggior parte dei comizi; loro hanno permesso di spiazzare Salvini contrapponendogli un’area democratica non rassegnata, militante e attiva., che, a livello mediatico, ha tolto la scena al trombone leghista. Hanno fatto sul campo quanto i partiti non sono riusciti a fare, contendendo gli spazi alla destra e mettendo in luce la superficialità e la debolezza  del racconto salviniano.
Il voto indica anche che bisogna rimettere in campo la tradizione migliore della sinistra, il mondo delle autonomie, della cooperazione democratica, del ritorno all’attenzione per il lavoro e i lavoratori.
La marcia su Roma di Salvini partendo da PalaDozza di Bologna è stata bloccata. Non c’è però tempo da perdere, la partita è solo agli inizi. Per ora Salvini deve accontentarsi di avere avuto  “un’emozione”. Bisogna lavorare per fargli avere un bel calcione sul retro. Bisogna trasformare la frenata in una rotta.
Zingaretti ha ragione a dire che il dato elettrale è “straordinario dopo due scissioni”, ma resistere non basta, bisogna passare all’attacco
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Ieri dall’Emilia-Romagna sono venuti solo dei segnali, il resto è tutto da costruire.

 

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