Ricordi su Piazza Fontana e dintorni

12 Dicembre 2019
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Andrea Pubusa

Di piazza Fontana ricordo il senso di smarrimento che ci pervase tutti, noi studenti o neo laureati, freschi di ‘68, accanto ai lavoratori nell’autunno caldo. Ricordo anche l’ossessiva campagna contro gli anarchici e la sinistra, individuati subito come i responsabili dalla grande stampa. Come dimenticare il mite Valpreda in manette. Il mostro sbattuto in prima pagina fu lui. Poi ci fu il volo del buon Pinelli dal secondo piano della questura di Milano. Prova - si disse - della serietà della pista anarchica.
Allora ho imparato che chi organizza stragi, organizza anche il depistaggio sui responsabili, e, dunque, chi viene accusato per primo di fatti di questa gravità  non è certamente il responsabile.
Partì subito una campagna di controinformazione. Il Manifesto (di cui ero simpatizzante), Lotta continua, e il Movimento studentesco della Università Statale di Milano avviarono una battaglia che si incentrò poi sullo slogan la “strage è di Stato” per il coinvolgimento dei servizi segreti in collusione con gruppi della destra neofascista. Fu una battaglia dura, costellata anche di processi e intimidazioni, ma alla fine questa si motrò la pista giusta. Valpreda fu scarcerato, gli anarchici proclamati estranei alla strage. Fu una bella battaglia della sinistra c.d. extraparlamentare. Una battaglia per la verità, ma anche per la libertà di stampa e di informazione.
Poi sono venuti gli anni duri e bui del terrorismo ed anche lì il meglio, la parte più consapevole e colta della nuova sinistra fecero la loro parte, dando alimento a quel vasto movimento popolare intorno ai sindacati e al PCI, che costituì il nerbo insieme alle forze cattoliche della sconfitta di questo fenomeno sanguinario, che ha portato tanti lutti e sofferenze e ha in qualche modo ostacolato uno sbocco riformatore della politica italiana. L’uccisione di Moro ne costitusce il fatto emblematico.

 

Strage di Piazza Fontana, quella bomba dal passato che lo Stato non vuole affrontare

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