Per non dimenticare. Addio a Piero Terracina, tra gli ultimi sopravvissuti di Auschwitz

10 Dicembre 2019
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Gianni Marilotti

  E’ morto a Roma a 91 anni Piero Terracina, uno degli ultimi sopravvissuti al più grande campo di sterminio nazista. “All’Inferno ci sono stato, si chiama Auschwitz-Birkenau”, aveva detto qualche anno fa alla platea dell’Auditorium Paganini di Parma che lo aveva accolto per non dimenticare. “La Memoria - raccontò sul palco l’ex deportato - è quel filo che lega il passato al presente e condiziona il futuro: ecco perché è necessario fare memoria del passato, perché quel passato non debba mai più ritornare”.
Nato a Roma il 12 novembre 1928, Terracina aveva due fratelli (Leo e Cesare) e una sorella (Anna), mai tornati dalla Germania. La sua famiglia viveva in piazza Ippolito Nievo, a Trastevere, e riuscì a scampare ai raid delle SS, vivendo in clandestinità dal 12 ottobre del 1943 fino a quando fu deportata. “Io e i miei fratelli andavamo in cantina dove avevamo sistemato alcune tavole per dormire, ma di giorno dovevamo uscire per poter trovare i denari per sopravvivere”, raccontava Terracina con voce ferma in una intervista del 1992, come sempre quando rimetteva insieme i pezzi della sua vita da sfollato, deportato, sopravvissuto. Senza mai dimenticare l’umanità: “All’inizio pensavamo che avrebbero risparmiato anziani e donne”. Ma non fu così.

In occasione della commemorazione solenne in Senato di Piero Terracina, Gianni Marilotti, sen. M5S di Cagliari, ha formulato questo ricordo, che volentieri pubblichiamo.

Il 27 gennaio 1945, con l’abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, si disvelava agli occhi del mondo l’orrore dell’Olocausto, la presa di coscienza del dramma della Shoah, del più efferato sterminio nella storia dell’umanità.
La memoria di quelle vicende è stata tramandata in Italia grazie a uomini come Piero Terracina, di cui oggi l’Aula del Senato commemorerà la scomparsa.
È per noi un dovere rammentare quanto avvenne nei campi di sterminio nella seconda guerra mondiale e non possiamo dimenticare che furono le leggi razziali del 1938 - quelle che vietavano ai bambini ebrei di frequentare le scuole ed escludevano i loro genitori dalle funzioni pubbliche, dagli albi professionali e persino dai consigli di amministrazione - a predisporre gli elenchi di cui poi si sarebbero avvalse con facilità le SS per arrestare e deportare migliaia di nostri concittadini.
Ricordo che passando attraverso l’orrore dei campi di sterminio Etty Hillesum scrisse: «Quando si ha una vita interiore poco importa dove ci si trova» o Edith Stein, finissima intellettuale, fenomenologa, allieva di Husserl, che con la sua fede va incontro serena alla morte, avanti agli altri, o Simone Veil, futura Presidente del Parlamento europeo, che quest’anno abbiamo ricordato presso la Biblioteca del Senato, insieme alla senatrice Liliana Segre, in occasione della Festa dell’Europa.
Piero Terracina, uno degli ultimi sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz. Ex dirigente d’azienda italiano, ultimo dei quattro figli di Giovanni Terracina e Lidia Ascoli, a partire dagli anni Ottanta, ha svolto un’attività di testimonianza, affinché tali e simili orrori non si ripetessero, partecipando ad incontri in scuole, associazioni, università.
Un’opera di sensibilizzazione fondamentale sui temi della dignità dell’uomo e dell’Olocausto.
Nato a Roma in una famiglia ebraica, nell’autunno del 1938, proprio a causa dell’emanazione delle leggi razziali, fu espulso dalla scuola pubblica e proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, dopo essere sfuggito al rastrellamento del 16 ottobre 1943, venne arrestato a Roma, il 7 aprile 1944, su segnalazione di un delatore, con tutta la famiglia.
Detenuti per qualche giorno nel carcere di Roma di Regina Coeli, dopo una breve permanenza nel campo di Fossoli, a maggio del ‘44 furono avviati alla deportazione.
Degli otto componenti della sua famiglia Piero Terracina sarà l’unico a fare ritorno in Italia.
È stato giustamente definito un Baluardo della Memoria, rappresentando il coraggio di voler ricordare, superando il dolore della sua famiglia sterminata e di quanto visto e subìto nell’inferno di Auschwitz, affinché tutti conoscessero l’orrore dei campi di sterminio nazisti.
Da Piero Terracina possiamo trarre la forza per proseguire attraverso il suo esempio il dovere di ricordare, di tramandare quanto avvenuto in quei terribili anni e di non permettere ai negazionisti di calpestare il dolore di chi patì inaudite sofferenze o di riabilitare quanti provocarono crimini le cui cicatrici faticano ancora a rimarginare.
La storia non può essere interpretata a piacimento.
Dalla presa di coscienza collettiva, seguita alla liberazione di Auschwitz e degli altri crimini commessi durante la seconda guerra mondiale, emerse un nuovo diritto naturale, scritto nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948, nel cui preambolo si afferma chiaramente che il riconoscimento della dignità è inerente a tutti i componenti della famiglia umana e ai loro diritti uguali e inalienabili.
Essi costituiscono il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. La pace, intesa come valore assoluto per la prima volta nella storia, non venne fatta dipendere dal valore degli Stati, ma dai singoli uomini e donne e dal rispetto dei loro diritti fondamentali e inalienabili.
Alla luce di tale Dichiarazione e forti dei principi della nostra Costituzione abbiamo recentemente votato la Commissione straordinaria per il contrasto ai fenomeni dell’intolleranza, del razzismo, dell’antisemitismo e dell’istigazione all’odio e alla violenza, che spero possa iniziare quanto prima la sua attività.
Portare avanti il lavoro della istituenda Commissione sarà il modo migliore per onorare nei fatti quanto finora fatto da Piero Terracina e dare continuità alla sua preziosa testimonianza civile ed umana.

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